PER UN NUOVO FEDERALISMO
NORDEST VICENZA - VIA SS. APOSTOLI, 51 c.i.p. - 6 FEBBRAIO 19981) Il rischio che i movimenti federalisti (non solo nel nostro paese) vedano "derubricate" le proprie posizioni a rivendicazioni localistiche per più ampie "deleghe", oppure, peggio, finiscano col confondersi a generici inseguimenti del secessionismo della Lega, s’aggrava di giorno in giorno.
Una coerente riforma federalista del nostro Stato, ormai è chiaro, non potrà essere condotta né attraverso il semplice "accumulo" di spinte autonomistiche ("movimento dei sindaci", ecc.), né delegandone l’esito ad un nuovo testo costituzionale, per quanto avanzato esso possa alla fine risultare (e tutti i segnali vanno in senso opposto).
2) E’ perciò necessario rilanciare il movimento federalista su una prospettiva di più lungo periodo, riscoprendone con forza le ragioni storiche e culturali, per così dire, "universali", ma, allo stesso tempo, radicandolo nel terreno di identità e interessi specifici.
Quello federalista è un processo storico destinato a durare ben oltre qualsiasi riassetto istituzionale. Esso accompagna tutto lo sviluppo dello Stato moderno, come un insieme di idee o "fermenti" che di volta in volta ne contestano la tendenza a strutturarsi in sistema di potere unico e indivisibile. Esso riemerge con nuova forza nella fase storica contrassegnata dallo sgretolarsi della sovranità dello Stato nazionale, sotto la formidabile e irreversibile pressione dei fenomeni di interdipendenza tecnologico-economico-finanziaria.
Ma i processi di "globalizzazione" non sono in alcun modo destinati a produrre di per sé né forme federaliste di governo sovranazionale, né l’affermarsi di culture politiche federaliste all’interno dei diversi Stati che compongono il "villaggio globale". All’opposto, la "globalizzazione" in atto appare sempre più come diffusione di un unico modello di relazioni politiche e sociali. Su tutte le questioni vitali i meccanismi decisionali sono sottratti ad ogni visibilità, per non dire ad ogni forma di rappresentanza democratica. E’ una situazione che alla lunga, potrebbe generare il moltiplicarsi di reazioni "tribali" alla globalizzazione, uno stato di disagio, inquietudine, alienazione nelle stesse "metropoli", una "corporativizzazione" sempre più chiusa dei diversi interessi.
Insomma, se è chiaro che il postmoderno si configurerà "oltre" lo Stato nazionale centralizzato, dalla sovranità unica e indivisibile, non è ancora affatto deciso se questo "oltre" assumerà l’aspetto di un mix tra globalizzazione e "tribalizzazione" (con il conseguente crollo di ogni spazio per la stessa prassi politica), oppure quello di una nuova struttura del potere e della rappresentanza politica, fondata sulla pluralità e sulla distinzione di saperi, competenze, responsabilità, in grado, proprio in quanto autonomi, di riconoscersi reciprocamente, dialogare, accordarsi.
3) Il nostro federalismo è perciò l’esatto opposto di una forma di reazione nostalgica nei confronti della globalizzazione. La straordinaria complessità di questo processo implica invece, responsabilità diffuse, forme sempre più ampie di auto-governo, il superamento radicale di ogni logica centralistico-burocratica. Se non si alimenterà di una tale cultura politica, il processo di globalizzazione finirà col generare il suo opposto: il risorgere di nazionalismi, e magari micro-nazionalismi, l’un contro l’altro armati.
Per gli stessi motivi il nostro federalismo è l’esatto opposto di ogni forma di autarchica chiusura localistico-municipalistica o anche nazionalistica. Il nostro federalismo implica la costituzione di una pluralità di poteri autonomi e non derivati. Non ha nulla a che fare con la logica del decentramento e della "delega".
Ma l’autonomia piena dei poteri regionali e locali non viene affermata per isolarli. Ogni affermazione di auto-sufficienza è semplicemente puerile in quest’epoca. Autonomia significa anzitutto capacità di relazione, capacità di sviluppare le proprie risorse, di mettere a frutto le proprie forze, in contesti internazionali sempre più difficili, competitivi, dinamici. Diceva un tale: "per conoscere qualcosa di sé bisogna sapere tutto degli altri".
4) Il nostro federalismo è perciò certamente anche un mezzo per realizzare quell’efficienza, quella funzionalità, quella riforma della Pubblica Amministrazione, quell’avvicinamento del meccanismo decisionale alla domanda sociale, alle istanze dei cittadini, senza di cui sarà impossibile non solo competere sul mercato globale, ma anche governare politicamente i problemi sociali di straordinaria complessità che la globalizzazione va necessariamente producendo.
Ma, oltre a tutto ciò, il nostro federalismo va proposto, va fatto vivere anche ed essenzialmente come un fine. Al di là della battaglia sacrosanta per un riassetto costituzionale che sancisca i poteri originari di Regioni e Comuni al di là di una riforma della Pubblica Amministrazione e del sistema impositivo, che rifletta tale principio, il nostro federalismo si fonda sulla fiducia che possa aprirsi un’epoca in cui le forme di auto-governo da parte di comunità, gruppi, organismi possono trovare uno sviluppo fino ad oggi impensabile. Ben oltre la piena autonomia di Regioni ed Enti Locali, il nostro federalismo ha questa autonomia diffusa come proprio fine. Il crollo di ogni omogeneità di tipo organicistico o ideologico nel mondo contemporaneo (e ciò rende patetici i tentativi di inventarsi "miti d’appartenenza") non significa necessariamente anarchia individualistica. Esso anzi può contenere un’istanza forte di libertà responsabile. E’ questa istanza che il nostro federalismo deve saper esprimere. Esso si fonda sulla capacità della persona di valutare, organizzarsi, decidere e comprendere che la propria stessa "ricchezza" in quanto persona consiste nella "ricchezza" delle sue relazioni, dei suoi "accordi" con gli altri e il diverso da sé. Ognuno ha diritti inalienabili di autonomia, ma questi significano doveri e responsabilità. Il nostro federalismo coniuga il pieno risarcimento della personalità di ciascuno, individuo o gruppo che sia, ad una concezione per la quale ciascuno non è se non in relazione, e tanto più è veramente autonomo quanto più sa rispondere alle istanze, ai bisogni, alle domande di ciò che è distinto, e magari lontano, da sé.
Il nostro federalismo ha come fine una cultura della persona autonoma e responsabile nell’età della globalizzazione.
5) Il nostro federalismo trova in questo contesto le ragioni del suo essere solidale. Non può trattarsi di appelli moralistici né tantomeno di riedizioni ipocrite del vecchio assistenzialismo. E’ l’interdipendenza a imporre la solidarietà; ogni chiusura egoistica, ogni difesa miope del proprio " particulare", va contro se stessa, genera conflitti che alla fine travolgeranno le stesse "oasi del benessere": Ma assistenzialismo è l’opposto di solidarietà, ed è l’opposto della nostra idea di federalismo. Quest’ultima comporta, come abbiamo detto, la piena fiducia che autonomia amministrativa e impositiva e forme sempre avanzate di responsabilità e auto-governo possano far emergere potenzialità e risorse soffocate finora dalla logica burocratico-centralistica e generarne di nuove. E solidarietà significa mettere a disposizione di queste regioni e di queste aree tutti i mezzi necessari perché queste forze possano esprimersi e svilupparsi. Perciò il nostro federalismo assume anche un’ispirazione profondamente meridionalista.
6) Il federalismo è un processo. Esso passa certamente attraverso la revisione profonda della Carta costituzionale, ma l’idea che il suo fine possa esaurirsi in essa è semplicemente puerile. Non solo perché le resistenze e le inerzie di tipo centralistico sono destinate a durare comunque ben oltre l’approvazione anche del più avanzato "dettato" costituzionale. Partiti, sindacati, organismi di categoria, le più potenti lobbies parlamentari - tutto in Italia è ancora informato a principii e strutture organizzative di tipo centralistico. Battere queste resistenze, spesso addirittura "involontarie", prodotto di atavici movimenti culturali, comporterà un lavoro politico paziente, organizzato, di lungo periodo. Ancor più questo è vero se ci collochiamo in un’ottica internazionale. Un assetto federalistico europeo è ancora tutto da disegnare. E la Comunità sta procedendo, nel frattempo, secondo una prospettiva assolutamente centralistica e con un pauroso deficit di rappresentatività democratica.
Ma il federalismo va concepito come lungo processo anche per un altro motivo. E’ impensabile che esso possa scattare ad un’ora x uguale per tutte le regioni del Paese. Per alcune le responsabilità conseguenti all’ottenimento della piena autonomia sono assumibili in tempi rapidi, per altre, invece, solo gradualmente e solo nel contesto di quelle forme di solidarietà cui prima facevamo riferimento. La riforma federalista del nostro Stato dovrà perciò svolgersi in corrispondenza alle effettive capacità e alle effettive risorse di ciascuna identità regionale.
7) L’insieme di queste considerazioni - difficoltà e profondità del processo di riforma federalista, pregnanza storica dei suoi fini, consistenza delle resistenze che esso provoca- impongono ai movimenti di ispirazione coerentemente e radicalmente federalista di cercare di darsi forme organizzative più stabili, meno occasionali, più radicate territorialmente.
Tali forme organizzative non devono affatto essere concepite come pregiudizialmente contrapposte ai partiti tradizionali. Sta di fatto che essi oggi, per la loro immagine, per la cultura politica che esprimono, per la propria struttura organizzativa, non appaiono in grado di rappresentare adeguatamente quelle istanze di autonomia, di auto-governo, quel bisogno di una nuova e più ricca relazione tra cittadinanza e politica, che fondano la nostra idea di federalismo, anche in quanto assetto istituzionale.
Nelle regioni dove, per motivi culturali e storici, oltre che economici, tali istanze sono più mature è perciò oggettivamente all’ordine del giorno il problema di una formazione di un movimento federalista organizzato. Questo vale con particolare forza per il Nord-Est. Se non sapremo corrispondere a questo obiettivo, è fin troppo rapido prevedere che le stesse tendenze federaliste rifluiranno su posizioni localistico-rivendicazionistiche, di pura protesta populistico-demagogica, determinando, simmetricamente, l’arroccarsi ancor più disperato delle forze politiche tradizionali su posizioni centralistiche, intorno a vuoti, moralistici appelli.
8) Una forza politica regionale di ispirazione coerentemente e radicalmente federalista è una forza federale al suo interno e pronta a federarsi con tutte quelle di ispirazione analoga su scala nazionale ed internazionale. E’ una forza dove, all’interno, vige un rapporto centro-periferia che è l’esatto opposto di quello imperante nel partito politico tradizionale (il cui esempio per eccellenza è oggi la Lega di Bossi!), dove, cioè, il centro motore di ogni iniziativa e di ogni decisione è , per l’appunto, la "periferia". Ed è una forza che si propone, all’esterno, come fattore di riforma, di progresso, di modernizzazione dell’intero Paese, un fattore propulsivo in Italia e in Europa. Ancora una volta, l’autonomia è concepita come il fondamento di una politica di apertura nazionale e internazionale. Nessuna autonomia può reggere isolata. Nessuna nazione può sopravvivere alle degenerazioni autarchiche e nazionalistiche.
9) Per le esperienze fatte in campo amministrativo, per la struttura stessa del proprio "modello" economico, che vede il più completo superamento di ogni logica centralistico-fordista di organizzazione, per la propria stessa "memoria storica", grazie alle stesse diversità che lo compongono, il Nord-Est può davvero rappresentare il punto più avanzato del movimento federalista. E’ certamente il terreno su cui si giocheranno le partite decisive della riforma istituzionale. E’ doveroso prepararsi a tali sfide, culturalmente, politicamente, ma anche organizzativamente. Le forze federaliste debbono dare di sé, in queste Regioni, un’immagine coerente, forte, unitaria, assolutamente autonoma. In questa direzione ci impegniamo a lavorare senza preclusione alcuna. La a prospettiva federalista suscita domande e attese che vanno di per sé oltre tutti i vecchi steccati e le arcaiche "casematte" della politica tradizionale. Se sapremo soddisfarle, daremo con ciò stesso il contributo più grande al rinnovarsi di una autentica comunità nazionale ed europea.
10) La società e l’economia del Nord-Est sono ad un passo decisivo. La loro crescita futura dipenderà dalla competitività del loro sistema, non più soltanto dalla capacità produttiva e innovativa degli "individui" che lo compongono. La molteplicità delle iniziative, la varietà delle idee e delle soluzioni, la dinamicità ed elasticità dell’uso dei fattori, che hanno caratterizzato queste Regioni dovranno sempre più accordarsi tra loro, progettare e programmare i propri servizi comuni, la propria infrastruttura di base, materiale e immateriale, dalla formazione alla ricerca, al credito, alle politiche di commercializzazione ed esportazione, alla rete dei trasporti, alla Sanità. E a tutto il sistema amministrativo.
Questa prospettiva è la stessa del nostro federalismo: dalla persona, dalla base della persona come complesso autonomo di diritti e responsabilità, alla rete delle sue relazioni, nella quale soltanto essa esiste, s’arricchisce, si sviluppa.Il nostro federalismo corrisponde nella sua stessa sostanza agli interessi strategici dei ceti produttivi di questa Regione. Pensare che essi possano essere rappresentati da movimenti di pura protesta, da ideologie intolleranti e regressive o anche da occasionali coalizioni elettoralistiche, poco importa di che segno, è un infantilismo che potrebbe essere pagato a caro prezzo: con l’isolamento, con lacerazioni culturali e sociali, che alla lunga si ripercuoterebbero sulla stessa crescita economica, e comunque con l’incapacità di essere protagonisti del processo di modernizzazione politica del Paese.
Ed è impensabile che chi resterà ai margini di tale processo (o lo ostacolerà addirittura) possa poi invece, essere propulsivo in campo economico, nella ricerca, nella innovazione, nella formazione.
Noi chiediamo a tutte le forze politiche federaliste del Nord-Est, sulla base dei principii generali che abbiamo prima esposto, di dar vita ad un movimento che rappresenti unitariamente e continuativamente questi interessi profondi, queste prospettive di sviluppo, che coincidono con gli obiettivi strategici delle forze produttive di tutto il Paese.
NORDEST VICENZA - VIA SS. APOSTOLI, 51 c.i.p. - 6 FEBBRAIO 1998