Le differenze geografiche di ricchezza dentro alle nazioni.
Quando la differenza diventa disparità
Breve studio comparativo tra alcuni
paesi federali e centralizzati
Il perché della ricerca 1) Metodo classico 2) Metodo ad "indice" Risultati Grafici Considerazioni
Il perché della ricerca.
Discutendo di federalismo in rete, ho più volte affermato che i paesi federali hanno al loro interno minori disparità territoriali, dal punto di vista economico. Fenomeni come il mezzogiorno italiano o francese sono sconosciuti nei paesi federali o sono enormemente ridotti a normali differenze.Con ciò intendevo ed intendo dire che tra il territorio più ricco e quello più povero le differenze in Italia sono superiori a quelle degli altri paesi federali.
La mia era un sensazione che mi riproponevo di oggettivare, prima o poi.Per non rimanere nel vago mi sono ripromesso di approfondire l'argomento, tramite una indagine accurata dei PIL regionali dei vari paesi.
Ovviamente ci sono vari modi di affrontare matematicamente il problema. Io ne ho presi in considerazione due, uno chiamato "classico" ed uno, matematicamente più serio (spero), chiamato "indice".
Ho rotto le scatole via Internet un po' a tutti i vari "ISTAT" del mondo per avere i PIL regionali ed alla fine ho ricevuto, a poco a poco i dati. Unica eccezione, la Germania, i cui dati, senza il contributo di un italiano che ci vive, sarei ancora in attesa (per problemi di lingua, più che di organizzazione).
E' abbastanza banale (troppo). Si prende la regione più povera e la si pone uguale a 100. Si cerca la regione più ricca e si vede quanto vale proporzionalmente. Ho usato il PIL/pro-capite (Market Prices).
Il risultato vede l'Italia con 228, la Francia con 222 mentre Germania, Svizzera ed USA hanno rispettivamente 192, 247, 446.
Ciò vuol dire che tra la Calabria e la Lombardia c'è una differenza del 228% (ben più del doppio) mentre tra lo Stato del Mississippi ed il District of Columbia e' più del quadruplo.
A parte la Germania quindi la mia tesi pare errata.
Ciò che non mi convinceva - e non mi convince tutt'ora - in questo calcolo è però che mentre per l'Italia la regione più ricca ha quasi 9 milioni di abitanti, lo stesso non lo si può dire per gli USA. Idem per gli stati/regioni più poveri; popolosi in Italia ma non negli altri paesi.
Chiacchierando a destra ed a manca, ho elaborato grazie soprattutto a vari amici piu' forti di me in matematica, un metodo diverso.
Si tratta, tecnicamente di "pesare" ciò che la popolazione rappresenta nel calcolo. Una volta "pesata", una cifra si trasforma in un numero (indice) direttamente paragonabile ad altri. Questo consente di non paragonare mele con pere, come mi pareva di fare mettendo sullo stesso piano la Lombardia con il Ct. Zugo.
In questo caso è importante vedere quanto la differenza tra il reddito medio di una regione e quello nazionale, sia significativa una volta rapportata alla popolazione locale e nazionale. Una grande differenza in una regione poco popolosa, conta meno della stessa differenza in una regione molto più popolata.
L'algoritmo, che vi propongo pur sapendo che molti che si occupano di politica non apprezzano la matematica (ma se lo avessero fatto in passato forse non avremmo 2 milioni di miliardi di deficit) è il seguente:
Dato:
Rm(i) il reddito procapite del territorio (i)
Pop(i) la popolazione del territorio (i)
Rm(n) il reddito procapite nazionale
Pop(n) la popolazione nazionaleSi calcola la differenza Rm(i) - Rm(n), la si eleva al quadrato e la si moltiplica per la popolazione locale Pop(i).
Si sommano tutti questi dati (tecnicamente si parla dello scarto quadratico medio) e si divide questa somma per Pop(n).
Del tutto si fa la radice quadrata per ri-normalizzare l'elevamento al quadrato di prima.
Se il numero ottenuto lo dividiamo per il reddito medio nazionale Rm(n) avremo per forza di cose un indice che varierà sempre tra zero ed uno.Varrà zero se tutti i territori hanno pari ricchezza e tenderà verso uno mano a mano che crescono le differenze e che queste coinvolgono territori sempre più popolosi. Ricapitolando abbiamo che l'indice è uguale a:
Risultati
Otteniamo ora che Germania, Usa e Svizzera hanno rispettivamente un indice di 0.152; 0.162; 0.172 mentre Italia e Francia hanno 0.221 e 0.268La serie storica (che ho completa solo per Italia ed USA mentre per alti paesi ho solo alcuni anni) dimostra inoltre che per USA e Svizzera c'è un costante ma lento miglioramento (l'indice diminuisce) mentre per Italia e Francia c'è un peggioramento (l'indice aumenta), drastico in Francia. Della Germania ho solo i dati 92 ed ho selezionato solo i Laender dell'Ovest. Calcolando anche l'Est l'indice arriva a 0.29 (mi pare ovvio, viste le drastiche differenze tra i due "pianeti").
Un ulteriore elemento su cui riflettere è costituito dalla constatazione che il PIL procapite di USA, Germania e Svizzera è anche notevolmente superiore a quello italiano e francese. Si potrebbe pensare che un paese più povero dovrebbe (relativamente) contenere meno differenze o disparità di uno molto più ricco, in quanto questi ultimi contengono maggiori contraddizioni (mi riferisco ai 30 milioni di poveri in USA) dovuti, secondo alcuni, allo sviluppo capitalistico. Invece non è così. Per i paesi sotto esame in questo piccolo studio (che non ha pretese di essere completo) non solo i paesi federali hanno una maggiore ricchezza media ma hanno anche una più equa distribuzione territoriale della ricchezza (o della povertà, se preferite).
Ovviamente molto può dipendere dalle condizioni di partenza, come osservava un amico tempo fa ma è ovvio che 150 anni or sono nessuno calcolava il PIL procapite. Quindi non possiamo sapere come stavano le cose in USA od in Svizzera quando si costituirono i corrispondenti stati federali.
La memoria storica dell'inizio del 1800, quando il Ticino entrò nella Confederazione Elvetica, parla tuttavia di una povertà assoluta. Ora ha superato il Canton Lucerna, in quanto a PIL cantonale procapite. Senza sovvenzioni o "casse del mezzogiorno".
Contemporaneamente a ciò, è significativo il dato francese, Stato accentrato per eccellenza, dove pur in presenza di una brillante burocrazia rimangono drastiche differenze tra Parigi e l'immensa provincia. Come a dire che una brillante organizzazione dello Stato non risolve certo i problemi dei divari Nord/Sud o Città/Campagna. Da questa considerazione traggo la conclusione che il federalismo non è importante ed utile solo per migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, avvicinando lo stato ai cittadini (cosa fattibile anche con un ottimo decentramento alla francese) ma più che altro è fondamentale per risolvere gli annosi e secolari problemi di squilibrio tra aree diverse del paese. Questa maggiore omogeneità dei paese federali, deve far riflettere.
Un riepilogo dei dati è il seguente:
Nazione/anno |
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Usa-84 |
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Usa-94 |
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Svizzera-93 |
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Germania-92 |
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Francia-82 |
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Francia-92 |
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Italia-84 |
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Italia-94 |
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Italia-99 | 220 | 0.234 |
Notate come ciò che appare tramite il metodo "classico" viene praticamente ribaltato con l'uso dell'indice.Grafici
È possibile prendere visione di alcune rappresentazioni grafiche sui dati italiani, francesi, tedeschi, americani e svizzeri, nonché di uno sguardo d'insieme sui dati. Inoltre potete osservare alcune recenti analisi basati sulla granularità provinciale.Prima affermavo che con il metodo "classico" la differenza tra la regione più povera e quella più ricca in Italia è pari al 228%.
Con il metodo ad indice possiamo sapere qualcosa di più. Possiamo simulare che la distribuzione geografica della ricchezza in Italia sia equivalente a quella di un paese in cui la metà della popolazione viva con un reddito che è il 155% più elevato dell'altra metà.
Per la Francia arriviamo al 170%. Per i paesi federali siamo tra il 135% ed il 140% sia che si esamini la piccola Svizzera (dove si contano alcune ricche città-stato) sia per gli Stati Uniti, grande paese dai grandi contrasti. È chiaro che questi metodi non calcolano quanta sia la povertà assoluta ma come sia più o meno distribuita equamente sul territorio. Il dato, come dicevo, va anche collegato al fatto che il PIL procapite nazionale dei tre paesi federali è superiore a quello di Italia e Francia. Se è superiore ed è meglio distribuito, (disparità geografiche inferiori) allora tirate voi le somme. Io tiro le mie; nei paesi federali, ci sono differenze ma non disparità.
Questo dei due metodi di calcolo (classico ed indice) è, credo, un caso che dimostra come si possano dire molte cose con i numeri ma non tutte valide. Quale sia il sistema più corretto di calcolo, lo lascio valutare ad ognuno di voi.
Considerazioni
Sul perché di questa maggiore omogeneità territoriale, si possono avanzare alcune ipotesi.Gli stati centralizzati nascono tipicamente come espressione del dominio
e dell'espansione di un territorio più forte verso gli altri. Così fu in Italia con il Piemonte. Una nazione nata in questo modo tenderà (come obiettivo vitale) a conservare quelle disparità iniziali - le stesse che hanno consentito l'egemonia politica, economica e militare del territorio che si espande annettendo i vicini - in quanto sono utili a chi governa per poter continuare a farlo. L'organizzazione più consona a questo obiettivo è una fortemente centralizzata, che lascia alla periferie solo la gestione amministrativa e tenga al centro tutte le decisioni politiche e la gestione dei tributi. Il mantenimento sostanziale di questo disequilibrio potrà avvenire anche tramite riversamenti di ricchezza, utili a conservare il potere ma inutili per colmare le disparità ed invertire la tendenza. Inoltre una politica economica centralizzata appena interviene a favore del territorio "A", lo fa a scapito del territorio "B". Prima si aiuta il porto di Genova e poi insorge, giustamente, Trieste; poi, dopo sarà la volta degli altri porti.
Invece i paesi federali nascono in un momento di equilibrio in cui nessuno dei fondatori è dominante sui vicini e, a fronte di un imminente pericolo esterno, si vince la tentazione di cercare alleati tra i nemici dell'aggressore, politica che spesso si conclude con la spartizione tra i due contendenti dei territori che chiedono aiuto. Si ricorre invece ad un patto alla pari, il foedus. Le condizioni equilibrate di partenza però cambiano già dopo 20 anni e quindi per mantenere il federalismo occorre una politica attiva atta a mantenere proprio quell'equilibrio, rinnovandolo costantemente e badando che nessuno acquisti quell'egemonia che non aveva o si indebolisca in confronto ad altri.
Un governo federale quindi tenderà forzatamente a prevenire l'insorgere di disparità ed a ridurle ulteriormente. Inoltre ogni autonomia locale (Cantone/Stato/Länder) attua la sua politica economica e ciò consente vantaggi diretti per se ma difficilmente svantaggi diretti per gli altri.
L'organizzazione più consona a questo obiettivo (equilibrio dinamico) è quella opposta a quella fortemente centralizzata. Ogni territorio conserva una parte cospicua della sovranità e cede solo ciò che è convenuto utile ed equo cedere alla federazione per realizzare le politiche comuni, ridiscutendole di volta in volta.
Quando si dice che con il federalismo il Sud sarebbe abbandonato a se
stesso, si esprime un concetto a mio avviso falso, dettato da un pregiudizio altrettanto fallace. Il Sud sarebbe finalmente in grado di esprimere le sue potenzialità, senza essere frenato dalla politica economica centrale. La crescita non avverrebbe in 10 minuti, ovviamente ma non ci sono motivi per dubitare che questa potrà avvenire, all'interno di un federalismo costituzionale e competitivo che possa fornire (anche tenendo conto dell'ambito europeo) le condizioni quadro necessarie allo sviluppo, alla cooperazione ed alla competizione.
Ogni territorio infatti sarebbe governato dal suo personale politico, che per quanto inizialmente anche inadeguato ed impreparato, è comunque quello che conosce meglio il territorio, i suoi problemi, le sue energie, le sue risorse attuali e potenziali. La scommessa è se fa meglio Roma dal centro o se farebbero meglio i Calabresi in Calabria od i Valtellinesi in Valtellina. Va sempre ricordato che il federalismo non significa abbandono totale. La Calabria, che menziono continuamente solo perché appare la più povera del paese, non sarebbe sola ma rimarrebbe nell'ambito di una federazione (sia italiana che europea). Ciò che perde è il freno allo sviluppo, ciò che guadagna è la possibilita' di attuare la sua politica e di verificarla costantemente (costi e benefici) con i suoi cittadini.
Unendo queste condizioni quadro allo sviluppo locale dell'economia, condotto da chi conosce il territorio, sarà possibile effettuare quelle attività di riconversione industriale, di riqualificazione professionale, di rivalutazione della cultura locale, di rilancio della educazione che sono la premessa di qualsiasi rilancio non drogato dell'economia. Tutte attività che se calate dall'alto non danno gli stessi risultati di quando scaturiscono dalle realtà locali e dalla loro fattiva cooperazione.
Potete approfondire gli argomenti direttamente con l'autore scrivendo a questo indirizzo di posta elettronica
Fonti:Italia: ISTAT - Database per i dati regionali, Istituto Tagliacarne per i dati provinciali
Svizzera: Annuario Statistico Cantonale 1995
USA: BEA e Census - dati in linea
Francia: INSEE - L'économie des Régions N.398 - 95
Germania: Dati recuperati manualmente