Commenti alla Carta federalista
Due sono i temi che vorrei approfondire del documento, siglato da Bassolino, Chiti, Vitali, Cacciari, Bracalente, La Forgia.
In realta' non si tratta di due temi, ma di due ramificazioni dello stesso nodo: quello della territorialita'.
Il primo aspetto e' quello delle prospettate fusioni comunali e l'altro e' il ruolo delle provincie.Credo che ormai sia evidente che il tema della individuazione della "territorialita'" del federalismo emerga con forza.
Fuori luogo proporre scontri ma un chiarimento, anche forte, si impone. D'accordo che l'Italia non e' la Svizzera o la Germania ma se l'America e la Svizzera possono vantare secoli di unione federale (150 anni di federazione per ambedue ed altri 550 di esperienza confederativa per la Svizzera) e' segno che hanno saputo trovare proprio quell'equilibrio tra territori e livelli di governo che noi stiamo ora cercando. Una occhiata alla esperienza altrui non puo' quindi fare male.
In primo luogo, il territorio comunale, il borgo, la citta', il quartiere della megalopoli, e' il principale terreno democratico, luogo di partecipazione, democrazia diretta, gestione dei servizi, palestra di democrazia e partecipazione alla "polis". L'orografia implica la territorialita', non altri ragionamenti. Non si spiegherebbe altrimenti perche' in Lombardia ci siano cosi' tanti comuni (Alpi, valli, fiumi, ostacoli naturali, vie di comunicazioni) mentre nei territori pianeggianti vi sia una maggiore concentrazione urbana (che pero' porta problemi di pressione e qualita' della vita) ed un minor numero di Comuni.
La sussidiarieta' parte dai Comuni, anzi, ancora prima, dalla persona, come Cacciari sostiene, in armonia con il pensiero cattolico.
Mentre in Italia i comuni sono 8'100, nella Svizzera, alpina e federale, sono ben 5'000, impegnati in compiti e competenze assai superiori a quelli italiani. Eppure il costo amministrativo italiano (somma delle spese amministrative di comuni, provincie, regioni e stato) e' pari al 4.6% del PIL mentre in Svizzera e' pari solo al 2% (somma delle spese di amministrazione di 5000' comuni, 26 cantoni e della federazione).
Meta' di quelle spese (1% del PIL) e' prodotto nei Comuni svizzeri ma si tratta di una spesa ben sopportata e che comunque produce servizi di ottimo livello, vicini ai cittadini sia nella offerta che nella possibilita' di controllo e verifica democratica e quindi di scelta.
Non confondiamo quindi, e' il mio consiglio, i costi del decentramento con quelli del federalismo. Non proiettiamo la situazione attuale di dicotomia tra politica ed amministrazione - ed i suoi guasti, sotto gli occhi di tutti - su quella federalista, di fusione tra livello politico ed amministrativo, di spesa responsabile.
Non e' affatto detto che diminuire i costi comunali (od i Comuni) porti ad un miglioramento del servizio e ad una diminuizione dei costi.
Saranno i cittadini a determinare le necessita' di fusioni o anche di eventuali separazioni, senza pressioni dall'alto. Diamo loro un sistema di finanze separate ed autonome e poi ogni comunita' decidera' il da farsi in base ai costi che decidera' opportuno sopportare, per le competenze loro affidate.
Non mettiamo il carro delle fusioni davanti ai buoi, anche se sappiamo che in alcuni casi esse sono auspicabili.
Ovvio che fino a quando a pagare e' un centro che finanzia la periferia, il primo vorra' imporre le fusioni per risparmiare.
Dimentichiamo pero' che nel federalismo il primo soggetto politico e' il comune. Se e' autofinaziato al 100% saranno proprio i cittadini e gli organi democratici comuali a razionalizzare la spesa in rapporto ai benefici, decidendo fusioni o strategie coperative con i vicini, come i principi del federalismo consigliano.
Veniamo al tema del ruolo delle Provincie. Sono ormai l'organo piu' svuotato di poteri salvo nel Trentino, dove hanno ricevuto uno statuto speciale che ha conferito loro tutte le competenze regionali. Un esperimento coraggioso, che se fosse affiancato da una pari autonomia fiscale, senza comodi tributi centrali, sarebbe assimilabile alla autonomia locale austriaca e svizzera.
Il salto tra Comuni e Regioni e' invece troppo grosso, specie se i Comuni sono troppo piccoli e le regioni sono troppo grandi. La soluzione non e' pero' ingrandire i comuni ma porre sussidiariamente una territorialita' intermedia. Se guardo alla Lombardia cercando di immaginarmela senza Provincie dotate di vasti poteri, non riesco ad immaginarmela. Lo stesso capita se cerco di immaginarmi Svizzera ed Austria (due evidenti macro regioni) senza gli ampi poteri politici dei loro enti costituitivi statali (Cantoni/Länder).
Di fatto i poteri di un cantone svizzero sono assai maggiori degli attuali poteri regionali italiani e maggiori pure di quanto prevede la bicamerale per il futuro. Ci sara' pure un motivo. Occorre riflettere. Valutare, studiare, comprendere.
Se giustamente si afferma che non si devono affidare compiti di gestione alle regioni, i soli comuni non bastano a gestire tutto lo stato. Le provincie, eliminate, risorgerebbero come consorzi (o federazioni) di Comuni. La sussidiarieta' lo impone. La regione e' un luogo di coordinamento e di intervento quadro, non di gestione diretta ma coordinare troppi comuni risulterebbe assurdo. Coordinare un grappolo di provincie e' piu' saggio.
Siamo in presenza poi di livelli economici e politici (nonche' culturali) ben diversi:
Il Comune e' il livello economico politico del quotidiano. Si vive e spesso si lavora. Dove ci sono gli interessi familiari e comunitari piu' forti. La qualita' della vita la si misura li'. Scuole elementari, assistenza, traffico, territorio, catasto, protezione del cittadino (polizia, protezione civile, pompieri), fisco locale.
Cosa dice, a riguardo, la carta federalista?
Ciò ha finora impedito che: [....]
b) per quanto riguarda le province, si
aprisse un confronto chiaro sul ruolo dell'istituto provinciale, la cui
necessità funzionale non può essere dichiarata in termini
uniformi su tutto il territorio nazionale, dal Piemonte alla Basilicata;
Ora, se si individua nella provincia una mera funzionalita' e non un organo di autogoverno politico del territorio, quasi fosse un elemento del decentramento regionale ma non di un suo federalismo, allora non siamo ancora alle soglie della comprensione dei rapporti politici ed economici che intercorrono nei territori. Certo che il federalismo non e' un cliche' da applicare uguale ovunque. L'autonomia comunale ed i rapporti tra comuni e cantoni sono diversi tra Ticino e Grigioni, tra Basilea e Berna. Cio' avviene perche' le decisioni sono prese dal basso. Quindi il ruolo di Comuni, Provincie e Regioni dovrebbe essere stabililto dalla sussidiarieta' (che parte dal basso) e da cio' che i cittadini democraticamente decidono. Ogni territorio trovera' un suo equilibrio, basato sulle sue capacita', sui suoi problemi, sulle sue risorse. Ma ogni territorialita' e' un livello politico, anche i Comuni e le Provincie, non solo regioni e stato, come afferma la Bicamerale.
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