Progetto Italia federale: Home Page


Commenti alla intervista di Cacciari


Ecco la mia puntualizzazione su alcuni punti particolari:

Sono soddisfatto delle risposte di Cacciari. Su una di esse vale la pena di approfondire i termini della questione.
Parlando di federalismo fiscale, Cacciari evidenzia due problemi: uno, quello dei diversi livelli di ricchezza dei Comuni (fatto che potrebbe rendere impossibile in vari casi l'erogazione di servizi sulla base di standard accettabili) e la eterogeneita' delle dimensioni comunali. Cacciari aggiunge che per quanto riguarda i bisogni essenziali questi devono rimanere a carico della fiscalita' generale.

Per non prendere alla leggera questa affermazione, occorre definire la "fiscalita' generale". Essa non e' la "fiscalita' centrale". Ad esempio in Svizzera il 65% delle entrate tributarie sono riscosse dai Cantoni e dai Comuni (rispettivamente 36% e 29%). Non vengono riscosse da Berna per poi tornare sul posto.

Se esaminiamo quali imposte (dirette, indirette ecc) notiamo che i Comuni svizzeri basano le loro entrate per l'80% sull'equivalente di IRPEF ed IRPEG mentre i Cantoni, che hanno anche altre entrate, da queste due imposte ricavano ben il 50% delle loro necessita' di cassa.

Ripeto che si tratta di imposizione autonoma, fatta in cooperazione tra Comuni e Cantoni e comunque fatta in modo da evitare la doppia imposizione su tutto il territorio fedeale.
Questa cooperazione attenua i problemi di accertamento dei piccoli Comuni e comunque si dimostra formidabile nello stanare l'evasione.

Vengono poi messi in atto dei meccanismi di riparto delle imposte tra Comuni, in modo che i grossi centri (solitamente piu' ricchi di societa' e quindi di IRPEG) possano finanziare la solidarieta' verso i Comuni periferici. Ulteriori meccanismi di solidarieta' vengono poi attuati tra Cantoni, da parte della federazione, la quale basa le sue entrate per il 60% da imposte indirette (IVA, carburanti ecc).

Ecco quindi un esempio di come la fiscalita' generale possa essere affidata ai vari livelli di governo di un paese federale.

Ovviamente si deve tenere conto che rispetto all'Italia, la Svizzera presenta minori differenze interne nella distribuzione del reddito per cui certi meccanismi li funzionano ma in Italia hanno bisogno di ulteriori accorgimenti. Ad esempio, visto il fenomeno dei grossi centri urbani (le 100 citta') e degli ancora piu' grandi capoluoghi di regione, occorre una perequazione orizzontale (e verticale) a livello di Comuni di una Provincia e tra le Provincie di una Regione. Noto che invece la Bicamerale ha solo ipotizzato un livello centrale di perequazione, in perfetta armonia con altre scelte centralistiche.

Cacciari prosegue accennando al concetto di costo medio, sul quale vorrei, incuriosito, porre alcuni interrogativi.

La grande differenza di reddito nel paese (differenza che tende lentamente e costantemente ad aumentare) e la differenza nella dotazione di servizi di base, pone a mio modo di vedere grossi problemi nella individuazione di un costo medio. Nei posti piu' arretrati si dovra' investire di piu'. Immagino che non sara' solo un problema "quantitativo" ma che un governo autonomo e responsabile del territorio potrebbe anche individuare metodi innovativi di intervento, per risolvere la sua situazione, che siano "qualitativamente" diversi ed efficaci, senza che un intervento esterno e non qualificato possa, secondo me, trovare nulla da obiettare.

Contemporaneamente al costo della vita, anche quello della mano d'opera potrebbe differenziarsi sul territorio come ora anche la CISL ammette che sia possibile. Nel campo degli stipendi pubblici e privati, lo stesso minimo salariale e' un grosso trampolino di lancio per l'economia del Nord mentre al Sud e' agisce come un freno a mano tirato.

Senza riproporre le gabbie salariali ma con una contrattazione salariale a livello provinciale (e con un welfare comune per tutto il paese) sono abbastanza sicuro che i costi del personale (che nella P.A. non sono indifferenti) sarebbero piu' equilibrati. Non penso affatto ad una diminuizione degli stipendi al Sud ma piu' che altro mi immagino un aumento di quelli del Nord e quindi una maggiore competitivita' del centro-sud, se contemporaneamente si fanno gli opportuni investimenti e si risolve il problema della criminalita', problema comunque nazionale.

Vale la pena di riflettere che se il dato di fatto ci mostra una Italia con grandi differenze e noi abbiamo l'obiettivo di eliminale (o per lo meno di portarle a limiti accettabili) non e' imponendo regole uguali o condizioni economiche uguali che otterremo il risultato. Anzi e' proprio questa politica ad essere stata fallimentare e non mi sembra il caso di riproporla in un contesto federale.

Partendo dalle grosse differenze attuali, per avere una situazione finale omogenea, occorrono politiche diverse, a costi diversi. Interventi micro-economici differenti, modi diversi di saldare politica, cultura ed economia in ogni territorio.

Io quindi sono piu' propenso a quel federalismo tendenzialmente competitivo a cui accennava Villone nel suo primo intervento alla Commissione Bicamerale. Un federalismo fatto ad esempio piu' di concorrenza fiscale
che di costi medi.

Francesco Forti


2)
At 15,22 8.12.97 +0100, Gastone Losio wrote:
>[....] ma non riesco a capire bene il
>riferimento di Cacciari all'Art. 23 della Costituzione,
>o e' un riferimento del tutto generico sulla legalita'?
> ciao Gastone
[...]

Rispondeva Cacciari:
>La soluzione del secondo problema sta' nell'attribuzione ai regolamenti di
>autonomia di valore derogatorio alla legge per tutte quelle disposizioni
>che possono essere lasciate all'autonomia locale senza contraddire all'art.
>23 della Costituzione. In tal modo i Comuni e le Province che non vogliono
>o non possono regolare autonomamente i tributi propri continuano a trovarne
>nella legge statale la compiuta disciplina.

L'art 23 Cost. dice in sostanza che nessuna imposta puo' essere "imposta"
fuori dalla legge.
Ora poiche' l'unica funzione legislativa e' ora dello Stato centrale,
ed in futuro sara' ampliata alle Regioni, va da se che Comuni
e Province non possono legiferare e tassare autonomamente. Serve una
deroga che non contraddica quell'articolo dando possibilita' giuridica
ad una imposizione autonoma.

Cosa che invece in CH i Cantoni possono fare e che i Comuni di certi cantoni
possono anch'essi fare (es Ct. Grigioni).
Infatti la Cost Svizzera dice:
-------
Art. 108 Armonizzazione fiscale
1 In via legislativa, la Confederazione emana principi per armonizzare
le imposte dirette federali, cantonali e comunali.
Rimangono esclusi dall'armonizzazione in particolare le tariffe fiscali,
le aliquote fiscali e gli importi esenti da imposta.
2 La Confederazione tiene conto nella sua legislazione degli sforzi
d'armonizzazione intrapresi dai Cantoni.
3 La Confederazione e i Cantoni cooperano all'ulteriore sviluppo
dell'armonizzazione fiscale.
4 La Confederazione può emanare prescrizioni contro accordi stipulati
con i contribuenti intesi a conferire agevolazioni fiscali ingiustificate.
-------

Quindi la federazione ha il compito di armonizzare le imposte locali
(quindi dandone un valore legale) ma non di entrare nel merito delle
aliquote locali, nelle deduzioni, nei limiti di esenzione.
Questa e' la base giuridica della "concorrenza fiscale".

Perche' la "concorrenza fiscale"?
Prima di tutto non e' una cosa "voluta" ma l'effetto della autonomia
di gestione.

Se un Comune spende bene i soldi che decide di spendere assieme
ai suoi elettori, avra' una normale e sana gestione.
Con gli elettori concorda la costruzione di un impiamto sportivo,
di una piscina, l'ampliamento delle scuole e la manutenzione delle
strade. Una sana gestione scaglionera' questi interventi in una o due
legislature, producendo costi ragionevoli e tasse adeguate.
Se contemporaneamente un altro comune decide di costruire un impianto
sportivo sovradimensionato, due piscine olimpioniche, avere le
strade illunimante anche di giorno e di costruire scuole nuove ogni
5 anni, e' libero di farlo. Avra' una pressione fiscale superiore.
Cosa che se i cittadini accettano, non porta nulla di grave.
Sarebbe grave se altri pagassero quei costi, senza poter usufruire
dei servizi. La responsabilita' della coppia Cittadino/Collettivita'
porta a scelte politiche locali diverse e costi fiscali diversi.

Se un altro Comune decide di fare l'impianto sportivo ma non la piscina,
fara' pagare' un po' meno tasse (per il minore investimento/ammortamento)
e per i minori costi di gestione. La minore pressione fiscale potrebbe
attirare qualche piccola industria e compensare con una maggiore
occupazione il minor investimento pubblico.
Ecco che la concorrenza fiscale puo' diventare un modo per fare una
micro-politica-economica a livello locale. La si effettua tassando
con aliquote diverse in ogni Comune la stessa base imponibile.
Dove, in base al proprio bilancio hanno bisogno di piu' soldi,
aumentano le aliquote. Viceversa le diminuiscono.

Il rischio di una rincorsa verso il basso delle spese statali,
per inseguire e superare la concorrenza di altri e' presente ma
e' bilanciato dal fatto che si applicano prima tutti i sistemi
per ottimizzare i servizi. Sotto un certo livello il cittadino
non e' disposto a scendere e vota di conseguenza.
Il risultato e' una pressione fiscale piu' bassa e servizi di
alta qualita'.

In Italia abbiamo una pressione alta e servizi scadenti per cui
la concorrenza fiscale non puo' che portarci verso una situazione
migliore.

Francesco Forti


3)
Riflettendo su quanto detto da Prodi e riportato da La Stampa ..

>PRODI E IL FEDERALISMO
>"Una cornice comune per realtà diverse"
>
>ROMA. "Ho chiaro in testa il modello di federalismo possibile: un
>federalismo progressivo che colga le diversità, una cornice comune per
>contenere quadri diversi, una strategia che colleghi con flessibilità il
>centro alla periferia. Bisogna fare attenzione perché qui si gioca tutta
>l'Italia".

.. sono ritornato sul discorso dei costi medi, accennato da Cacciari
nella sua intervista.
Poiche' non e' ipotizzabile in un quadro federale (di organizzazione
federale dei territori) che a luogi diversi sia imposta la stessa
organizzazione, il discorso costi medi e' ancora piu' arduo di quanto
ipotizzavo.

Un contesto federale individua unicamente le competenze federali.
Non deve elencare, a mio modo di vedere le competenze residue
attribuendole con precisione a Comuni, Provincie e Regioni.

Avremo cosi' la liberta' di organizzare la distribuzione dei
compiti in Lombardia in modo diverso dalla Valle d'Aosta e
dalla Sardegna. Federalismo ad assetto variabile, quindi.

Io noto qui in Svizzera, se cerco di analizzare come sono
distribuite le competenze nei vari Cantoni, delle differenze
rimarchevoli, che si riflettono anche nei costi. La cosa e' piu'
ovvia nelle citta' stato (Basilea ed in parte Ginevra) in cui il
confine tra municipalita' e cantone e' esiguo.

Ma si nota anche tra Cantoni abbastanza centralisti (come il Ticino,
che ancora oggi ha una impronta abbastanza "napoleonica") e quelli
piu' federalisti (come il Grigioni, che era una federazione di "leghe"
a loro volta federazioni di comunita').

In entrambi i casi i servizi sono superiori alla media ma il profilo
dei costi puo' essere variabile.

Esaminando il profilo dei costi scolastici abbiamo queste differenze:

1) il costo e' determinato da come i Cantoni ed i Comuni hanno concordato
di suddividersi le competenze. Ad esempio, in Ticino materne ed
elementari spettano ai comuni, il resto al Cantone. Altri Cantoni
trovano che decisioni diverse siano per loro migliori.

2) Questo a sua volta e' determinato dal grado di autonomia comunale
e dalla orografia del territorio. Una zona montuosa ed impervia
vedra' un maggiore carico di competenze e costi comunali ed una
dimuzione di costi cantonali. Una zona montuosa ha maggiori costi
di trasporto alunni e riscaldamento. Anche l'investimento edilizio
e' piu' costoso.

3) Differenze locali possono variare i costi assoluti. Un Comune a
ridosso di una grande citta', che abbia una popolazione giovane,
avra' tanti bambini ed maggiori costi per l'istruzione.

4) Differenze sulla qualita' del servizio. A parita' di servizio
standard sull'istruzione, una comunita' puo' anche decidere di
fornire i libri gratis o di inserire materie supplementari.

5) Il costo della vita (altissimo a Ginevra, assai piu' basso nel
Jura) implica costi di personale pubblico diverso. Diversamente
un insegnante a Ginevra farebbe la fame e quella citta' rimarrebbe
senza docenti.

A conferma di cio' posso portare questi dati:
Costo percentuale dell'istruzione per varie sovranita' sul totale del
loro budget, concordato con i cittadini ed autofinanziato:

Il mio Comune: Breganzona, 5000 abitanti:         24%
La somma dei 240 comuni ticinesi:                     12.4%
La somma dei 5000 comuni svizzeri:                   22%

Il Cantone Ticino, 300'000 abitanti:                    20%
La somma dei 26 Cantoni:                                  26%

In pratica cercare di definire costi medi in un territorio come
quello italiano, diversificato sia orograficamente che culturalmente
che economicamente significa litigare perennemente. Tutti vogliono di
piu' e trovano mille appigli a cui attaccarsi.

Molto meglio cercare di arrivare alla autonomia finanziaria ed
all'auto finanziamento, eventualmente aiutando i piu' deboli
economomicamente con fondi compensatori.


Potete approfondire gli argomenti direttamente con l'autore scrivendo a questo indirizzo di posta elettronica