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Siamo abituati ormai da tempo a considerare le grandi e crescenti differenze di ricchezza tra le varie regioni d'Italia, differenze che ormai da decenni sono sorte a livello di divario incolmabile. La figura 1) per esempio illustra la classica distribuzione del reddito procapite su base regionale (PIL della regione diviso popolazione regionale) e ci mostra una visione della realtà a cui siamo da tempo abituati.
Un nord ricco (soprattutto ad est) ed una costante diminuzione della ricchezza media secondo un gradiente Nord-Sud.
In aggiunta alle considerazioni fatte nel documento sulla scelta della territorialità tra Regione e Provincia ed allo studio sulle disparità sub-nazionali, considero utile approfondire alcuni aspetti legati alla territorialità provinciale e distrettuale, che a mio avviso meglio si adatta ad essere il vero perno su cui basare il federalismo (politico ed economico). La figura 2 ad esempio ci mostra gli stessi dati della figura 1, nello stesso periodo, in base però ad una granularità provinciale. La mappa è più fine e quindi ci mostra dettagli che sono invisibili nella mappa regionale. Per esempio potremmo considerare la differenza tra un meccanismo di compensazione economica tra regioni ricche e regioni povere da una parte con quello tra provincie ricche e provincie povere dall'altra. Due mappe diverse, due visioni prospetticamente diverse sugli stessi dati, possono portare a concepire strumenti perequativi diversi, di cui però quello provinciale sarebbe più adatto alla realtà locale.
Le medie regionali infatti nascondono disparità notevoli.
Da notare inoltre che una cosa è il reddito procapite ed altra cosa è il reddito medio (ed il consumo medio) per famiglia.
Questa differenza si verifica perchè il numero di componenti per famiglia varia di luogo in luogo.
Si passa dai 2 componenti per famiglia al nord al più di 3 al sud.
Dove ci sono famiglie più numerose si verificano maggiori economie. Per contro l'analisi dei consumi mostra che in certe provincie vi sono consumi di parecchio superiori ai redditi ma anche che ci sono zone caratterizzate da redditi medio-alti e bassi consumi.
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Da notare, alla fine di questo documento, il contrasto tra la distribuzione dei redditi e quella dei consumi.
Torniamo al reddito procapite.
Prendiamo ad esempio la Lombardia. Questa regione è quella in Italia a contenere le più elevate disparità provinciali.
Pavia aveva, nel 1997, un reddito procapite vicino a quello di Chieti e di Frosinone. Sondrio è tra Latina e L'Aquila. Lodi ha un reddito pari a quello di Ascoli Piceno. La media lombarda è però fortemente influenzata da Milano, che assieme a Bologna e Trieste detiene il record del massimo PIL procapite. Diciamo quindi che la Lombardia e' una piccola Italia. Oltre che a sud della Lombardia (Pavia e Lodi) tuttavia troviamo il reddito minimo a nord, in Valtellina. Da notare invece la elevata ricchezza media dei Cantoni confinanti Ticino e Grigioni.
La figura 3 illustra in altro modo la ricchezza media delle provincie lombarde. L'altezza della bolla dalla base traccia il PIL procapite mentre la grandezza della bolla indica la popolazione. Come si può intuire la media lombarda à sfalsata dalla provincia di Milano, ricca e popolosa. Sondrio ha un PIL procapite dimezzato rispetto a Milano. Un interessante paragone può essere fatto la situazione francese, molto simile, con Parigi al posto di Milano.
Anche il Nord-Est evidenzia particolari che la granularità regionale nasconde all'analisi. Trieste è al livello di Milano e Bologna ma è tuttavia poco popolosa e non incide quindi sulle medie.
Nel centro Italia si nota il passaggio graduale dalla ricchezza di Bologna (quasi 50 milioni di PIL procapite nel 1997) alla situazione di Rieti (23 milioni; meno della metà).
Il centro-sud, a parte Roma, che con i 38 milioni del 1997 è in media più ricca di ogni singola provincia lombarda - Milano esclusa -, evidenzia la linea di separazione tra i redditi medi e quelli più bassi. Una granularità più fine mostrerebbe tuttavia che i capoluoghi di regione e di provincia sono a loro volta più ricchi della campagna che li circondano, e questo rappresenta un ulteriore livello di disparità economica (città/campagna).
Non presento una mappa del Sud e delle isole in quanto sono già visibili nella figura 2 e presentano dati sostanzialmente omogeni.
Ritengo interessante tuttavia evidenziare che alla analisi dei dati regionali è la Calabria ad essere la regione più povera mentre dai dati provinciali emerge che la maggiori sacche di povertà sono ad Agrigento (16 milioni e mezzo nel 1997) e Caserta (17 milioni).
Analisi dei divari crescenti.
Fatta 100 la media nazionale di ogni anno, dal 1991 al 1997, abbiamo che la provincia di Milano è passata dal 156.1% al 157.1%
(+1%). Altre provincie tuttavia hanno visto un incremento maggiore della loro ricchezza media (Trieste +15.3% e Treviso +17.8%
Ci sono anche provincie che hanno perso ricchezza, rispetto alla media nazionale. Avellino e Catania hanno perso il 10% circa.
La provincia più povera nel 1991 era Vibo Valezia (53.3% rispetto alla media nazionale di 100) mentre nel 1997 era Agrigento, con il 52.4%. Il divario tra la provincia più ricca e quella più povera nel 1991 era pari a 102.7 mentre sei anni più tardi era aumentato a 104.7 (+2%). La figura 7 evidenzia in quali provincie c'è stato il maggior aumento di ricchezza prodotta ed in quali ci sono le maggiori perdite. Anche in questo caso la granularità provinciale riesce a rendere evidente che la realtà economica su cui intervenire (livello della politica economica locale) è come minimo provinciale, se non addirittura distrettuale.
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La figura 7 mostra, in rosso, le provincie in cui i consumi superano i redditi (procapite) ed in verde il caso inverso. Questo può essere un indicatore di evasione e/o di trasferimenti economici (rimesse di emigrati). La Figura 7 mostra gli stessi dati tramite una scala continua; le zone più scure sono quelle in cui i consumi superano i redditi. Questi dati possono essere messi in relazione con la mappa della percentuale di evasione regionalizzata.
Elaborazioni personali su datii: www.istat.it e www.tagliacarne.it