Statistiche in breve del 4 agosto 1999
Informazioni
e chiarimenti:
Dipartimento di contabilità nazionale e analisi economica Manlio Calzaroni, tel. +39 06 4673-3141; e-mail calzaron@istat.it |
I nuovi concetti per la misurazione dell'economia non osservata
La nuova versione del sistema
internazionale dei conti nazionali (SNA93) e il successivo aggiornamento
del sistema europeo dei conti (SEC95) hanno contribuito in modo significativo
alla chiarificazione del concetto di economia non osservata e costituiscono
il punto di riferimento per la costruzione delle stime effettuate dai diversi
istituti nazionali di statistica, specialmente nell'ambito dell'Unione
europea, garantendo una migliore comparabilità internazionale degli
aggregati stimati.
Sulla base delle definizioni
dello SNA93 e del SEC95, i conti nazionali forniscono una misura esaustiva
degli aggregati economici quando coprono la produzione, il reddito primario
e la spesa osservati direttamente e non direttamente attraverso
le indagini statistiche e gli archivi amministrativi. Le stesse definizioni
stabiliscono che l'economia non (direttamente) osservata include
le seguenti principali aree:
(1) illegale, (2) sommersa, (3) informale.
Nello SNA93 troviamo le seguenti definizioni:
(1.a) produzione di beni
e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibiti dalla
legge;
(1.b) attività produttive
legali che diventano illegali in quanto realizzate da persone non autorizzate.
(2.a) evasione fiscale (delle
imposte sul reddito, sul valore aggiunto o di altre tasse);
(2.b) evasione di contributi
sociali;
(2.c) non osservanza di regole
dettate dalla legge relativamente a salario minimo, numero di ore di lavoro,
sicurezza sul lavoro, eccetera;
(2.d) mancato rispetto di norme
amministrative come nel caso della mancata compilazione dei questionari
statistici o di altri moduli amministrativi.
Le attività sommerse possono quindi far parte del sommerso economico, se sono caratterizzate dalla volontà di non rispettare norme di legge per ridurre i costi di produzione (2.a, 2.b, 2.c), oppure del sommerso statistico (2.d), quando non sono rilevate per scarsa sensibilità statistica da parte di coloro ai quali è richiesta la compilazione di questionari statistici. La mancata compilazione dei questionari può dipendere anche da inefficienza del sistema statistico, ad esempio per incompletezza degli archivi: anche questa causa contribuisce al sommerso statistico.
La stima delle attività
illegali non è per il momento inserita nei conti dei paesi dell'Unione
europea e, pertanto, non viene trattata in questa sede.
Il settore informale risulta
d'importanza molto limitata e riguarda essenzialmente le branche dell'agricoltura
e delle costruzioni.
Il sommerso statistico per
la parte dovuta ad inefficienza del sistema statistico, è determinato
da due cause:
L'occupazione non regolare
Nella precedente definizione di occupazione non regolare era inclusa, oltre a quella che non risultava rilevata o rilevabile con gli strumenti statistici utilizzati, anche quella che viene ora meglio definita come saltuaria ed occasionale e ciò indipendentemente dal fatto che fossero assolti gli obblighi previdenziali e fiscali. Perciò, era considerato lavoro non regolare almeno una parte dell'attività di categorie quali braccianti, consulenti, lavoratori autonomi, auto-produttori, eccetera. Occorre ricordare che, secondo le risultanze del censimento dell'agricoltura del 1990, erano presenti in Italia oltre 200 mila braccianti, circa 3 milioni di piccolissime aziende agricole (nelle quali l'unica forza lavoro impiegata è quella del conduttore e per periodi molto brevi nell'anno). Inoltre, esistono numerose forme di attività di consulenza regolari, ma non rilevate. Ciò rende chiari i motivi che non consentono un confronto fra le stime attuali e quelle precedenti.
I concetti utilizzati per l'analisi
del fenomeno sono i seguenti:
occupati: persone occupate
in unità produttive residenti, indipendentemente dalla loro nazionalità
e dalla durata della prestazione (tempo pieno o tempo parziale);
posizioni lavorative:
posti di lavoro dati dalla somma delle prime occupazioni (pari al numero
di occupati) e delle posizioni lavorative plurime, sempre indipendentemente
dal numero di ore con cui l'attività viene prestata;
unità di lavoro equivalenti
a tempo pieno (ULA): quantità di lavoro utilizzata dal
sistema produttivo, stimata riportando il totale delle posizioni lavorative
ad unità equivalenti a tempo pieno. Esse rappresentano, quindi,
il numero teorico di occupati che si otterrebbe ipotizzando che ciascuno
di essi lavorasse un numero di ore pari a quello degli occupati regolari
a tempo pieno.
Nella tavola 2 è isolata
anche la componente di occupazione non regolare riconducibile a stranieri.
La distinzione tra sommerso statistico ed economico rimane valida anche
per
questa componente. L'utilizzazione di ulteriori fonti informative,
unitamente alle nuove definizioni, ha permesso di individuare la parte
di sommerso statistico alimentata da cittadini stranieri che prestano la
loro attività in modo regolare, consentendo di mantenere fra i non
regolari soltanto quelli riconducibili al sommerso economico.
Stima dell'occupazione non regolare nel periodo 1992-1997
Occupati e posizioni lavorative
Il numero di occupati non regolari
(tavola 1c) risulta pari a 3.089.000 nel 1992 e aumenta a circa 3.282.000
nel 1997 (+6,2%). L'incremento è dovuto soprattutto agli stranieri
(più 157.000). Il numero delle posizioni lavorative plurime (doppi
e multipli lavori) non regolari passa da 1.958.000 a 2.182.000.
La quota di non regolari sul
totale degli occupati interni passa dal 13,5% al 14,8%; nello stesso periodo,
la componente regolare (tavola 1b) è diminuita di circa un milione
di unità (da 19.831.000 nel 1992 a 18.825.000 nel 1997), contribuendo
a determinare l'aumento del peso di quella non regolare. Le posizioni plurime
regolari passano da 5.600.000 nel 1992 a 4.600.000 nel 1997. Questi ultimi
dati includono anche l'occupazione definita "informale", di rilievo in
agricoltura. Nell'intero periodo preso in esame, le posizioni informali
in quest'ultimo settore rappresentano circa la metà delle posizioni
lavorative plurime complessive.
La distribuzione dell'occupazione
non regolare tra i principali settori produttivi (tavola 3) indica che
nel 1997 oltre un terzo era impiegata negli altri servizi e circa il 20%
nell'agricoltura.
L'incremento degli occupati
non regolari (tavole 4 e 5) tra il 1992 e il 1997 è dovuto interamente
ai dipendenti (più 223.000) mentre per gli indipendenti si registra
una diminuzione (meno 31.000). Considerando soltanto i settori extra-agricoli,
l'aumento dei dipendenti non regolari risulta ancora più marcato
(più 274.000) mentre risulta una sostanziale stabilità degli
indipendenti.
Per le posizioni lavorative
non regolari si ha un aumento sia per i dipendenti (380.000 per il totale
economia e 430.000 nei settori extra-agricoli), sia per gli indipendenti,
anche se di minore entità (38.000 per il totale economia e 91.000
nei settori extra-agricoli).
Unità di lavoro
Il numero di unità di
lavoro (ULA) non regolari stimate per l'anno 1992 è pari a 3.137.000
di cui 2.576.000 dipendenti e per il 1997 a 3.428.000 di cui 2.840.000
dipendenti. La quota di lavoro non regolare rispetto alla quantità
di lavoro totale utilizzata dal sistema produttivo nazionale è passata,
fra il 1992 e il 1997, dal 13,4% al 15,2% (tavola 3). Per i lavoratori
dipendenti (tavola 4) la quota è passata, contemporaneamente, dal
15,9% al 18,1% e per gli indipendenti (tavola 5) dal 7,7% all'8,6%.
Il settore comprendente commercio,
alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni assorbe circa un
terzo del totale del lavoro non regolare, passando dal 30,7% nel 1992 al
32,6% nel 1997; il settore degli "altri servizi" ne assorbe oltre un quarto,
passando, nello stesso periodo, dal 25,6% al 27,4% (tavola 3).
L'aumento del numero delle
ULA non regolari nei servizi risulta particolarmente marcato nel settore
comprendente il commercio e le altre attività già indicate
in precedenza (da 962.000 a 1.117.000), mentre una sostanziale stabilità
si registra nell'industria in senso stretto e una diminuzione nell'agricoltura.
L'andamento nel tempo delle
ULA regolari e non regolari (tavola 2) risulta differenziato: nel 1993,
anno caratterizzato da una profonda recessione, ad un calo del 3,5% delle
ULA
regolari corrisponde una sostanziale stabilità di quelle non
regolari. Dal 1994 al 1997 alla dinamica sostanzialmente negativa delle
ULA regolari si contrappone quella sempre positiva delle non regolari.
L'analisi ripetuta per le ULA dipendenti conferma, e con maggiore forza,
queste differenze nell'evoluzione dei due segmenti di occupazione.
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