Progetto Italia Federalea cura di Francesco Paolo Forti |
La Base-Dati della Bibliteca del Federalismo Europeo (1776-1998) |
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DOTT. Riccardo MARENA - DOTT. Alberto BUTTERI - DOTT. Vito CONSOLE
Il presente lavoro è stato finanziato con il contributo del Comitato Nazionale per le Scienze Giuridiche e Politiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche N. 90.01133.09 del 25/9/1990.
Gli autori riconoscono di aver contribuito alla realizzazione delle seguenti parti:
Il Dott. Riccardo MARENA il paragrafo 1; della parte seconda i paragrafi 1, 2, 3; della parte terza i paragrafi: 2, 4.
Il Dott. Alberto BUTTERI della parte prima il paragrafo: 1; della parte seconda il paragrafo: 4; della parte terza il paragrafo: 3.
Il Dott. Vito CONSOLE della parte prima il paragrafo: 2, della parte seconda il paragrafo 5; della parte terza il paragrafo: 1.
Il diritto d' autore viene concordemente definito dagli autori indivisibile ed esercitabile di comune accordo.
Egualmente ringraziano il personale della Ripartizione Polo per il Coordinamento delle Biblioteche Universitarie e del Centro Linguistico Audiovisivi, entrambe dell’Università degli studi di Torino, per la loro collaborazione.
In memory of the Federalists who are died in the fight for european federation expecially Altiero SPINELLI and Mario ALBERTINI, fathers of European Federalism.
INDICE
1. Introduzione: Perché una Bibliografia
PARTE PRIMA: Teoria e aspetti del modello del Federalismo
1. Le diverse teorie del Federalismo
2. L'ideal-tipus del Federalismo
PARTE SECONDA: Il filo rosso del Federalismo europeo
1. Introduzione
2. Definizione del periodo storico
3. Definizione del campo bibliografico
4. La struttura della bibliografia
5. I periodi della bibliografia
PARTE TERZA: I problemi e i risultati
1. Il reperimento delle informazioni bibliografiche
2. Il calcolatore e la fotocomposizione
3. I risultati
4. Riflessioni conclusive
Introduzione: perché una bibliografia
"Egli farà giustizia fra le genti deciderà fra tanti popoli, sì che forgeranno le loro spade in zappe e le loro lance in falci; non più gente contro gente alzerà la spada né mai più s' addestreranno alla guerra".
(Isaia, 2, 4-5, 740 a: Cr.)
"La linea di divisione fra i partiti progressisti e i partiti reazionari cade perciò ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come fine della lotta quello antico, cioè la conquista del potere politico nazionale - e, che fanno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie lasciando solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stampo, e risorgere le vecchie assurdità - e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido Stato internazionale, che utilizzeranno verso questo scopo le forze popolari e anche conquistando il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità internazionale."
(Manifesto di Ventotene, 2 par. 20, 1941)
Euro è la banca-dati della bibliografia del Federalismo europeo (1776-1998). La denominazione, anche se risulta identica a quella della moneta dell'Unione europea (1999), non è stata una scelta voluta. Nel 1989 era necessario trovare il nome alla banca dati e il limite che allora ci era imposto dall'informatica era di 4 o 6 lettere. In questa lunghezza non potevano essere costruiti nomi significativi, per cui con approssimazioni successive giungemmo, con l'aiuto degli informatici dell'Istituto per la Documentazione Giuridica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Firenze, a definire il nome EURO. Da dieci anni la banca-dati EURO è consultabile in linea ed ad accesso libero sul sito di questo Istituto che ha sede nella città di Firenze (1).
All'inizio di questo lavoro, che ci portò alla redazione della Bibliografia del Federalismo europeo e alla realizzazione della banca-dati, volevamo costruire uno strumento che permettesse di identificare le opere scritte sul Federalismo europeo. Eravamo incerti su quale forma far assumere al nostro lavoro al momento in cui si sarebbe consolidato in una opera strutturata. Infatti anche per noi si poneva la necessità di risolvere il problema della organizzazione delle notizie bibliografiche individuate. Pesava infatti la tradizione storica bibliografica (2) che poneva su piani diversi la bibliografia retrospettiva e la bibliografia contemporanea questa ultima divisa in mille rivoli: cataloghi di case editrici, giornali letterari, bollettini bibliografici, bibliografie contemporanee specialistiche ed altro ancora. Negli anni ottanta, a cui si riferiscono queste riflessioni, il tutto era rintracciabile su fonti cartacee, e pochissime erano le banche dati consultabili (3). Alcune di esse richiedevano costose e sofisticate apparecchiature che venivano poi superate dal più lento ma consolidato strumento cartaceo.
La prima decisione che prendemmo in modo meditato, anche se il pensiero federalista europeo era allora un soggetto trascurato, fu quella di non legarci a nessun catalogo di biblioteca essendo nessuna di quelle che utilizzavamo o dirigevamo, specialistiche nel settore, né tantomeno erano simili ad un modello ideale a cui riportare la forma iniziale del nostro lavoro. Questa prima constatazione altro non era che la prova, ulteriormente confermata, che esperienze bibliografiche collegate alla formazione di una biblioteca come propugnate da Johann Tritheim (1462-1516) (4) o da Konrad Gesner (1516-1565) (5) erano tramontate perché appartenevano alla prima fase dello sviluppo della formazione delle biblioteche su cui non pesava la copiosa produzione editoriale contemporanea figlia ormai lontana e assai trasformata dei mezzi artigianali per la stampa inventati e utilizzati, per la prima volta, da Johann Gutenberg intorno all'anno 1455. Di fronte allo sviluppo esponenziale delle informazioni bibliografiche contemporanee, che nemmeno le bibliografie e le agenzie nazionali riescono a coprire anche se esse operano in paesi con una organizzazione bibliotecaria molto più avanzata di quella dell'Europa, noi non potevamo pensare alla esclusione di alcune fonti di informazione secondarie e limitarci a quelle ufficiali di ogni singolo Stato. Per rispondere a questa esigenza di informazioni capillari e anche assai selettive nacque quello che gli autori della bibliografia hanno soprannominato il "réseau amico". Si tratta di un insieme di biblioteche e di persone disseminate in paesi diversi che in questi anni hanno voluto e imparato a lavorare assieme nello scambio di queste informazioni (6). A questo primo réseau si sono aggiunte le segnalazioni puntuali e sistematiche degli editori che nella promozione delle loro pubblicazioni hanno sempre fatto giungere le notizie sui libri che dovevano uscire, anche per quelli che non avrebbero raggiunto la libreria. Tutte queste informazioni riconducibili alle fonti secondarie, non sono di per sè stesse sicure se non sottoposte ad una ulteriore valutazione del documento che nella forma editoriale e nel contenuto divenne indispensabile per evitare citazioni insicure e la formazione di "fantasmi bibliografici"(7). Per le stesse ragioni il processo di valutazione doveva escludere il passaggio nel nostro lavoro di quelle fatte da altri al fine di evitare l'introduzione in bibliografia di documenti non pertinenti.
Altri problemi si sono sommati a questi come la scomparsa della bibliografia nazionale sovietica Knizhnaia Letopis (8) la quale ha interrotto le pubblicazioni regolari nel 1991 e ci ha reso impossibile utilizzare una bibliografia nazionale in cui erano elencata tutta la letteratura della Russia e degli altri paesi ex sovietici, costringendoci ad utilizzare le catalogazioni della Library of Congress, che in questi anni sono state l'unico valido punto di riferimento per il loro ricupero. Si aggiungono poi altri problemi sistematici. Ci sono differenze catalografiche tra le varie tradizioni nazionali (9). Le norme di catalogazione anglo-americane, comuni a Stati Uniti e Regno Unito, utilizzate da gran parte del Commonwealth, sono differenti in molti significativi punti da quelle italiane o tedesche nonostante la dichiarazione dei Principi di Parigi (1961) (10) ed il movimento di pensiero bibliotecario che ha permesso a questi sistemi di catalogazione una lunga marcia di avvicinamento convergente svoltasi in questi trenta e più anni (11). Il sistema a cui ci siamo dovuti appoggiare è sicuramente quello italiano, temperato da forme di sincretismo catalografico che abbiamo mediato dall'esperienza della Unione europea, la quale è stata un pioniere in queste difficoltà. Si possono citare, a conferma di questo, esempi con diversa intestazione relativa agli Enti. Nei cataloghi sponsorizzati dall'Unione Europea, in cui hanno cittadinanza le lingue ufficiali, vengono fornite le intestazioni degli Enti nella lingua del documento, per cui l'Unione Europea si presenta non solo in lingua italiana, ma anche in tedesco francese e inglese (Union européenne o European Union o Europäische Union). Anche se questo modo, di ordinare le informazioni bibliografiche e catalografiche, scompagina l'ordine alfabetico permette però il ricupero del documento con maggiore facilità perché chi sta effettuando la ricerca è più propenso a ragionare nella lingua del documento piuttosto che sottoporsi a difficili operazioni mentali per individuare e ricuperare da catalogo l'intestazione con la quale l'Ente è stato registrato. Per i nomi e cognomi la loro normalizzazione è stata effettuata secondo le regole (ISO) International Standards Organization recepite dalle Anglo American Cataloging Rules (AACR) e dalle regole del (SBN) Servizio Bibliotecario Nazionale italiano. Una particolare cura hanno richiesto le traslitterazioni dalle lingue non indoeuropee con poche schede cinesi e giapponesi che sono presenti nella bibliografia. Abbiamo dovuto risolvere il problema dei diversi sistemi di traslitterazione oggi presenti nella tradizione bibliotecaria internazionale. Poiché nessuno di noi conosceva il giapponese e il cinese ci siamo avvalsi della competenza dei semantici di varie Biblioteche che, ormai esperti nell'uso delle norme (ISO), ci hanno fornito una traslitterazione sicuramente accettabile a livello internazionale ed uniforme con i principali sistemi mondiali.
Esaminati i problemi preliminari rimaneva però il problema principale che ci poneva l'interrogativo fondamentale. Perché una bibliografia? Se si decideva che questa fosse la forma del lavoro, quale sarebbe stato lo schema di riferimento in cui collocare le notizie bibliografiche raccolte?
Prima di tutto si doveva decidere se il lavoro che si sarebbe effettuato sarebbe stato una bibliografia. Tutti gli studiosi che si trovarono di fronte ad un problema di non conformità del loro lavoro in svolgimento con gli schemi del passato hanno percorso una strada simile alla nostra. Lo studio di un oggetto nuovo del pensiero pone due problemi non scindibili nella pratica e nella teoria. Il primo è relativo all'aspetto oggettivo il secondo rispetto all'atteggiamento del soggetto che pone in essere l'esame oggettivo. Non si tratta come si potrebbe pensare del problema della conoscenza in sé e dell'atteggiamento soggettivo verso la conoscenza che secondo l'insegnamento della filosofia ci conduce sul terreno della epistemologia contemporanea. In vero esso è presente ma la sua soluzione non è necessaria per dei bibliotecari che devono decidere sulla forma di una bibliografia. Il bibliotecario, in questo caso, si trova nelle condizioni dell'ingegnere che deve costruire un sistema ferroviario. Non importa se egli sceglie un sistema progettuale A invece di B. Secondo il suo punto di vista teorico A presenta delle notevoli differenze da B ma le caratteristiche applicative sono sicuramente più conformi per raggiungere gli obiettivi che si è prefisso. Sul piano pratico deve conseguire obiettivi concreti economicamente definiti, con risorse scarse, talvolta troppo scarse, in relazione a quelle umane e finanziarie. Questo ingegnere è colui che sa coniugare questi aspetti teorici con quelli pratici focalizzati al perseguimento degli obiettivi. Se invece di un sistema ferroviario si costruisce uno strumento bibliotecario, il quale si propone di favorire l'allargamento delle conoscenze, ci troviamo di fronte agli stessi problemi. Con premesse di questo tipo abbiamo dovuto progettare e costruire in questo modo lo schema di riferimento illustrato nelle parti che seguono per l'approfondimento della natura del Federalismo europeo.
Lungo questa strada fu necessario, prima di tutto, scegliere tra la costruzione di una bibliografia o di un trattato. Normalmente quando si vogliono divulgare delle idee non ancora ben conosciute si ricorre a una di queste due forme letterarie in cui prende corpo il lavoro scientifico. Il trattato è una esposizione sistematica e completa di tutti gli aspetti del problema sviscerato. La bibliografia invece è un elenco ordinato di citazioni di libri, periodici e autori, in genere si dice di documenti che studiano il problema. Una prima differenza è evidente: in un trattato è inevitabile che l'autore, in un preciso momento di tempo, esprima in modo compiuto ciò che lui ha scoperto su quel problema. In una bibliografia questo non è presente. Se è seriamente concepita e redatta deve essere simile ad un buon sistema ferroviario (12) nel quale i binari permettono di raggiungere tutte le stazioni che sono presenti, indipendentemente dalla concezione dei costruttori. Ossia, nulla vieta che nuove stazioni possano essere introdotte dove prima non erano previste. Una bibliografia è un sistema a funzioni latenti che colui che se ne serve può utilizzare per estrarre da essa delle cose nuove che non erano presenti a coloro che l'hanno redatta. Nel caso del trattato questo è possibile in pochi casi. I trattati, nella maggioranza dei casi, sono strumenti di consolidamento della dottrina dominante e diretti a rimuovere le dottrine di minoranza. Alcuni esempi importanti possono essere ricordati. Le istituzioni di Gaio sono state sostituite nel 533 d. Cr. (13) dalle istituzioni di Giustiniano, opera di ispirazione imperiale diretta ad azzerare il vecchio sistema. Per passare al nostro settore si può dire il Traitè de science politique (14) di Bourdeau è stato a suo tempo la codificazione dei principi del Federalismo americano nella letteratura europea, come Daniel Joudah Elazar con il suo Federal System of the world (15) fu il codificatore delle forme di Federalismo esistenti nel mondo. Tutti questi lavori relativi al Federalismo, che abbiamo ricordato, sono stati strumenti di esclusione dei nuovi processi di investigazione e sono diventati la giustificazione con cui una parte degli studiosi tende ad escludere fenomeni esterni a questi schemi concettuali. In questo contesto, che si è andato a precisare negli anni, ci siamo posti come obiettivo di non escludere, anzi di favorire, lo sviluppo di nuovi percorsi di ricerca. Proprio per queste ragioni abbiamo deciso di redigere una bibliografia.
Sull'altro versante la bibliografia si pone anche in alternativa al dizionario. Un dizionario dei termini o delle forme del federalismo altro non è che una operazione di definizione la quale tende a codificare e a definire la terminologia di un preciso settore con esclusione di possibili significati alternativi. Due esempi recenti quello di Stewart (16) e di Bassani (17) sono per questo illuminanti. Il secondo se viene esaminato dà prova di quanto detto. I significati analizzati e descritti al suo interno non superano le dita di una mano, mentre tutto il resto circa 400 lemmi altro non sono che varianti aggettivali della definizione di Federalismo. Nei contenuti, questi autori non danno al passaggio dalla Confederazione (18) alla Federazione alcuna rilevanza organizzativa in riferimento alla struttura e alla storia della comunità internazionale. Si perde, secondo noi, uno degli aspetti più importanti e originali dell'esperienza europea legata alla realizzazione delle Comunità europee e alla dottrina di Jean Monnet (19) (1888-1978) che considerando indispensabile unificare gli Stati sovrani preesistenti dell'Europa, distrutti dalla seconda guerra mondiale, li trascinò in una forma di organizzazione internazionale sistemica dotandola di caratteristiche federali settoriali. Jean Monnet le chiamò funzioni sopranazionali, neologismo da lui coniato per indicare che quelle funzioni erano una forma nuova di organizzazione che avrebbe dovuto far affiorare problemi dello Stato federale e del governo europeo nella comunità internazionale (20).
I dizionari citati sono di per sè stessi ispirati dalla cultura degli Stati Uniti d'America, nei quali non ci fu una esperienza come il millennio e più del medioevo e l'epilogo disastroso delle due guerre mondiali. Gli Stati americani, dalle 13 colonie iniziali ai 50 Stati attuali, non hanno scritto una storia di sovranità indipendenti e tanto meno hanno realizzato una politica di potenza che si è protratta per più di 5 secoli. Questa impostazione centrale del dizionario pone su di un piano secondario l'esperienza storica di Stati nazionali come la Francia di Filippo II Augusto (1180-1223), né considera la stessa come fondamentale per comprendere la politica di potenza in Europa. Al contrario gli studiosi europei, in questo ultimo scorcio di secolo che conclude il secondo millennio dopo Cristo, hanno maturata, invece, la convinzione che anche il medioevo e questi fenomeni di formazione degli Stati monarchici unitari furono le origini di una esperienza di divisione che ha pesato e tuttora continua a pesare sulla storia dell'Europa.
Di fronte ai risultati di queste considerazioni che, oggi condensati dopo un lungo lavorio e un travaglio intellettuale non indifferente protrattosi negli anni delle ricerca, vengono a provare e a sostenere le convinzioni di allora riconfermiamo la validità della scelta iniziale con la quale decidemmo di volgere i nostri sforzi alla redazione in una Bibliografia del Federalismo europeo. Raccogliere una bibliografia sul "soggetto" individuato implicò l'esistenza di un accordo sulla definizione del tema e questo ci condusse ad una determinazione univoca del campo bibliografico (21). Ci pare importante far rilevare che all'interno della bibliografia valgono gli stessi concetti che sono stati sviluppati nelle le scienze sociali in relazione alla weltanschauung (22), la quale ci ricorda come ognuno di noi porti sulle sue spalle l'esperienza che ha maturato nel contesto storico in cui vive e quindi veda i fatti e le idee nella sua prospettiva. Per la comprensione di questi meccanismi di ragionamento è stato assai importante l'apporto della Psicologia che ci ha insegnato che il vissuto personale è determinante nella formazione di quelli che sono gli schemi concettuali di conoscenza (23). Per questo nessun uomo è esente da distorsioni personali che si manifestano quando dalla descrizione dei fatti si passa alla loro interpretazione. Basta ricordare a sostegno di questa, ormai non controversa verità, le diverse interpretazioni delle parti durante il contraddittorio nel processo, che sono simili a quelle che gli storici hanno sullo stesso fatto che stanno esaminando. Fu così che nei primi decenni di questo secolo, in particolare nel clima dello Storicismo (24) nacque la convinzione che la visione scientifica della realtà rendesse impossibile alle scienze storico-sociali fornire una visione scientifica di questa che godesse delle tre grandi regole galileane, ormai affermate nelle scienze chimico-fisiche: condizioni controllate di partenza, conoscenza delle leggi di svolgimento della dinamica del fatto, riproducibilità di esso in altri contesti sulla base della invariabilità delle prime due proprietà. In questo contesto si collocò l'opera metodologica di Emile Durhkeim (1858-1917) Les règles de la la méthode sociologique (25), il cui scopo era di introdurre nella Sociologia e nelle Scienze sociali delle regole simili a quelle elaborate per le scienze fisico-chimiche. Su questo tentativo si espresse negativamente una parte dei filosofi storicistici i quali sostenevano l'impossibilità di questa operazione. Altri arrivarono, pochi anni dopo, a condannare tutto questo sforzo metodologico perché giudicato irrazionale. I primi affermavano che la visione del mondo soggettiva non poteva essere ricondotta ad una visione controllata e condivisa da altri. Per loro non era concepibile la costruzione di modelli della realtà e quindi le operazioni e gli sforzi metodologici per la loro costruzione erano vani. Per altri, legati al marxismo, la critica a questa posizione si basava sulla dottrina socioeconomica. Per questa seconda scuola può essere citato Gyorgy Lukacs (1893-1947) (26) come il più completo rappresentante di questo pensiero che diventerà la posizione ufficiale del marxismo sulle scienze "borghesi" nel periodo di tempo che va dalla fine della prima guerra mondiale alla sua sconfitta politica nel 1989.
Al fine di non essere imprigionati da queste discussioni filosofiche, abbiamo cercato una soluzione a questi problemi rivolgendoci alla esperienza e ai risultati ottenuti da grandi bibliotecari che ci avevano preceduto, al fine di delineare uno sviluppo e soluzioni accettabili che avrebbero, nelle intenzioni di allora, dovuto sostenerci in tutti questi anni. Il discorso che segue è la sintesi dei ragionamenti e delle esperienze di allora. Per nostra comodità dobbiamo intendere la bibliografia, modernamente, come elenco di testi o di documenti esistenti che il bibliotecario vuole redigere. Anche se l'iconografia storica ha contribuito a falsare l'immagine di alcuni di questi personaggi e delle loro opere, possiamo dire che il loro modo di concepire la bibliografia era molto vicino a questa definizione.
Se ci inoltriamo in un percorso storico incontriamo l'Abate Johann Tritheim (1462-1516) che nel suo Liber des scriptoribus ecclesiasticis (27) (1494) ci fornisce notizie biografiche di circa un migliaio di autori con un corredo di circa settemila opere nella forma in cui oggi si presentano le bibliografie ragionate. Si tratta di un elenco cronologico di tutti gli autori che hanno scritto sulla Chiesa e in favore dello sviluppo della fede. Accanto ad autori ecclesiastici, che per i più illustri sono corredati di una biografia completa, si aggiungono anche opere di laici che secondo l'autore hanno contribuito ad accrescere la conoscenza della Chiesa. Ritroviamo in questa citate alcune opere in latino di Francesco Petrarca e di Giovanni Boccaccio, a prova dell'apertura dell'autore a scrittori non ecclesiastici che hanno scritto per la diffusione della fede.
Altro illustre esempio da citare è Giovanni da Nevizzano (n.c. - 1540) che redasse: L’Inventariorum librorum in utroque iure hoctenus impressorum (28) (1522), una bibliografia che nella sua prima edizione raccoglieva la citazione di un migliaio di libri che permettevano a colui che la utilizzava di accedere ai trattati fondamentali per la conoscenza nel diritto canonico e civile. Come l'opera di Tritheim era provvista di un indice questa ne era priva. Furono necessari, secondo quanto scrive l'autore, molti anni di ricerche e studi con lungo peregrinare per diverse città visitando biblioteche ecclesiastiche e palatine di notevole importanza in Roma, Venezia, Padova, Bologna, Milano, Pavia, Torino, Lione per redigere e illustrare i principali temi giuridici. Il suo successo fu duraturo. Nel 1525 fu ripubblicata a Venezia e morto l'autore nel 1540 riapparve nel 1555 in una edizione ampliata e migliorata da Giovanni Battista Ziletti, quale seconda parte di un lavoro che nella prima parte presentava le biografie dei giuristi illustri partendo dall'antichità sino a giungere ad Irnerio ed Accursio. I due autori coinvolti nello svolgimento dell'opera presentano un comune intento: elencare tutte le opere che permettono al fruitore di accedere alla conoscenza del diritto canonico e di quello civile.
Passando ora ad uno degli illustri padri della Bibliografia moderna Konrad Gesner (1516-1565), noi scopriamo che il suo grande lavoro la Bibliotheca universalis (29) (1545), era diretta a presentare un modello di quello che doveva essere lo strumento primario per conservare la conoscenza umana, minacciata dalle orde barbariche dei Turchi, che in quel periodo avevano distrutto la Biblioteca di Re Mattia Corvino a Budapest, e per colmare le perdite di libri che avrebbero potuto accrescere le già note e sofferte privazioni di testi dell'antichità. Le opere segnalate sono 12.000 diventarono 15.000 con l'edizione dell'appendice (1555). Seguirono poi i cataloghi tiphograforum e scriptorum mediante i quali si potè giungere ad individuare tutto il réseau dal quale si traevano nuove informazioni per superare i limiti di tempo che l'opera inevitabilmente portava con sè. Così può essere sintetizzata con le sue stesse parole lo scopo del suo lavoro: "omnibus [scriptoribus] sine ullo professionis, religionis, docrtinaeve discrimine simpliciter iuxta ordinem literarum commemoratis". A questa apertura verso tutti gli scrittori senza discriminazione alcuna si contrappose la posizione di Padre Antonio Possevino (1534-1611) autore gesuita post-tridentino di una Bibliotheca selecta (30) quale strumento di una precisa scelta ideologica diretta ad escludere gli autori riformati da qualsiasi forma di consultazione e di studio. L’opera in questione altro non era che uno strumento di sottomissione di tutto il sapere alla Teologia di S. Tommaso, secondo i canoni dell'insegnamento ecclesiastico deliberati dal Concilio di Trento. Ci troviamo di fronte ad una bibliografia tipicamente classista che indica alcuni libri esclusivamente per i figli dei Principi, mentre altri solo per gli ecclesiastici. Al suo interno si stabilirono precisi itinerari formativi adatti per diverse categorie di persone con il preciso scopo di tenerle lontane dalle idee e dalle dottrine dei protestanti e di tutti coloro che erano stati iscritti nell’ "indice" della Chiesa Cattolica.
Passiamo ora alla Bibliografia politica scritta a Cervia in Italia nel 1633 da Gabriel Naudé (1600-1653) (31), bibliotecario parigino del cardinale Mazzarino, che ci fa scoprire un metodo redazionale utile per illustrare il nuovo, per allora, settore disciplinare della "politica" anche se egli la redasse senza disporre di una biblioteca e degli strumenti catalografici necessari per controllare le citazioni. Naudé utilizzò l'esposizione ragionata delle opere che secondo lui erano necessarie per lo studio della nuova disciplina al fine di creare un percorso principale con altre successive e talvolta nascoste ramificazioni che portavano alla conoscenza del tema.
A questi illustri esempi si deve ora collegare il modo di porsi del bibliotecario. Negli anni intorno alla seconda guerra mondiale uno studioso ungherese Karl Mannheim (1893-1947) (32) decise di approfondire i problemi dell'atteggiamento soggettivo della conoscenza. La branca della Sociologia, quella della conoscenza, da lui inaugurata è stata prolifica di nuovi frutti. Oggi conosciamo che l'atteggiamento aperto, come quello praticato dai grandi bibliotecari ricordati, è la base per escludere nel lavoro scientifico un atteggiamento soggettivo conservativo di cui l'esponente più cosciente è certamente Padre Antonio Possevino. In secondo luogo se intendiamo uscire da una posizione soggettiva ideologica in cui la "falsa coscienza" (33) non ci permette di distinguere i fatti dai valori è necessario lavorare per la costruzione di un modello che nelle scienze sociali come nella biblioteconomia coincidono con l'impostazione teorica weberiana della conoscenza e del metodo (34). Anche se di anni più tardi nella biblioteconomia questa impostazione si ebbe per l'opera di Jessy Hauk Shera (1909-…) (35), il quale coniugò l'esperienza teorico weberiana con la biblioteconomia. Alla luce di queste linee direttive possiamo affermare che anche la redazione di una bibliografia del Federalismo europeo deve essere in concordanza con questa impostazione teorica per rendere le sue valenze latenti presenti ed impedire ad elaborazioni soggettive di influenzare in modo intollerabile l'impianto concettuale (36).
Quindi nel settore delle scienze storico-sociali e giuridiche, redigere e progettare un piano per la costituzione di una bibliografia richiedeva e richiede coscientemente o inconsciamente la scelta di un tipo-ideale o modello il quale funga da strumento selettivo e da orientamento della letteratura al fine di garantire coerenza e organicità alla collezione di dati bibliografici che si intende realizzare.
Infatti dopo Max Weber (1864-1920) (37) è ormai normale introdurre nel discorso disciplinare dei modelli e su questi misurare la consistenza filosofica, epistemologica e pure ideologica, nella prassi costante di analisi della realtà (38). Sul terreno giuridico-istituzionale, poi, l'esame dei dati concettuali in rapporto ai dati fattuali sta diventando sempre di più la metodologia corrente seguita da studiosi del diritto pubblico perché aiuta ad investigare ulteriormente la realtà sociale su cui poggiano queste istituzioni (39).
A questa problematica, quindi, non sfugge neppure la Bibliografia del Federalismo europeo: 1776-1998, per la redazione della quale gli autori hanno dovuto scegliere ed esaminare un modello che doveva scaturire da uno studio puntuale delle diverse interpretazioni contemporanee del Federalismo. Compito primario fu quello di confrontarsi con queste varie definizioni del Federalismo e di scegliere l'ideal-tipus che a loro giudizio era il più completo per la interpretazione del pensiero federalista.
PARTE PRIMA
TEORIA E ASPETTI DEL MODELLO DEL FEDERALISMO
1. Le diverse teorie del Federalismo
Nel Maggio 1973, in Milano a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, il Prof. Norberto Bobbio concluse così la sua prolusione per la celebrazione dei 30 anni dalla fondazione del Movimento Federalista Europeo (M.F.E.): "I motivi ispiratori della Resistenza europea si possono disporre su tre livelli: secondo che si consideri la guerra di liberazione nazionale in nome dell’indipendenza, come guerra contro il Fascismo e in genere contro il dispotismo in nome della democrazia, come guerra per un nuovo assetto sociale contro ogni tentazione di restaurazione dell’antico regime. L’ideale federalistico si pone a questo terzo livello: la resistenza non come restaurazione ma come innovazione. La resistenza che deve insieme chiudere e aprire, distruggere per costruire, essere negazione non in senso formale ma in senso dialettico. che non deve limitarsi a vincere il presente ma deve inventare il futuro. Il Federalismo fu, ed è tuttora, una di queste invenzioni storiche. Per questo è legato a quel momento creativo della storia che fu la Resistenza europea" (40).
In questa definizione sono riscontrabili alcuni tratti tipici del Federalismo europeo quali: 1) il posizionarsi del Federalismo europeo fra le ideologie della Resistenza europea che lottano per il superamento degli stati nazionali verso la fondazione di una solida unità internazionale su base federale; 2) negazione, nella dialettica politica, delle vecchie aporie che tendevano a cristallizzare in vecchie forme politiche le forze della innovazione all'interno e attraverso i singoli stati; 3) la natura di invenzione storica che da un lato raccoglie la teoria classica del Federalismo e la sposa con elementi dell'ideologia per farne uno strumento direzionale del pensiero e della lotta politica.
Di qui la necessità di riflettere sui vari modelli delineati di Federalismo in senso generale e particolare per capire il contesto teorico in cui si colloca la filosofia federalista.
Prima di tutto si tende a distinguere la teoria federalista su due piani: quello statico e quello dinamico.
Sul piano statico il Federalismo tende a coincidere con la definizione dello Stato federale delineato da Hamilton nel Federalist (41) che secondo l'insegnamento di Mario Albertini (1919-1997) è lo spartiacque per distinguere fra Stato federale e Stato confederale. Lo Stato, secondo Hamilton, è federale quando non è più subordinato ai singoli stati che lo compongono, e diventa titolare di una sovranità concorrente a quella dei singoli Stati federati come di poteri definiti e concorrenti con quelli degli Stati federati.
Questo modello realizzato con varianti è il punto di sicuro riferimento giuridico-costituzionale a cui si riferiscono tutti i modelli di Stato federale esistenti nel nostro pianeta. Oggi, infatti, si può dire che un terzo del genere umano vive in federazioni di questo tipo e che la nascita di organizzazioni a vocazione universale quali l'O.N.U. siano la risposta alla esigenza di unità politico-costituzionale di tutta l'umanità.
Questo profilo costituzionale, che trova negli Stati Uniti d'America, la sua realizzazione più raffinata, rispetto ad altre quali l'India, l'Australia o il Canada, diventa un modello primario perché è stato per più di due secoli un punto di riferimento di tutti i movimenti federalisti che hanno rivendicato l'unione federale dell'Europa. Quando si parla di teoria classica del Federalismo, nella forma più comune, quindi, si fa rifermento al modello hamiltoniano dello Stato federale come scaturisce dall'insegnamento del "Federalist". Di qui la nozione di modello statico accompagnata dalle critiche di inadeguatezza per spiegare le dinamiche del mutamento sociale e la non cristallizzazione della lealtà dei cittadini. Questa ultima, poi, è sempre generata in modo uniforme, dallo stanziamento degli stati nazionali.
La prima critica a questo modo di formulare il Federalismo è rintracciabile in Francia con Proudhon (42) e trova degli epigoni nei federalisti dell’ "Ordre Nouveau" (1931-1938) (43) che in Parigi, a ridosso e durante la seconda guerra mondiale, concepirono il Federalismo integrale nella sua più alta formulazione. La sua esposizione, anche se risale alla fine del primo dopoguerra, è una risposta totale ai problemi del nostro tempo caratterizzati dalla internazionalizzazione delle forze produttive, inadeguatezza dello Stato nazionale, oppressione dell'individuo, mancanza di libertà e di democrazia, rifiuto dell'anarchia che governa la comunità internazionale mediante l'uso della forza, la crisi delle civiltà in particolare quella europea minata dalla prima guerra mondiale, ecc…. Contro le ideologie totalitarie "Fascismo" e "Comunismo" rivendica il rigenerarsi delle organizzazioni intermedie fra l’individuo e lo Stato (44). Nella forma così definita, il Federalismo diventa la strada per la dissoluzione dello Stato nazionale. Attraverso il principio di autonomia diventano soggetti politici i Comuni, le Regioni, i Departements, i Länder e tutte le altre realtà intermedie aventi forma di istituzione territoriale (45), e quelle istituzioni, organizzazioni di base, gli stessi partiti, i sindacati, le imprese possono, così autogovernarsi. Il risultato è il superamento dello stato autoritario accentrato. L’applicazione, poi, del principio di cooperazione fa in modo che non restino isolate fra di loro, ma collaborino alla soluzione dei loro problemi comuni. Applicando il principio di sussidiarietà è possibile risolvere ogni problema al livello più basso e portare le decisioni al livello degli interessati. in ultimo l'applicazione di un modello costituzionale federale classico, coordinando a diversi livelli le varie organizzazioni, permette di governare il nuovo Stato al riparo delle forme accentrate e dittatoriali.
Nonostante la crisi degli Stati europei determinata dal loro crollo dovuto alla seconda guerra mondiale, questi federalisti non riuscirono a trasformarsi in movimento politico perché continuarono a privilegiare come obiettivo primario l'affermarsi della disgregazione dello Stato nazionale invece di partecipare alle lotte per la fondazione della Federazione europea. Alcune considerazioni devono essere fatte. Da un lato l'aspetto del Federalismo integrale fu positivo perché mise in luce l'inadeguatezza del modello hamiltoniano nello spiegare e definire gli obiettivi interni del Federalismo. Dall'altro esso esprimeva una posizione negativa per il fatto che non aveva accolto la lezione storica del fallimento dei Girondini e del Proudhonismo i quali avevano sperato di piegare lo Stato nazionale a una nuova realtà incompatibile, dal punto di vista storico-politico, senza che dovesse passare per il suo superamento. Dal punto di vista teorico, l'assunzione del modello di Federalismo integrale vanifica la distinzione fra Federalismo e Confederalismo elaborata da Hamilton e rende impossibile distinguere gli elementi confederali da quelli federali (46).
Sulla stessa linea, di critica al modello hamiltoniano, si colloca il Federalismo economico e il New Federalism, varianti di un atteggiamento disgregativo che trova i suoi padri fondatori in Thomas Jefferson e giunge sino a Ronald Reagan, il cui terreno di sviluppo è il Federalismo degli Stati uniti d'America. Da una parte si combatte l'accentramento e lo strapotere del Governo federale, mentre dall'altra si sostiene che le grandi concentrazioni economiche (le Società per azioni giganti) sono progressive perché bilanciano questo strapotere del Governo a patto che esse non sottomettano i Governi dei vari Stati federativi. Tutti gli autori e i sostenitori di questa dottrina propugnano una legislazione antimonopolistica severissima. Ne consegue che lo Sherman Act e tutte le leggi anti-trust, in cui gli Stati Uniti d'America furono maestre, assieme al decentramento di potere, del decennio reganiano, e si concretizzarono in risposte al processo di accentramento progressivo del potere nel Governo federale U.S.A. a seguito dello scoppio della prima guerra mondiale e dello svilupparsi della sua politica di potenza (47).
Due sono le conseguenze all'affermarsi di questo modello anche in Europa. Pensare di ridurre il Federalismo ad un modello solo economico, che lasciando intatte le istituzioni, trasferisse i poteri dello Stato a nuovi centri economici i quali li esercitassero senza le attribuzioni dello Stato era mitizzare il ruolo delle imprese senza considerare che l'uso del potere politico aveva una ulteriore natura molto più ampia di quella del potere imprenditoriale. Questa dottrina prese il nome di Federalismo corporativo. Da un secondo punto di vista, sempre sulla spinta di questa economizzazione del Federalismo, si venne facendo largo la dottrina dei pre-requisiti che ci ricordavano come lo Stato federale non potesse essere instaurato se non dove le forze produttive si fossero internazionalizzate e avessero tagliato trasversalmente gli Stati. Era necessaria, pure, la contiguità territoriale, senza la quale, (vedi l'O.N.U.), non era possibile aprire un processo costruttivo. Si richiedeva la forma democratica dello Stato, considerando che una dittatura non potesse conciliarsi con Federalismo.
Di fatto, tutte queste intuizioni non producevano nessun modello unitario perché rimanevano slegate fra di loro e non davano nessuna alternativa al modello hamiltoniano. Solo alla fine degli anni ‘50, Mario Albertini nel celebre saggio "La decadenza del Federalismo negli Stati Uniti" (48) già ricordato, dimostrò come l'anarchia della Comunità internazionale fosse il motore della trasformazione in senso non federale del modello hamiltoniano, provando con un dettagliato escursus storico, il progressivo accentrarsi del potere nel Governo federale U.S.A. per rispondere a due guerre mondiali, in cui gli Stati Uniti d'America furono trascinati a forza, e ai problemi del bipolarismo dei blocchi unito alla guerra fredda.
Una prima conclusione è d'obbligo: Se attorno al modello Hamiltoniano ruotano i modelli del Federalismo integrale, del Federalismo economico e del New Federalism, possiamo affermare che tutti questi approcci hanno in comune il vizio di non conoscere, ne considerare con la dovuta importanza i processi storico sociali che alimentano le istituzioni federali. Manca, quindi, una visione della dinamica politica e sociale su cui poggiano le istituzioni.
Passiamo ora al modello dinamico del Federalismo. Il suo principale teorico è Carl Joachim Friedrich (49). Fatte proprie le osservazioni e le critiche al modello statico Friedrich posiziona la sua teoria fra la dinamica sociale e le istituzioni federali classiche. Parte dalla nozione sociologica di anomia (50) per definire il mutamento politico-sociale come la non corrispondenza dei valori alle istituzioni che ne permettono la realizzazione nella vita politico-sociale. Per cui il processo federale, come egli lo ha chiamato, può realizzarsi sia come disgregazione di una struttura statale unitaria, sia come processo di integrazione fra realtà autonome che non sono, per Friedrich, necessariamente degli Stati. Il processo di integrazione è quindi possibile fra le imprese, le Chiese, gli organi territoriali ecc... Friedrich, in questo modo, ricupera la migliore dottrina hamiltoniana e lo stesso Federalismo integrale. In questo modello è contenuta una importante verità: che solo conoscendo i processi storico-sociali si possono determinare le istituzioni. Ma, al contrario, vi è pure una non verità. Non è sicuro che un processo di integrazione, vuoi economico (es. CEE), vuoi politico (es. O.N.U.), porti inevitabilmente alla realizzazione di una federazione (51). Se da una parte si inizia con istituzioni e processi politici esistenti, il modello di Friedrich, da solo, non ci tutela dalla possibilità di andare fuori strada. In questa ottica si colloca il funzionalismo europeo e più di quaranta anni di storia della Unione Europea sono una prova più che sufficiente della inadeguatezza di questo modello per raggiungere da solo una buona definizione del Federalismo.
Ultimamente nella letteratura americana sono state pubblicate delle opere sul Federalismo in generale e la più importante è sicuramente quella di Daniel J. Elazar Exploring federalism (52). In questa opera l'autore si colloca in una posizione evoluzionista rispetto all'insegnamento di Friedrich, al punto da tipizzare le forme del Federalismo e proporre una teoria suggestiva del Federalismo che viene definito il federalismo a matrice. Questa ultima teoria altro non è che la teoria della composizione dei poteri, sia locali sia del governo federale secondo le necessità storiche. Per Elazar non è necessario che siano presenti tutte le componenti istituzionali per essere nel Federalismo, basta che alcune di queste istituzioni ci conducano in una situazione di autonomia territoriale costituzionalmente garantita.
Secondo noi questa teoria porta al suo interno un pericolo interpretativo. Se questa regola viene applicata in modo generalizzato, anche il decentramento amministrativo separatista viene legittimato e con esso la possibile disgregazione delle unità esistenti in unità molto più piccole, le quali ci conducono verso equilibri precari storicamente superati. Non è possibile sostenere che il Federalismo è la dottrina della riunificazione del "genere umano" mentre in essa viene teorizzata l'ulteriore frazionamento delle unità politiche esistenti. Il Federalismo come si presenta oggi per l'Europa è una prova del grande sforzo di unificazione democratica necessario per il superamento degli Stati nazionali. Una volta costruita la Federazione europea, sarà possibile, e crediamo che sarà anche costituzionalmente garantito, creare delle unità diverse da quelle interne agli Stati nazionali che l'hanno formata. Due sono le strade politiche che si presentano in questo caso: la prima diretta ad escludere la possibilità di costituire uno Stato composto superiore a quelli primari (53) o la seconda che cerca di costruire un insieme coerente di comportamenti che ci conduca alla costruzione progressiva di una nuova unità politica superiore a quelle preesistenti. Nel primo caso ci troveremmo nelle condizioni politiche di coloro che escludono l'esistenza del Federalismo e che teorizzano il frazionamento in diversi Stati delle unità politico-statuali esistenti. Nel secondo, invece, si percorre una strada che ha come matrice un movimento politico simile a quello sviluppatosi dal Manifesto di Ventotene (54) in poi che attraverso comportamenti convergenti tende alla costruzione della Federazione europea. Noi riteniamo che questa seconda via sia quella che può essere definita la via costituente per la federazione europea.
2. L'ideal-tipus del Federalismo
Per comprendere il modello o tipo-ideale del Federalismo bisogna ripercorrere per grandi linee l'evoluzione che il pensiero federalista ebbe dallo scoppio della seconda guerra mondiale ad oggi.
Con Altiero Spinelli (1907-1986) e la pubblicazione del Manifesto di Ventotene (55) venne a delinearsi una nuova teoria ispiratrice dei comportamenti politici. Per Spinelli fu primaria la lezione hamiltoniana sulla fondazione dello Stato federale e del processo democratico costituente che ne derivò. Questa dottrina mediata da Einaudi e da Federal Union, il primo movimento federalista inglese, fu la prima linfa vitale per lo sviluppo del Federalismo europeo (56). Allo stesso modo la dottrina del Federalismo si fondò sul concetto di crisi dello Stato nazionale e nella dialettica del suo superamento, si collocò in un punto di vista più alto che proponeva come soluzione della crisi dello Stato nazionale la necessità di trasformare l'organizzazione dell'Europa da insieme di Stati in uno Stato federale. Pure, a seguito della fondazione del Movimento Federalista Europeo a Milano (27-28 agosto 1943), il Federalismo fu concepito come la teoria ispiratrice di un nuovo comportamento politico e di una nuova lotta politica, autonoma, dal quadro del potere nazionale e dai partiti esistenti in ciascun Stato. Lo spazio, per questa azione politica, venne generato dalla crisi degli Stati prodotta dalla seconda guerra mondiale, che si trasformò da crisi storica in crisi politica.
Si rovesciò, così, il punto di vista dei partiti nazionali per cui eguaglianza, giustizia sociale e pace dovevano essere obiettivi da conquistarsi prima sul piano nazionale per poi essere estesi al piano internazionale. Per Spinelli, il Federalismo, lo Stato federale e la pace furono le premesse e non la conseguenza del processo politico che doveva condurre ad una nuova unità internazionale (57). Di qui, la via maestra seguita da Spinelli per raggiungere la costituzione della federazione europea. Un primo tentativo per la C.E.D.-C.E.P., naufragato nel 1954 con il voto contrario dell'Assemblea francese, fu seguito da un secondo, poco prima della sua morte, con il Progetto di trattato dell’Unione Europea, approvato dal Parlamento europeo il 14 Febbraio 1984. L'azione si arenò però nel 1986 con la firma da parte degli Stati dell'Atto unico (Gennaio 1986) (58).
Con la guida di Mario Albertini (1919-1997) si giunse alla formulazione completa del modello del Federalismo europeo. Da un lato fu soddisfatta l'esigenza che questo fosse utile alla lotta politica, e diventasse uno strumento per l'orientamento di questa, manifestando la sua natura ideologica e mobilitasse l'adesione attiva di persone con estrazione sociale differente, lingua, religione e culture diversissime. Dall'altro, coesistente con quel di mistificato che l'ideologia porta con sé, si presentò come strumento scientifico per conoscere la realtà.
Albertini fece ampio uso di apporti teorici derivanti da varie discipline, mentre non rifiutò l'esperienza spinelliana. Col materialismo storico, inteso come teoria che considera l'evoluzione del modo di produrre determinante del corso storico, indagò la struttura storico-sociale e l'influenza dell'automazione (59). Alla verità che l'automazione riducendo la quantità di lavoro necessaria alla riproduzione fisica dell'uomo, creò e crea le condizioni per una ulteriore abbondanza dei beni materiali, egli collegò la scelta teorica di prevedere il superamento della lotta di classe nell'affermarsi di nuove forze di solidarietà sociale nelle comunità.
Con la teoria della ragion di stato (60), intesa come teoria della politica internazionale nella fase dell'anarchia internazionale, riuscì ad identificare la ragione del prevalere nello Stato nazionale della politica per la difesa e la sicurezza militare, su ogni altro valore. Riuscì, in questo modo, ad inserire la lezione, di Lionel Robbins (61) e di Lord Lothian, nella dinamica internazionale proponendo in alternativa lo Stato federale come unica soluzione per il superamento dell'anarchia internazionale e della legge della forza, solo modo, ancora oggi praticato da tutti gli Stati, per derimere le controversie, nonostante vari sistemi di composizione pacifica adottati da tutti quelli che hanno scelto di far parte di varie organizzazioni internazionali (62).
Con la nozione di ideologia (63), quale forma che assume il pensiero nella sfera della politica, riuscì a proiettare verso il futuro la dimensione della società e delle istituzioni federali assumendo, da un lato, non solo, il valore del modello di per se stesso, ma pure quello di obiettivo politico a cui far tendere tutto il processo e la lotta attuata e perseguita dal Movimento Federalista Europeo.
Con l'insegnamento di Albertini il Federalismo assume definizione di ideologia ed esplica le funzioni duplici di un modello conoscitivo della realtà e di un modello-valore ultimo per lo svolgimento della lotta politica. In una sua celebre opera, ormai classica (64), definì per la prima volta questo modello formato da tre piani.
Sul primo, quello più alto, si collocò l'aspetto di valore sul quale il federalismo si identificò con la pace, allo stesso modo in cui il movimento democratico valuta la conquista dell'elettorato attivo individuale, o il liberalismo la libertà, il socialismo la giustizia sociale. Con il ricupero dell'insegnamento di Immanuel Kant, la pace diventò il valore cardine su cui poggiarono i valori della democrazia, della libertà e dell'uguaglianza, come tutti gli altri valori, già punto di riferimento e fine di altre dottrine politiche.
Nel pensiero occidentale, come abbiamo scritto prevalse l'impostazione che il valore della pace era derivato dalla giustizia sociale interna allo Stato. Il pensiero di Kant per questo fu considerato utopico perchè era in netto contrasto con quella che era l'esperienza storica dell'Europa, o meglio degli Stati nazionali di cui era composta l'Europa. Ad una analisi attenta dello Stato nazionale, come esposta da Mario Albertini, non può sfuggire la conclusione che la subordinazione della pace ad altri valori altro non è che l'affermazione della forza dello Stato nazionale, il quale attraverso la sua politica di divisione dell'umanità, realizzata attraverso la diversità linguistica, scolastica, scientifica e tecnologica, impedisce l'emergere di una coscienza di eguaglianza tra i popoli di Stati diversi. Questo terreno quindi divenne, e lo fu per secoli, "umus" fertile per il germinare di guerre che furono combattute nel nostro continente dalla caduta dell'Impero Romano d' occidente sino alla fine della seconda guerra mondiale (476 d. Cr. - 1945 d. Cr). La colpa più grande, se questa storia politico-istituzionale può essere chiamata in questo modo, sta nel fatto che attraverso la colonizzazione prima e il processo di decolonizzazione dopo gli Stati d' Europa hanno esportato questo modello nel resto del mondo talvolta sostituendolo a realtà politiche locali esistenti e operanti. La mancanza poi di conoscenze di altri popoli e della loro storia, a causa della concezione eurocentrica della storia del mondo (65), impedì per lunghissimo tempo che alla coscienza europea si affacciasse l'ipotesi che ci potessero esistere realtà politico-sociali che si reggevano su altri valori.
Partendo dal valore della pace intendiamo presentare un fatto storico che riteniamo prova di quanto scritto da Kant alla fine del secolo dei lumi. In India nel III secolo avanti Cristo si formò uno dei più importanti imperi della sua storia: l'impero Maurya.
Uno dei suoi imperatori Ashoka (274 a. Cr.), figlio di Bindusara e nipote del conquistatore Chandragupta; si trovò dopo alcune lotte per la successione a governare un territorio che coincideva con la penisola Indiana, oggi divisa fra Nepal, Pakistan, India. Rimaneva fuori della sua giurisdizione solo una piccola porzione vicina al Capo Cormorin. Ashoka, dopo aver sconfitto i ribelli Kalinga (odierno Orissa) che non volevano riconoscere la sua sovranità, ebbe un repentino cambiamento. L'imperatore pensò che non tutto il potere terreno doveva essere ridotto all'esercizio della forza, ma che era anche possibile governare secondo altri principi (261 a. Cr. circa). Fu la scoperta della dottrina buddista (66) e i riferimenti al sovrano saggio che furono la sua ragione di illuminazione. Se noi leggiamo l'editto III che ci ha lasciato scritto su una delle grandi colonne di pietra che ha disseminato ai confini dell'impero vi leggiamo: "I Kalima furono conquistati da me, sovrano caro agli Dei; ma centocinquantamila persone furono deportate, centomila furono uccise, molte di più andarono disperse. In seguito nacque allora il rimorso nel cuore del sovrano perchè la conquista porta con se uccisione e lacrime..."
A queste affermazioni fanno seguito le dichiarazioni di eleggere la pace come supremo valore della sua condotta di governo e di promuovere la formazione nelle strutture sociali e in quelle dello Stato della "ahimsa" quella che poi Gandhi definirà la via dell'amore. Questo sarebbe assai poco e potrebbe essere interpretato come un pentimento e nulla più. Ma non fu così. Ashoka decise di impostare la sua politica di governo secondo questi principi, che lui coltivava diventando egli stesso monaco buddista, favorendo l'espandersi in tutta l'India della fede buddista. Molte ore, per tutti i suoi quaranta anni di regno, egli passò a rendere giustizia ai suoi sudditi. Sviluppò una burocrazia così legata a questi principi da essere considerata efficiente e ligia al sovrano allo stesso modo con cui serviva il popolo. Con i suoi editti egli stabilì liste di animali che avevano la vita protetta, insistette per la diffusione delle virtù morali: obbedienza ai genitori, bontà verso gli inferiori, generosità per gli amici, rispetto per i religiosi. Per tutti questi anni Ashoka non fece una guerra, anzi sviluppo una politica della pace e della tolleranza anche religiosa che si collegava alla manifestazione dei principi del buddismo anche verso altri regni come quelli costruiti dagli eredi di Alessandro Magno in Medio Oriente e in Egitto (Antioco II di Siria, Tolomeo II d'Egitto, Magas di Cirene, Antigono Gonata di Macedonia e Alessandro d' Epiro). Il buddismo divenne per impulso di Ashoka la religione dominante dell'India permeando di sè tutte le classi sociali e tale fu la sua influenza che si estese dall'India a tutto l'estremo oriente sino al VI secolo dopo Cristo quando in India esistevano diversi regni e il più potente era il regno Gupta.
Questo fatto storico prova che in altre culture e in altre dimensioni religiose diverse dalla nostra, sono rintracciabili esperienze politiche di pace in un mondo dove ancora gli imperi non erano stati colpiti dagli strali dell'illuminismo. Ora ci pare importante sottolineare il fatto che la prevalenza del valore della pace non è solo una invenzione del Federalismo europeo esso è comune a tutti coloro che si sono battuti per la causa della promozione umana e della fine dei conflitti sia fra Stati, come tra gruppi interni di un singolo Stato.
Richiamiamo qui alcune delle figure più significative di questo pensiero che ha insegnato all'umanità due grandi verità: 1) che gli uomini sono tutti fratelli, 2) che le ragioni di conflitto non si possono risolvere con la forza ma bisogna eliminare alla radice le cause che alimentano lo stesso conflitto. Uno di questi grandi uomini che mise la pace alla base della sua politica fu Mohandas K. Gandhi (1869-1948) (67), che gli indiani chiamano il Mahatma, la grande anima, la sua azione politica per l'India fu impostata secondo questi canoni e rivolgendo lo sguardo al valore della pace. Per Gandhi la "aimsha" o via dell'amore è una conquista giornaliera dell'uomo contro la sua natura e una mancanza di coscienza di quelli che sono le sue reali possibilità. Egli mette ogni opera dell'uomo, se fatta con amore, nelle mani di Dio e attraverso la politica della non violenza cerca di far progredire la condizione umana. Altra figura che si pone su questo piano è il segretario dell'O.N.U. Dag Hammarskjold (1905-1961) il quale non fa mistero di non favorire una politica della potenza per rendere pacifici i rapporti fra gli Stati, ma di favorire e incoraggiare una politica internazionale impostata sul "perdono". Secondo Hammarskjold solo attraverso il perdono (68), dato da un popolo di uno Stato a quello di un altro, si fanno esplodere le ragioni del risentimento e le recondite voglie di vendetta. Allo stesso modo e sullo stesso piano si pone anche Martin Luther King (1929-1968) (69), leader del movimento dei neri d'America nell'età di John F. Kennedy, il quale non fece mistero di desiderare una società americana in cui il colore della pelle non fosse più la base del razzismo ma ragione di riconciliazione fra le diverse etnie che vivono in quello Stato.
Proprio questa impostazione comune a questi tre grandi personaggi fu ragione della loro uccisione. La politica di pace è in totale contrasto con una visione del mondo basata sulla potenza e sulla forza. Molte volte coloro che non comprendono sono facile preda di volontà nichiliste che nei tre casi citati si sono concluse con l'omicidio di questi personaggi per mano di anonimi o comuni cittadini. Queste figure ci provano che personaggi impegnati sul terreno della pace esistono ed il loro operare è legato all'imperativo morale come direttrice della loro vita (70).
Sul secondo piano, quello intermedio, si collocò l'aspetto di struttura, che fece coincidere lo Stato federale con il federalismo e ricuperò la migliore tradizione costituzionale federalista da Hamilton sino a noi (71). Non fu esclusa così, la possibilità di variazioni sulle istituzioni come quelle studiate da Kenneth Wheare e da Carl J. Friedrich (72), le quali si collocarono nella prospettiva di adattamento delle istituzioni alla evoluzione storico-sociale delle società che le aveva generate.
Sul terzo ed ultimo piano, si collocò l'aspetto storico-sociale che fu definito da Albertini la società federale, articolata in sfere concentriche che hanno come riferimento il territorio, che partendo dalla comunità locale giungono sino al mondo nella sua totalità. Fu il principio di espansione della competenza combinato con quello della definizione costituzionale delle sfere di azione che definì il modello di società politica in modo che nessuna delle comunità prevalesse sulle altre.
Alcuni risultati teorici furono rilevanti. Fu possibile teorizzare il superamento della divisione della società e delle stesse nazioni in classi. Si poté distinguere i comportamenti solidali di classe da quelli di comunità anche all'interno di Stati nazionali e si poté individuare i primi presupposti della società federale (73).
Per non dilungarsi su aspetti teorici generali, già esposti da altri in modo più ampio (74), ricordiamo che il modello di Albertini supera la distinzione fra statica e dinamica nel Federalismo, presentando i tratti caratteristici di un modello combinato. Inoltre, permette di definire in modo inequivocabile sia la terminologia politico-istituzionale, legandola ad una dinamica delle istituzioni, sia ricuperando il Federalismo integrale come l'insegnamento di Friedrich.
Per quello che interessa ai fini della nostra ricerca, l'adozione del modello proposto da Albertini ci permise di condurre alcune operazioni definitorie, assai importanti, quali quelle per individuare il periodo storico, il campo bibliografico, la divisione concettuale della bibliografia. Il punto di partenza fu individuato, come si vedrà nella seconda parte, nel 1776, per la sua coincidenza con i primi tentativi di elaborazione della crisi confederale americana da parte di Hamilton e che si snodò, attraverso tutta la letteratura, nel pensiero dei primi europei che miravano al raggiungimento degli Stati Uniti d'Europa, attraverso il trapianto dell'esperienza americana. L'esperienza europea si distinse da quella di altri paesi, proprio per questa tensione ideale e questa politica dialettica che permise al Federalismo di emanciparsi da dottrina subordinata al cosmopolitismo o collegata al liberalismo, alla dottrina democratica, al socialismo, al pensiero cristiano, in filosofia politica a tutto campo con una sua dignità politico-teorica che ne fece un unicum in ragione del suo scopo: "Un progetto di società capace di dare una risposta ai maggiori problemi della nostra epoca" e riaprire "la possibilità di pensare l’avvenire, che si era offuscata nell’ambito delle ideologie tradizionali a causa dell’esaurimento della loro spinta rivoluzionaria" (75).
PARTE SECONDA
IL FILO ROSSO DEL FEDERALISMO EUROPEO
1. Introduzione
Il continente in cui la storia ha voluto che queste riflessioni, su cui ci siamo soffermati nella prima parte, fossero più profonde è sicuramente l'Europa e su di essa si focalizzò la nostra riflessione metodologica proprio perché la costruzione di una bibliografia del Federalismo europeo poneva due problemi che dovevano essere affrontati a monte di una normale raccolta bibliografica. Il primo problema era di ordine definitorio: il Federalismo in relazione alle altre filosofie politiche quali il Liberalismo, il Pensiero cristiano, il Socialismo, il Marxismo. Crediamo che l'opera, di Mario Albertini, abbia dato contributi essenziali alla definizione del Federalismo quale filosofia politica in modo da farle assumere dignità pari a tutte le altre dottrine politiche sicuramente più conosciute e diffuse. Di fatto oggi sappiamo che esiste un tessuto connettivo che lega forma dello Stato, valori e tessuto sociale. Purtroppo poco si conosce a livello empirico di questa realtà per il fatto che non si ha ancora una società compiuta anche dove lo Stato federale è stato instaurato. Il secondo problema era di ordine metodologico, perché ci poneva l'esigenza, definito il quadro teorico, di raccogliere un insieme di dati bibliografici a raffronto della sua definizione. Su questo piano rimanevano da superare notevoli problemi che se fossero stati senza soluzione non avrebbero lasciato costruire una corretta bibliografia. Davanti a tutto si colloca il lessico politico. Poiché non aveva assunto una univocità di significato, era giocoforza, da parte nostra, accogliere le formulazioni più complete che erano e sono patrimonio della filosofia federalista contemporanea. Intendiamo riferirci all'uso della terminologia sopranazionale, confederale, federazione, Stato federale che solo nella cultura federalista ha assunto un preciso significato non equivoco. L’opera di questo autore è stata per decenni pionieristica su questo versante e ad essa rimandiamo per l'uso di detta terminologia (76). Allo stesso modo non possiamo nasconderci che il Federalismo non è solo una problematica filosofica ma pure giuridica, politica, sociale. Tutto questo ha enorme importanza sul settore della documentazione perché ci pone, in modo pluridisciplinare di fronte ad una ingente massa di dati bibliografici. Se prendiamo per esempio solo i periodici tuttora correnti, dei settori citati e valutiamo la consistenza degli articoli che sono apparsi dal 1945 al 1984, valutando una media di 10 articoli all'anno di nostro interesse, ci avvicineremmo ad una consistenza di 800.000 schede. La prima conseguenza sarebbe l'impossibilità oggettiva del loro utilizzo manuale. Sul versante degli aperiodici, senza considerare la letteratura grigia, un sondaggio assai limitato ma significativo può essere effettuato sulle collezioni possedute dalla Library of Congress di Washington tra il 1800 e il 1970, periodo in cui sono pubblicati a stampa cataloghi a soggetto. Questa indagine dà come risultato un corpo di schede vicino alle 9.000 in più di quindici lingue differenti, nelle quali si enumerano il giapponese, il cinese, l'arabo, le lingue slave ecc. Al di là della padronanza semantica di dette lingue, il campo ad un esame superficiale si presenta disomogeneo e incompleto. In esso sono presenti soltanto una minima parte dei documenti ufficiali delle varie autorità internazionali e degli Stati. Esso soffre della non definizione di aspetti importanti quali l'uso corretto del concetto di sopranazionale e di confederale (77). In più se esaminiamo il settore delle pubblicazioni ufficiali, per esempio relative alla CEE, scopriamo che una parte dei documenti significativi non è presente. Oggi su più di 5 milioni di documenti CEE, quelli che si occupano delle sue carenze e pongono in luce le vie della sua evoluzione si avvicinano a circa 1 milione. Tutto questo è sufficiente per delineare una consistenza documentale superiore ai 2.500.000 di schede, che, però non risolvono in partenza la connessione fra modello-teorico e bibliografia. Alcuni autori quali il Liborion e Beaufays (78) hanno pensato di aggirare l'ostacolo costruendo una bibliografia specializzata del Federalismo sposando l'universalità del modello alla somma di tutto ciò che è stato pubblicato sui vari Stati federali esistenti sul nostro pianeta. Premesso che il Federalismo nel suo aspetto di valore e in quello storico-sociale aggiunge un qualcosa di significativo e di irrinunciabile alla nozione di Stato federale quale quella dell'esistenza della cultura della pace e di una società pluralista non omogenea, la somma degli Stati federali del mondo che oggi sono 5 in Europa, 2 in Asia, 7 in America e 2 in Oceania, non risolve il problema della presenza di comportamenti politici federali in altri Stati non federali. Tutta la storia del Federalismo europeo altro non è che la costruzione istituzionalizzata di questi comportamenti all'interno e attraverso le frontiere degli Stati nazionali europei. Questa politica di opposizione alla cultura dominante ancora nazionalista deve essere catalogata come Federalista. Di fronte all'esigenza di rinnovare profondamente il metodo bibliografico per il nostro lavoro. Da parte nostra, spinti da questa esigenza, partimmo dall’ "Ideal-tipus" del Federalismo e da questo ricavammo i criteri direttivi su cui strutturare la raccolta bibliografica.
Di fatto, questa scelta non si è manifestata avventuristica, se pensiamo al lavoro definitorio svolto in Europa da alcuni autori per delineare tutti gli aspetti dell’ "Ideal-tipus". La sua formulazione è frutto di ricerche storiche e di indagini interdisciplinari sui vari aspetti che, per citarne alcuni, coinvolgono la definizione di Stato federale, delle sue istituzioni, lo stesso internazionalismo, i valori tradizionali rapportati al valore della pace. Quindi, se noi abbiamo fatto l'operazione inversa, altro non abbiamo realizzato che la consistenza documentale delle formulazioni teoriche. Alcune decisioni però di carattere tecnico sui documenti catalografici dovevano essere prese. Poiché lo spoglio degli articoli dei periodici si presentava più esteso di quello degli aperiodici, decidemmo di considerare, al fine del nostro lavoro, i soli estratti con indicazione dei periodici da cui erano stati tratti. Scelto, quindi, quale settore di lavoro i documenti aperiodici ci si poneva di considerare tutta la letteratura grigia che normalmente non è catalogata dalle grandi Biblioteche nazionali. Saggi, in forma di opuscoli, brevi scritti con finalità politiche a breve termine, relazioni a tematica limitata, rappresentavano questo settore.
Se noi pensiamo che l'archivio del Movimento Federalista Europeo (1943-1970), con sede a Torino, raccoglie più di 2 milioni di documenti a cui si devono aggiungere, circa, 1 milione di documenti relativi al periodo dell'Union des Fédéralistes Européens (UEF) dal 1973 al 1984, la loro catalogazione impegnerebbe una generazione intera di studiosi. Le stesse ragioni, ma con delle aggravanti, possono essere invocate per lo studio e la catalogazione di archivi storici quali quelli degli Stati Uniti che raccolgono i documenti che vanno dal Congresso Continentale alla morte di Alexander Hamilton (1776-1804). Valutate e considerate le difficoltà della consultazione dei documenti ufficiali, si ripropose anche qui il problema della letteratura grigia e della corrispondenza di tutti questi documenti all'Ideal-tipus. Per questo decidemmo di considerare, ai fini di questa bibliografia solo la letteratura aperiodica, compresa quella grigia, ma con l'esclusione di tutti i documenti ufficiali relativi alle Organizzazioni internazionali o agli Enti statali.
Il corpo delle 20.000 schede e più raccolte in EURO è il risultato di queste scelte a cui hanno contribuito con notevole sforzo circa 60 biblioteche, nostre corrispondenti nel mondo.
2. Definizione del periodo storico
Delineate le caratteristiche esterne della letteratura presa in considerazione, dobbiamo passare ad affrontare uno dei problemi vitali: la definizione del periodo storico, in cui la letteratura deve essere considerata. Si trattava di definire la data di inizio e di conclusione della Bibliografia, ed eventualmente i sottoperiodi di questo grande ritaglio di tempo.
Alcuni autori, eminenti studiosi delle popolazioni antiche, quali il Kramer e il Larsen, hanno confuso il modello confederale con quello federale nello studio delle istituzioni politiche di quelle civiltà (79). Ne scaturì la convinzione diffusa che la tendenza alla costruzione di un ordinamento giuridico positivo atto a mantenere la pace, tendente all'eliminazione della guerra, fosse antichissima. A testimonianza, può essere citato il versetto del libro di Isaia (AT Isaia, 2, 4-5) (80) che è la sintesi di questo pensiero politico mediorientale, a tratti riaffiorante e presente in tutti questi popoli, che teorizza l'aspirazione alla pace perpetua.
Il modello politico-giuridico atto a costituire una unità internazionale, al cui studio si sono dedicati questi autori si colloca molto più indietro nel tempo di quanto ci hanno lasciato supporre le nostre conoscenze storiche. L’esempio più noto, ma anche il più antico, allo stato attuale delle conoscenze, è quello Sumero (81). Esso anticipa di qualche millennio sia l'esperienza delle Anfizionie greche, sia l'esperienza, più studiata, dell'Impero romano anteriore all'editto di Caracalla (212 d. Cr.). Alcuni suoi tratti istituzionali si vanno riproponendo sino ai nostri giorni e sono la dimostrazione che il modello confederale non è una invenzione europea. Alcune scoperte recenti, dovute all'archeologia e agli studi lessicografici che ci permettono di leggere queste lingue antiche, ci hanno rivelato che questo popolo già prima del 4.500 a. Cr., possedeva una struttura politica basata sulla città-stato. Queste città erano dotate di una forma di democrazia diretta, simile a quella della Grecia antica o della Repubblica romana. Le città-stato, poi, erano riunite fra di loro in un sistema confederale.
L’unione era nel pieno rispetto delle singole città. Esisteva un preciso sistema per la partecipazione dei cittadini alla democrazia comune, basata sui Consigli e organi di governo comuni. Rimaneva il fatto che tutti questi organi erano subordinati alle singole città-stato e che le leggi comuni avevano solo valore se erano applicate dagli organi di governo di ogni singola città. Esisteva pure un sistema di veto che talvolta paralizzava il funzionamento di questa confederazione. Sappiamo che il periodo di pace, così ottenuto, fu assai lungo e favorì la prosperità di tutte queste città. La loro economia era a base agraria, ma con uno sviluppo notevole per quel tempo. Si conta che le città mesopotamiche di Ur (semita), Nippur (Accadica), Agga (Kish) avevano una popolazione che variava da 10.000 a 50.000 persone. Il dato più curioso è l'estensione reale della confederazione. La sua estensione territoriale non è certa. Sappiamo però che questo sistema politico fu molto ampio. Partiva dall'India del Nord, escluso il Bengala orientale (82), interessava tutti i territori compresi fra il mar Caspio, l'Anatolia sino al Bosforo.
Dalla Mesopotamia, in cui era il suo punto di forza, si estendeva alla Palestina sino a tutto il Mar Rosso e ai confini con l'Egitto. Si deve rilevare che questa civiltà, una delle più` potenti e importanti del Medioriente, fece sforzi immani per mantenere l'unità delle sue genti, assai diverse fra di loro, con lingue differenti senza sacrificare il modello della città-stato.
Due pericoli, però, minarono questa realtà politica: le mire imperiali di alcuni re e le continue migrazioni di popoli non appartenenti al ceppo dei Sumeri, che arrivarono da altri paesi. Diversi re, noti e potenti cercarono di unificare o di fondere la confederazione complessiva con il loro impero. Al solo re Gilgames nel 2500 a. Cr. riuscì l'operazione, con l'instaurazione della sua monarchia assoluta sulle confederazioni, attuando una unità politica e amministrativa che si estendeva dall'India all'Egitto. In questo periodo gli Ittiti occuparono l'Anatolia. Questa loro conquista, determinò l'innesto delle tradizioni di questo popolo (monarchia elettiva, levirato ecc.) sulla forma confederale che univa le città-stato della penisola anatolica. Per questo, ben presto, gli Ittiti divennero una confederazione di re. Le difficoltà e le lotte intestine di questo popolo furono anche determinate da questa costituzione politica (83). L'influenza del modello sumero fu grande. Le nostre conoscenze archeologiche, solo in questi anni, ci hanno dimostrato che lo stesso regno T’ang (3° millennio a. Cr.), primo regno della Cina antica di cui si abbia memoria storica, subì l'influenza sumera e la sua costituzione politica si modellò su quella dell'unità internazionale sumera. Da questi documenti abbiamo ottenuto la dimostrazione che questa unità internazionale era assai debole, per poter resistere alle azioni di guerra portate da altri popoli in migrazione verso la Mesopotamia. L’India fu conquistata dagli Arii. L’Egitto incominciò la sua espansione imperiale e gli Ittiti si trasformarono in una monarchia assoluta. Fu così che il modello dei Sumeri declinò repentinamente per sfociare in una forma imperiale. Sotto Hammurabi (1792-1750 a. Cr.) tutto quello che rimaneva di questa esperienza fu unificato in un regno unitario, basato sull'uso di leggi comuni e lingua comune. Nonostante tutto, l'autonomia amministrativa lasciata alle città-stato, stava a testimoniare delle forti resistenze da queste ultime opposte alla totale unificazione.
Dal nostro punto di vista, esempi come quello ricordato, non potevano rientrare nella nostra ricerca perché essi non portavano a soluzione alcuni problemi fondamentali su cui doveva poggiare la definizione di Federalismo, quali l'estensione della democrazia dalle singole unità all'unità complessiva, la trasformazione di questa unità in Stato composto con tutti i suoi attributi, oppure il mantenimento della pace fra le unità membre. Di fatto in essa mancava un preciso disegno costituente che salvando l'individualità delle unità statali di base, introducesse la democrazia sul terreno comune.
Tutto questo prova che il Federalismo è intimamente connesso allo sforzo di estendere la democrazia dall'ambito ristretto del singolo Stato al settore internazionale, dando forma di costituzione politica al tutto, che trova nello Stato federale la sua forma più completa.
Un brano del Federalist (84) ci espone la sintesi di questo grande sforzo a cui approda tutto il processo democratico degli Stati Uniti d'America. Dal 1776 al 1800 circa, periodo che fu definito di nascita degli Stati Uniti, uomini di diversa estrazione sociale, di diversa formazione come Thomas Paine, Benjamin Franklin, George Washington, Alexander Hamilton sperimentarono un metodo di ingegneria costituzionale che solo recentemente fu definito dalla dottrina quale metodo costituente a formazione progressiva.
Le teorie di Paine, l'arte compromissoria di Washington e il fervore di Hamilton portarono alla maturazione politica un nuovo modello di Stato e di società, in cui i principi democratici, le regole dello Stato di diritto, la considerazione della pace, quale obiettivo principale nelle relazioni fra gli Stati membri, portarono alla formazione di quello che noi oggi indichiamo come lo Stato federale. L’esperimento americano segnò nella storia dell'umanità il passaggio dai tentativi isolati alla formulazione scientifica della possibilità di unire in un solo ordinamento più Stati in modo permanente. La scoperta della possibilità di frazionare la sovranità fra gli Stati e unificare in un solo popolo, quelli scaturiti da tutti gli Stati interessati, fu la principale invenzione della Rivoluzione americana. L’ingegneria costituzionale degli autori del Federalist fu oggetto di ampi studi, al punto che oggi, è possibile individuare una definizione stessa di Federalismo in coincidenza con quella di Stato federale.
Il 1776 (anno in cui si venne a costituire la prima Confederazione americana, ancora su base confederale), segnò la nascita del Federalismo allo stesso modo in cui indicò il punto di partenza di tutta una letteratura sistematica dedicata a questa filosofia politica. Non può sfuggire, quindi, anche ad un primo approccio, la sua portata universale. Le formulazioni di Immanuel Kant, posteriori di circa un decennio (1784), non sono altro che la sintesi razionale di tutti questi principi, i quali propugnarono il Federalismo quale dottrina politica valida per l'unità di tutto il genere umano (85). L’influenza americana fu grande in Europa, proprio e specialmente perché i più interessati studiosi europei furono i Francesi, reduci dalla esperienza diretta della loro partecipazione alla guerra di indipendenza americana.
Al fine della nostra Bibliografia ci sembrò naturale considerare, come punto di arrivo, il processo, che dalla fine della seconda guerra mondiale si sta svolgendo in Europa, il quale conferma la scelta del Federalismo come proposta politica per l'unità dei nostri popoli e si è concretizzato in Progetto di Unione Politica del Parlamento, ultimo e forse significativo fatto che si annoda a questa tradizione politica.
Di fatto il successo delle forze politiche e degli uomini favorevoli all'Unione federale dell'Europa nelle elezioni del 1984, lo svilupparsi di un processo costituente dopo il mandato elettorale del referendum propositivo sull'Unione federale dell'Europa (Giugno 1989) tenutosi in Italia e Belgio e il mandato dato dal Consiglio europeo di Roma (Dicembre 1990), sono stati una conferma della scelta del nostro continente verso il Federalismo. Negli ultimi anni la ratifica dei vari trattati di Maastricht (1992) di Amsterdam (1997), con la realizzazione della moneta unica EURO, altro non sono che tappe preparatorie di questo processo di unione federale che è ripreso e che non ha ancora un approdo nella Costituzione federale tuttora inesistente.
3. Definizione del campo bibliografico
L’aver definito il periodo storico, poneva in luce una prima difficoltà, che nasceva dal fatto che, al suo interno, erano raccolte esperienze storiche diverse. Ad esempio accanto alla esperienza più recente, quella europea, si collocavano altre esperienze come l'indiana, la canadese e in ultimo quella più lontana relativa agli Stati Uniti d’America. Dal punto di vista storico non era stato ancora dimostrato che tutte queste esperienze fossero un contributo univoco alla definizione storica e teorica del Federalismo in modo che diventassero una buona base fattuale per una bibliografia universale. Le opere pregevoli del Liborion e del Beaufays, come altre opere minori, da noi elencate nelle fonti bibliografiche, unificavano in una sola serie tutti gli studi inerenti le principali federazioni. Si arrivò al punto che Beaufays, nella sua bibliografia, aveva fuse le esperienze federaliste con qualsivoglia esperienza di decentramento amministrativo in Stati quali l'Italia e la Francia che al Federalismo avevano concesso ben poco sul piano istituzionale. In tutta questa letteratura fu facile scoprire una esigenza diffusa che tendeva ad ipotizzare l'unità del genere umano. Dalla crisi dell'Impero Romano d’Occidente, illustri pensatori fra cui ricordiamo S. Agostino, Dante Alighieri, Marsilio da Padova, Pierre Dobois, Antonine Marini, Erasmo da Rotterdam e altri, in forme diverse, lo considerarono come il principale fine storico dell'umanità.
Ma rimane il fatto che solo dopo la nascita degli Stati Uniti d'America, lo scopo politico dell'unità del genere umano si propose quale progetto e diventò il fine ultimo di varie correnti e del loro comportamento in cui primeggiarono gli autori del Federalist.
Poiché questo obiettivo finale non è stato ancora realizzato, lo si deve considerare quale il più importante e ultimo obiettivo di base di tutte le lotte federaliste. Con l'espressione Federalismo mondiale, quindi, si intende individuare questo aspetto del pensiero. In secondo luogo, l'uomo non si è accontentato di queste esperienze storiche a lungo raggio, ma ha cercato di realizzare questo ultimo obiettivo attraverso al costituzione di federazioni parziali, talvolta relative ad una sola porzione di continente. Su queste esperienze storiche si sviluppò un pensiero teorico e pratico che presentò queste due valenze: l'aspirazione mondiale e la riflessione costituzionale e politica sulla federazione da realizzare.
Per questo la risoluzione del problema del campo bibliografico passò attraverso un vaglio storico della presenza di questi due aspetti del Federalismo nella singola esperienza. Al fine della esposizione metodologica riassumiamo qui alcuni risultati importanti riguardo ad alcune federazioni, per valutarne la portata e la possibile inclusione nella bibliografia.
Vogliamo dimostrare come sia impreciso raccogliere la letteratura su una data federazione per il solo fatto che è uno Stato federale. Esamineremo solo tre esempi noti a prova di questa affermazione: gli Stati Uniti, il Canada, l'India in modo che potremo, poi, valutare come sul terreno europeo si ritrovino tutti e tre gli aspetti del Federalismo. Infatti l'aspetto di valore e quello storico-sociale uniti a quello istituzionale ci permettono di individuare in Europa la sua formulazione più completa.
Incominciamo con gli Stati Uniti. La portata universale di questa esperienza e della sua unicità sono ben scolpite nei saggi del Federalist su cui ci siamo già soffermati (86). La cura con cui fu studiato, riedito e tradotto nel mondo, sta a testimoniare la sua importanza e la sua funzione di "Summa federalista" in cui è sintetizzata l'universalità e l'essenza del messaggio. Come conseguenza non si può dire che tutta la letteratura degli Stati Uniti deve essere annoverata quale federalista. Nel Federalist soltanto troviamo alcuni aspetti unici di irraggiungibile valore scientifico e universale. C’è l'analisi dei mali causati dalle confederazioni (87), i loro limiti sapientemente confrontati con i meccanismi costituzionali dello Stato federale. Il contesto filosofico e teorico su cui poggia, oggi, la definizione del federalismo trova nel Federalist la prima e più completa formulazione. Bisogna osservare che in seguito l'apertura universale di queste formulazioni si richiuse nella prassi politica americana al ristretto ambito dei confini nazionali. Lo Stato federale nato a Filadelfia, e chiamato dagli americani modello Hamiltoniano, entrò in crisi nella prima metà dell'ottocento per il progressivo prevalere degli interessi del singolo Stato su quelli della federazione. Solo dopo la guerra civile si assistette a un ristabilirsi dell'equilibrio fra governo federale e Stati membri. Successivamente, l'espansione verso l'ovest, l'ingigantirsi della potenza economica degli Stati Uniti hanno ingigantito la preponderanza del governo federale sugli stessi Stati membri.
Con l'entrata degli Stati Uniti nell'arena mondiale e la fine della politica isolazionista, lo Stato federale si trasformò sempre di più in un apparato unitario. La pianificazione della seconda guerra mondiale (The Program for Victory), la guerra fredda poi, nel primo dopoguerra, hanno consolidato questo fenomeno, per cui si può dire che pochi siano i connotati federali rimasti agli Stati Uniti. Tutta questa letteratura che va dalla morte di Hamilton alle proposte del Presidente Ronald Reagan per il New Federalism, altro non sono che gli studi in cui gli autori cercano di individuare gli strumenti più idonei per ricuperare la forma federale (88).
Il solo Federalist presenta le caratteristiche teoriche e storiche dell'aspirazione mondialista e del progetto politico federale regionale. Tutto il resto, anche se deve ancora essere approfondito adeguatamente, rientra nelle lotta che si svolge fra le esigenze costituzionali di autonomia dello Stato federato e l'uso sistematico della forza, quale inevitabile legge di governo della Comunità internazionale, in cui anche la federazione americana fu ed è tuttora sottoposta. Al nostro fine, solo il Federalist e le sue traduzioni possono essere introdotte nella bibliografia in quanto fonte.
Per tutto il resto fu inevitabile considerare impossibile il ricupero di tutta la letteratura posteriore senza alcuni anni di lavoro nelle biblioteche americane. Rimane, ancora, il fatto che questa letteratura, assai poco concede ai problemi di prassi politica generale, e non va oltre la dimensione dello Stato federale americano, non ponendosi quale obiettivo politico l'unità del genere umano che invece è presente nel quadro teorico degli autori del Federalist. Un caso a sé ricopre in questo panorama la scuola del Center for Studies of Federalism avente sede presso l'Università di Temple in Pensylvania. La sua produzione è diventata visibile agli studiosi attraverso la loro rivista (89) e un insieme nutrito di pubblicazioni. Alcune di queste presentano il respiro internazionale che abbiamo cercato e per questo le abbiamo inserite nella nostra bibliografia.
Esaminiamo ora un altro esempio: il Canada. I territori dell'attuale Canada furono colonie britanniche e francesi confinanti con gli Stati Uniti d'America. Con la pace di Parigi (1782), che concluse la guerra fra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, fu concordato che circa 35.000 lealisti britannici passassero nei territori canadesi accanto a già 70.000 francesi residenti nei territori del Quebec. Dopo alcuni tentativi espansionistici degli Stati Uniti verso il Canada queste colonie ottennero la loro stabilità territoriale nella forma odierna con una grande pluralità di popoli: Pellirosse, Francesi, Inglesi e le nuove generazioni. Di qui la necessità di un assetto istituzionale che tenesse conto delle esigenze di convivenza fra queste etnie. La formazione di questo Stato fu discontinua e si protrasse a lungo nel tempo. Il rapporto di Lord Durham (1839) concesse al Canada una ampia autonomia, che veniva interpretata quale condizione necessaria al superamento delle tensioni etniche che furono e sono tuttora presenti.
Con la Costituzione di Quebec (1864) il Canada assunse una forma giuridica federale per concessione della madre patria. Poi, con la sua partecipazione alla prima guerra mondiale e alle trattative per la pace di Parigi (1919), fu riconosciuto internazionalmente come Stato sovrano. La Gran Bretagna sanzionò questo stato di fatto nello Statuto di Westmister (1931). Con la Costituzione del 1980, promulgata il 1 Luglio 1981, formalmente non diversa da una costituzione data, il Canada raggiunse una completa autonomia nella forma dello Stato federale. Questa costituzione, però, presenta caratteristiche federali che l'avvicinano di più al modello degli Stati Uniti. Le nove provincie, in cui è incluso il Quebec, assumono la forma dello Stato federato e maggiori garanzie individuali e sociali sono inserite quali diritti nella dichiarazione costituente. Di fatto, solo in questo ultimo periodo è possibile scorgere una letteratura istituzionale federalista diretta a propugnare la ratifica e l'approvazione della nuova costituzione, ma rimangono dominanti i problemi delle etnie e la legittima soddisfazione delle loro aspirazioni.
Ai nostri fini anche questa letteratura non affrontava tutti gli aspetti teorici dell'Ideal-tipus, mentre rimanevano le difficoltà logistiche del suo reperimento.
Nella stessa situazione del Canada ci troviamo con l'India (90). Abbiamo già ricordato come la parte nord-orientale di questo continente fu toccata dall'esperienza sumera. Ancora oggi essa è una mescolanza originale ma anche confusa di popoli. Escluse alcune popolazioni autoctone rintracciabili nel sud del paese, la maggior parte delle etnie individuabili sono il risultato di grandi e profonde invasioni che hanno segnato la sua storia. Le stesse religioni, attualmente più diffuse fra la popolazione: la musulmana e la induista, sono il frutto di queste invasioni. Questa ultima religione sviluppò un sistema sociale che riuscì in tutti questi millenni, a rimanere fedele alla sua originaria impostazione e superò indenne l'invasione musulmana e la colonizzazione. Gli europei, da parte loro, lasciarono immutate le strutture sociali e quelle religiose. Il dominio inglese, sul piano politico, non modificò le divisioni statali interne alla colonia sino al momento in cui l'India ottenne l'indipendenza. Per Gandhi e per Nehru non fu possibile superare questo stato di cose. Al momento dell'indipendenza non si poté creare un movimento politico che rappresentasse tutti gli Indiani per il superamento di ogni discriminazione religiosa.
Questo fallimento fece in modo che i musulmani si organizzassero su base religiosa (Conferenza di Silma 1945) e su questo principio chiedessero una rappresentanza politica su base territoriale. L’opposizione di Gandhi all’istituzionalizzazione del principio condusse solo la Gran Bretagna a proporre una federazione quale forma più idonea per conferire l'indipendenza all'India. Il Governo laburista di quel periodo si illuse che una forma federale dello Stato sarebbe stata un buon deterrente a tutte le forme di prevaricazione religiosa. I mussulmani decisero di riunirsi nell'attuale Pakistan e di creare uno Stato indipendente all'interno del Commonwealth anche se diviso in due parti di cui l'orientale era incapace di vivere autonomamente. Gli Indù decisero di unificare il potere nella forma dello Stato federale e superare così le tendenze separatiste delle municipalità che si manifestavano sempre più all'annuncio del ritiro inglese. Il 16 agosto 1946 a Calcutta 2000 persone furono massacrate in un sol giorno dai fanatici religiosi di entrambe le parti. Il 15 agosto 1947, primo giorno dell'indipendenza, moltissimi mussulmani indiani incominciarono una lenta e sofferta migrazione verso l'attuale Pakistan (91). Si calcolò che in questo esodo storico fossero morti più di 2 milioni di persone. Promulgata la costituzione si trattò di costituire la federazione. L’operazione prevedeva rettifiche di confine o fusione fra i vari Stati preesistenti. Alcuni esempi ci possono provare la mancanza di qualsivoglia processo costituente radicato in un movimento popolare quale si era sviluppato nella fase costituente negli Stati Uniti d'America. Lo Stato di Andhra non poté essere rettificato, sino a quando il leader locale non morì in seguito ad uno sciopero della fame intentato contro questa rettifica (1953). Lo Stato dei Sikh, dopo varie difficoltà poté essere staccato dal Punjab e si stanziarono i fondi per costruire la capitale del nuovo Stato: Haryana. Gandhi stesso venne assassinato durante la preghiera comune da un nazionalista indù. Simili vicende si riproposero in tempi più vicini a noi: nel 1984 il Governo federale indiano, con le azioni militari contro i Sikh che abitano il Punjab e la conseguente conquista "manu militari" del Tempio d'oro di Amritsar, provocò la reazione di quella popolazione che culminò nell'assassinio di Indira Gandhi allora Primo Ministro dell'India. Allo stesso modo, l'intolleranza religiosa, che condusse i fondamentalisti Indu, nel 1995, ad assassinare il figlio, di Indira, Rajiv Gandhi, Premier del Partito del Congresso I (92), al culmine di una campagna elettorale favorevole al suo Partito e sfavorevole ai fondamentalisti per il rinnovo del Parlamento federale fissato per l'Aprile 1996, è dimostrazione che la forma dello Stato non supera i conflitti sociali e le intolleranze esistenti e radicate nella società.
Noi vogliamo far rilevare che non basta scegliere la forma dello Stato federale per il superamento di conflitti sociali se questo non è inserito in una strategia politica costituente di più ampio respiro. Il Federalismo possiede queste qualità e la sua strategia ha anche questi obiettivi nella prassi politica quotidiana.
La letteratura indiana, in maggior parte pubblicata in Europa al fine di propugnare e sostenere la possibile indipendenza dell'India nella forma federale si mostrò carente di quelle caratteristiche che legano la riflessione filosofica e gli obiettivi politici che sono alla base della definizione dell'Ideal-tipus.
Anche se abbiamo esaminato solo tre esempi di Stato federale sui diciassette esistenti nel mondo, al di là della forma giuridica, non abbiamo trovato sufficienti elementi che ci permettessero di considerare il modello teorico del Federalismo corrispondente a dati storici che fossero patrimonio di una evoluzione della società in superamento della ragion di Stato quale si presenta oggi l'europea. Ne conseguì che una bibliografia universale non era realizzabile. Abbiamo, quindi, dovuto mutare l'approccio portando il nostro esame sulla storia europea.
Partendo dalla constatazione che sino alla fine della prima guerra mondiale il potere del mondo aveva sede in Europa, abbiamo potuto intuire l'importanza culturale, scientifica e politica del vecchio continente. Di fatto l'influenza della corrente federalista americana, in Europa, fu grande. Appena pubblicato il Federalist in America (1787 ediz. Mc Lain) fu un Francese Trudaine de la Sablière che in piena Rivoluzione francese (1792) lo pubblicò a Parigi tradotto con il preciso scopo di fornire un modello istituzionale per l'Europa. Fu il Governo Girondino che legò la sua politica internazionale di liberazione di tutti i popoli a questo modello contro le monarchie assolute. Il periodo Girondino segnò, quindi in Europa, l'inizio di una fase storica che si rifaceva al modello federale americano e lo riproponeva come modello ideale a cui collegare le proposte di unità europea. Il testamento politico e spirituale di Condorcet può essere indicato quale migliore sintesi di questa epoca in cui emergono questi ideali.
"Mostreremo come questi avvenimenti saranno una conseguenza inevitabile non soltanto dei progressi dell’Europa, ma anche della libertà che la Repubblica Francese e quella dell’America del Nord hanno contemporaneamente sia l’interesse più reale che il potere di rendere al commercio dell’Africa e dell’Asia; come essi debbano dunque nascere necessariamente o dalla nuova saggezza delle nazioni europee, o dal loro attaccamento ostinato ai loro pregiudizi mercantili... I popoli più illuminati rientreranno in possesso del diritto di disporre del loro sangue e delle loro ricchezze, apprenderanno a poco a poco a considerare la guerra come il flagello più funesto, e come il più grande dei crimini. Si vedranno dapprima sparire quelle guerre in cui gli usurpatori della sovranità delle nazioni le hanno trascinate per pretesti ereditari.
I popoli sapranno che non possono divenire conquistatori senza perdere la loro libertà; che confederazioni perpetue sono il solo modo di mantenere la loro indipendenza; che debbono cercare la sicurezza e non la potenza. Poco a poco i pregiudizi commerciali si dissiperanno; un falso interesse mercantile perderà lo spaventoso potere di insanguinare la terra e di mandare in rovina le nazioni con il pretesto di arricchirle. Come infine i popoli si avvicineranno nei principi della politica e della morale, come ciascuno di essi, per il proprio vantaggio, chiamerà gli stranieri ad una divisione più eguale dei beni che esso deve alla natura o alla propria operosità, tutte le cause che producono, inaspriscono, perpetuano gli odi nazionali svaniranno a poco a poco, esse non forniranno più al furore bellicoso ne alimento ne pretesto.
Istituzioni foggiate in modo migliore di quei progetti di pace perpetua che hanno occupato il tempo e consolato l’anima di qualche filosofo, accelerando i progressi della fraternità tra le nazioni, e le guerre tra i popoli, come gli assassinii, entreranno a far parte delle atrocità straordinarie che umiliano e indignano la natura, che imprimono a lungo un marchio di obbrobrio al paese e al secolo la cui storia è stata infamata" (93).
Si aprì così, in Europa, una prima fase del pensiero federalista che fu definita utopica. In esso erano presenti tutti gli elementi dell'Ideal-tipus ma anche le ingenuità che pesarono sino alla fine della seconda guerra mondiale su tutti i pensatori che si ispirarono a questo periodo.
Prima di tutto si sperò che il trasporto in Europa delle istituzioni americane, senza che esse fossero il risultato di una sofferta lotta teorico-pratica, giovasse alla causa del Federalismo. Si pensò egualmente che la politica dell'influenza potesse convincere gli altri Stati a regime simile a percorrere un cammino comune verso la fondazione di una Federazione europea. Si sostenne che bastasse possedere il potere statuale per poter giungere ad una effettiva forma istituzionale federale. Vediamo alcuni esempi. Dopo la scelta della federazione per la Francia repubblicana (1789-1790) come risposta al crollo della Monarchia assoluta e in ossequio alla più ampia libertà concessa alle unità intermedie, il Governo Girondino dovette instaurare, sempre di più, una politica di rigore che a poco a poco toglieva tutte le autonomie e si opponeva ai tentativi di reazione e ai separatisti (Vandea, Baschi ecc.). La liberazione del popolo olandese, e dei tedeschi dei principati della Germania meridionale non furono garanzie sufficienti per difendere la Francia dalla coalizione filomonarchica. Fu così che i Giacobini, sostenitori dello Stato nazionale unitario e di una guerra scientificamente combattuta, prevalsero. Con la scomparsa delle istituzioni girondine e il burocratizzarsi dello Stato, si aprì la porta alla Monarchia assoluta che trovò in Napoleone Buonaparte il suo più degno rappresentante.
Di questo periodo, nel pensiero federalista, devono essere catalogate le ingenuità esposte dalla letteratura classica democratica, liberale e socialista, la quale vedeva nella realizzazione del modello ideale, di società propugnata, la possibilità di espansione, a tutto il mondo, della sua concezione della società e dello Stato. In fondo questa letteratura tutta professa una fede incrollabile sulla spontanea convergenza federale degli Stati quale inevitabile conseguenza del realizzarsi del modello ideale di società.
Benjamin Constant, che rappresenta il Liberalismo classico, così si espresse nell'interpretazione dell'internazionalismo e della politica estera dello Stato liberale: "E’ chiaro che più la tendenza commerciale domina, più la tendenza bellicosa deve indebolirsi" (94).
Allo stesso modo Thomas Paine sintetizzò il pensiero democratico: "la sovranità monarchica, nemica dell’umanità e fonte di miseria è abolita e la sovranità stessa è ristabilita al suo posto naturale: la nazione. Se ciò avvenisse dappertutto in Europa, la causa delle guerre sarebbe rimossa" (95). Pure per il socialismo più tardi (1848), Karl Marx e Frederich Engels così si espressero: "Le separazioni e gli antagonismi nazionali dei popoli vanno scomparendo sempre più, già con lo sviluppo della Borghesia, con la libertà di commercio, col mercato mondiale, con l’uniformità della produzione industriale e con le corrispondenti condizioni di esistenza... Il dominio del proletariato li farà scomparire ancora più. Una delle prime condizioni, della sua emancipazione, è l’azione unita, per lo meno nei paesi civili. Lo sfruttamento di una nazione da parte di un’ altra viene abolito nella stessa misura in cui viene abolito lo sfruttamento di un individuo da parte di un altro. Con l’antagonismo delle classi all’interno delle nazioni scompare la posizione di reciproca ostilità delle nazioni" (96).
Più avanti non sfuggì, a questa linea di pensiero, lo stesso Vladimir I. Lenin. Egli cosi si espresse il 31 Gennaio 1918 alla conclusione del Congresso di tutti i Soviet di tutta la Russia: "Ecco il fondamento della nostra federazione, ed io sono profondamente convinto che intorno alla Russia rivoluzionaria sempre di più si raggrupperanno le singole diverse federazioni di libere nazioni. In modo del tutto volontario, senza ne fronde ne ferro, questa federazione crescerà e sarà indistruttibile. La migliore garanzia della sua indistruttibilità sono le leggi, nel quale si fonda il regime statale che noi creiamo.
Noi non siamo più soli. Negli ultimi giorni si sono svolti avvenimenti significativi non solo in Ucraina e sul Don, non solo nel regno dei nostri Kaledin e Kerenski, ma anche in Europa occidentale. Conoscete già i telegrammi sulla situazione rivoluzionaria in Germania. Le lingue di fuoco della rivoluzione fiammeggiano sempre più forti su tutto il vecchio e imputridito regime mondiale. Non era una pura teoria astratta dalla vita, non era fantasia di gente staccata dal mondo che noi, creato il potere dei soviet, avremmo suscitato analoghi tentativi anche negli altri paesi. Giacchè, lo ripeto, per i lavoratori non c’era altra via di uscita da questa guerra sanguinosa. Ora questi tentativi prendono già forma di salde conquiste della rivoluzione internazionale. E noi concludiamo questo storico Congresso dei Soviet all’insegna della sempre più ampia rivoluzione mondiale, e non è lontano il tempo in cui i lavoratori di tutti i paesi si fonderanno in un solo Stato di tutta l’umanità, per costruire con sforzi comuni un nuovo edificio socialista. Il cammino di questa edificazione passa attraverso i Soviet, come una delle forme della rivoluzione mondiale che ora comincia" (97).
Questo periodo però si concluse con un pensatore che anticipò il secondo periodo, quello politico, del Federalismo europeo: Lev Trotskij. Per opera di Trotskij il valore della federazione europea divenne un preciso disegno politico e oggetto dell'azione politica delle forze popolari organizzate le quali lo avrebbero dovuto perseguire autonomamente. Trotskij, partendo dal problema della guerra, si interrogò su quali fossero le possibilità di evitarla. Già nel suo articolo "il vaso di Pandora dell’Europa", scritto nel 1909 (98), giunse a formulare il superamento delle guerre balcaniche in una federazione di quei popoli. Nel Novembre 1914, di fronte al dissolvimento della Seconda Internazionale e a qualche giorno di distanza dall'inizio delle ostilità, in un articolo intitolato "La guerra e l’Internazionale" invitò il Movimento operaio internazionale allo sciopero generale e propose un progetto politico alternativo a quello dell'Imperialismo tedesco e al funzionalismo economico di Friedric List: gli Stati Uniti Socialisti d’Europa.
In questo articolo, uscito a pezzi in tre edizioni del giornale dei fuorusciti Russi a Parigi "Golos", egli additò nella sovranità assoluta degli Stati e nell'Imperialismo capitalista le cause principali del conflitto mondiale, le quali giocando sul lealismo dei socialisti, avevano distrutto l'Internazionale. Esaminando poi le proposte degli economisti funzionalisti, criticò aspramente la progettata unione doganale europea, che a suo modo di vedere, altro scopo non aveva se non quello di dare ancora un po’ di respiro al capitalismo ormai in crisi irreversibile.
"Gli Stati Uniti d’Europa, senza monarchia, senza eserciti permanenti e senza diplomazia segreta, ecco la clausola più importante del programma di pace proletario".
Cosa significasse rifiutare questo programma, Trotskij così lo sintetizzò: "Il ristabilire dogane autonome, monete nazionali, codice sociale nazionale. Evidentemente non è questo. Il programma rivoluzionario comporta la distruzione della forma antidemocratica e di una Unione realizzata con la violenza."
Trotskij profetizzò come alla fine della guerra gli Stati europei non avrebbero più posseduto una vera identità statale. La crisi del militarismo, il processo di decolonizzazione avrebbe spostato il potere del mondo in altre aree geografiche se non fosse stato realizzato un qualcosa di alternativo al sistema europeo degli Stati. Il programma di pace doveva essere basato su due punti. Il primo: scatenare una rivoluzione proletaria in ciascun paese europeo. In questo modo si sarebbe impedito alla forze capitalistiche di risollevarsi dalla crisi dovuta alla guerra. Secondo: costituzione attraverso una democrazia continentale di istituzioni comuni, le quali accanto alla costruzione della democrazia proletaria si collegassero alla costruzione di uno Stato federale europeo.
"In altri termini: lo stabilirsi della dittatura del proletariato non è pensabile che nella sua espansione in tutta Europa, e per di più sotto la forma di una repubblica federale europea. L’Unione europea, non realizzata con il ferro o con gli accordi diplomatici, sarà il problema ineluttabile posto al proletariato vittorioso."
Il processo costituente, per arrivare alla forma federale, era così delineato: a) necessità che i proletari di tutti i paesi belligeranti si rendessero conto che i loro interessi erano diversi da quelli delle forze imperialiste che avevano scatenato la guerra; b) nasceva, quindi, ineluttabilmente la necessita` della Rivoluzione proletaria e la presa del potere; c) non era possibile, a questo punto, pensare in forme nazionali, essendo impossibile a ciascun Stato provvedere autonomamente ai suoi bisogni, ed era necessario progettare delle forme di unione; d) l'unica forma di unione era il patto federale che le libere nazioni potevano scegliere una volta possedute le leve del loro destino.
"Di conseguenza, gli Stati Uniti d’Europa rappresentano, prima di tutto, la sola forma immaginabile della dittatura del proletariato europeo.".
Così Trotskij, cinque anni prima delle dichiarazioni di Wilson, propose la soluzione federale per l'Europa. Nonostante l'adesione entusiastica di Lenin e la successiva redazione del Manifesto di Zimmerwald (4-8 Sett. 1915), messaggio diretto ai proletari di tutto il mondo, entrambi non si aspettavano e non conoscevano ancora le conseguenze a cui li avrebbe condotti la lotta intrapresa contro la Ragion di Stato (99).
Lenin e Trotskij furono sostenitori strenui di questo loro progetto. Lenin stesso non nascose mai la sua preferenza per una Russia post-rivoluzionaria federale. Coinvolti nelle vicende di conservazione del potere bolscevico in Russia, Trotskij, per primo, chiese l'istituzione dell'esercito obbligatorio del lavoro, con turni inumani, la leva obbligatoria e l'installazione di fabbriche di armi, fornite dai Krups, ma necessarie per sostenere l'Armata rossa che difendeva la Russia bolscevica dalla reazione. Si arrivò all'addestramento dell'Armata rossa, fatto da ufficiali tedeschi, a cui il Trattato di Parigi (1919) aveva vietato la ricostituzione dell'esercito. Truppe tedesche, stesse, poterono essere addestrate in territorio sovietico. La Russia da Impero si trasformò in fortilizio del proletariato accerchiato dai paesi capitalisti. Nonostante tutto questo, Trotskij continuò a sostenere le richieste di autonomia politica delle comunità nazionali minoritarie, inserite nella Repubblica dei Soviet, che, invece, erano avversate dal Commissario per le nazionalità Josiph Stalin.
Per Lenin la cosa fu più traumatica. Sino alla morte sperò in questo progetto politico: la federazione europea degli Stati socialisti. Ma in lui si faceva strada la convinzione che il nazionalismo e il capitalismo non erano stati sconfitti dalla Rivoluzione russa. Fu quindi in una circostanza di questo tipo che egli diede il colpo di timone che preservò la Russia e poi l'URSS da una forma unitaria a vantaggio della forma federale. Il problema consisteva nell'accettare o meno che la Georgia fosse fornita di una propria autonomia. Lenin non esitò, contro tutta la commissione per le nazionalità, a trasformare il problema in una questione di assetto istituzionale dello Stato. La sua morte avvenuta dopo aver costretto la Commissione per le nazionalità a scegliere la forma federale depose a favore della sua profonda fede federalista. Gli studi sulle forme di Stato e gli appunti sulle federazioni americana e svizzera, sono la prova del suo profondo interesse politico-istituzionale per questa soluzione.
Il periodo dell'utopia germinò, così, due differenti correnti politiche. La prima corrente, in cui si impersonava la corrente governativa, che voleva l'unione dell'Europa senza nessun sacrificio della sovranità assoluta degli Stati e si coagulò nel Movimento Pan-Europa di N. Kalergi. La seconda corrente più massimalista, che andava oltre il tiepido progetto Briand, la quale sosteneva delle forme di federazione mondiale, quali quelle proposte dagli inglesi propugnatori di trasformazioni federali del Commonwealth. Di questa seconda corrente gli scritti di Lord Lothian diretti a propugnare la trasformazione dell'impero coloniale inglese in federazione furono uno dei punti più alti di questo pensiero.
L’incubazione nazi-fascista e la seconda guerra mondiale furono la conclusione di questo periodo. La seconda guerra mondiale segnò una svolta. Come ben sintetizzò Einaudi (100) in una sua comunicazione al Convegno americano dell'American Academy of Political and Social Science (1940), il significato più vero di quella guerra fu la lotta fra coloro che sostenevano in Europa la formazione di un Impero razziale e coloro che, invece, volevano superare i vecchi equilibri in una Federazione europea alla cui base fossero la libertà e la democrazia. La Resistenza al nazi-fascismo generò, quindi, un secondo periodo del Federalismo che può essere definito periodo politico. In questo arco di tempo si formarono i movimenti autonomi dei federalisti i quali individuarono nella Federazione europea lo sbocco della seconda guerra mondiale (101). Federal Union prima, Il Movimento Federalista Europeo poi, sono alcuni di questi Movimenti che concepirono, in piena guerra, non come "fine quello antico, cioè la conquista del potere nazionale, ma come compito centrale la creazione di un solido Stato internazionale" (102). Questo fu, ed è tutt’ oggi il loro principale scopo politico.
In questo secondo periodo, la letteratura politica assunse due aspetti: a) quello di elaborazione teorica, b) quello di letteratura militante. Elaborazione teorica, significò sistematicità della cultura federalista, la quale si realizzò discutendo da un lato l'esperienza degli Stati Uniti d'America e dall'altra il compito mondiale dell'Europa, sino a giungere all'elaborazione di modelli di questa filosofia politica. Sono di questo periodo gli studi sulla gerarchia dei valori e su processo costituente (103).
Possiamo affermare, oggi, che questo periodo non si è ancora chiuso, anzi ha preso nuovo vigore dopo la prima elezione diretta del Parlamento Europeo (1979) e dal preciso mandato di lottare per l'unione politica europea sempre rivendicato e non ancora ottenuto. E’ così possibile definire questo secondo periodo quale età del prevalere della tendenza democratico-popolare. In esso, le forze politiche, basandosi sul rapporto democratico e sulla volontà popolare, rivendicarono l'unione federale dell'Europa. Dall'incontro delle tendenze integrative sia governative, sia democratico-popolari si può capire e spiegare tutta la storia dell'Europa occidentale di questo secondo dopoguerra. Ad essa partecipano pure i paesi dell'est, Russia compresa, i quali dal 1989, abolita la dittatura comunista, liquidato il COMECON, continuano a battere, insistentemente, alle porte dell'Unione Europea (104).
Alcune caratteristiche distinguono questo periodo dal precedente: 1) l'azione politica si svolge in opposizione agli Stati nazionali nella forma di un movimento continentale; 2) il movimento politico tende a diventare autonomo e a distinguersi, sempre di più, dalle correnti nazionali per assumere un fisionomia propria; 3) l'obiettivo politico è perseguito come processo costituente che deve scaturire nella forma dello Stato federale il quale unifica gli Stati preesistenti; 4) i valori della pace, della democrazia e della libertà sono alla base di questo modo nuovo di fare politica; 5) sono di questo periodo gli studi definitori dell'Ideal-tipus, che danno al Federalismo una dignità pari a quella di altre filosofie politiche quali il pensiero democratico, liberale, socialista, ecc…. L’Europa si trasforma in un grande laboratorio politico, che accanto alla lotta per il superamento del ritardo tecnologico e alla corsa verso la società postindustriale (105) collega lo sviluppo di nuove istituzioni originali che cercano di portarla verso questo ultimo e più importante fine: la federazione. Questo obiettivo viene ancorato ai tratti di una nuova società civile che, da una parte possa essere la prima pietra per una federazione mondiale (106), dall'altra si apra alle attuali esigenze che sono portate avanti dalla crisi dei paesi sottosviluppati del mondo (107).
Possiamo, quindi, risolvere il quesito relativo al campo bibliografico. La letteratura europea, comprendente anche ciò che gli europei hanno pubblicato fuori dell'Europa, rappresenta il materiale primario a testimonianza e a fondamento del Federalismo. Abbiamo, per queste ragioni, deciso di non fare una Bibliografia universale, ma una sola bibliografia dedicata al Federalismo Europeo, quale migliore rappresentante di questa letteratura.
4. La struttura della bibliografia
La bibliografia, dovendo raccogliere sia la letteratura ufficiale sia la letteratura militante ci imponeva delle scelte. Abbiamo fatto, prima di tutto , una apposita sezione dei periodici che nella loro vita hanno pubblicato articoli federalisti. Allo stesso modo abbiamo escluso tutti i documenti ufficiali, perché come abbiamo dimostrato, non rientrano nella definizione del campo bibliografico, ma abbiamo fornito le fonti per il loro ritrovamento.
Tutti gli estratti di articoli di periodici, pubblicati in modo autonomo, sono stati catalogati. Per le pubblicazioni aperiodiche, abbiamo documentato le varie traduzioni ed edizioni. Su questo materiale, poi, non escludendo l'appartenenza di ciascun lavoro a qualsivoglia disciplina si sono raccolte tutte le pubblicazioni che rientravano nello schema teorico.
Stabilito che il nucleo principale era il Federalismo europeo si poneva il primo problema dei suoi rapporti con le altre dottrine. In Europa sino dall'inizio del periodo politico, è possibile individuare due tendenze: quella confederale e quella federale. La prima intergovernativa si connette alla seconda che trova alimento nel movimento democratico popolare. Abbiamo quindi deciso di centrare la bibliografia sul Federalismo europeo considerandolo nel suo obiettivo principale: la richiesta dell'unificazione federale dell’Europa. A questa prima sezione se ne equiparano altre due. La prima del Federalismo mondiale, in cui sono raccolte tutte le opere dirette a propugnare la federazione mondiale e una seconda per il Federalismo nel resto del mondo, in cui sono stati collocati tutti gli studi effettuati sulle altre federazioni esistenti.
Documentato il Federalismo, si passò al Confederalismo europeo, in cui si collocarono tutti gli studi diretti a salvare, nella cooperazione internazionale, l'individualità e l'autonomia dei singoli Stati aderenti, utilizzando forme più strette e maggiormente complicate di organizzazione internazionale. Allo stesso modo furono documentati gli studi del Confederalismo nel resto del mondo, dedicati ad illustrare forme simili di organizzazione intergovernativa.
Dopo si è passati al funzionalismo europeo. In questo lavoro si constatò come esso prendesse vigore prima della nascita della Società delle Nazioni e tuttora sia vitale e prolifico di applicazioni. Di fatto, al suo interno, noi abbiamo catalogato due tipi di opere: a) opere dirette a superare un primo ostacolo verso più ambiziosi obiettivi federali; b) opere dirette a evidenziare l'incongruenza e le difficoltà evolutive del modello funzionale verso una federazione.
Appartengono al primo tipo opere quali quelle di Mendes-France e di Jean Monnet, mentre al secondo appartengono tutte quelle di letteratura comunitaria diretta a sottolineare la necessità di un suo sviluppo politico. Quindi è possibile dimostrare che una opinione diffusa della limitata portata delle Comunità europee, nel solo ambito europeo, non corrisponde a realtà. Il tentativo di Jean Monet scaturisce dalla bibliografia in tutta la sua portata universale, come è testimoniato dagli studi redatti in altre parti del mondo. In questa sezione, però, non sono catalogati tutti i volumi editi sulle Comunità, perché questo lavoro è stato fatto da altri in modo assai più completo e sistematico. Noi abbiamo solo raccolto le pubblicazioni più rappresentative, che mettono in luce i limiti e le contraddizioni dell'attuale Comunità. Accanto a questo primo settore, sono documentati tutti gli altri studi diretti ad ampliare i settori di attività (economia, moneta, ecc.). Il tutto è finalizzato a dimostrare che senza un impegno costituente federalista a latere, la CEE, e oggi l'Unione Europea, non avrebbero fatto molti progressi (108). In questa sezione, prendono posto anche gli studi sul quello che fu il COMECON, come su tutte le Organizzazioni internazionali, aventi sede in Europa, in cui si concretizza la speranza del loro contributo al più ambizioso obiettivo federale.
In ultimo abbiamo raccolto l'atteggiamento delle forze organizzate verso l’Europa. In essa sono stati raccolti documenti politici di associazioni, partiti, come di singoli intellettuali e singoli uomini politici, in cui si sostiene la necessità di una unificazione europea. In questa sezione presero posto anche le storie generali dirette a dimostrare l'unità culturale e storica dell'Europa.
A completamento della struttura, a nostro giudizio, mancavano ancora due sezioni: quella dedicata agli avversari dell'unione europea, e quella dedicata a raccogliere gli studi sull’unificazione europea pubblicati in paesi non europei. Nella prima sezione trovano posto il pensiero nazi-fascista, come il pensiero imperialista. Nella seconda sono catalogati gli studi con i quali i non europei manifestavano il loro favore, talvolta un preciso disegno politico, nel favorire l'unificazione europea.
A conclusione della esposizione strutturale, possiamo dire che nella bibliografia non sono state catalogate solo opere ufficialmente definite federaliste e opere di quel dato periodo, ma anche opere di critica che permettano di capire meglio le vicende storiche analizzate o un dato personaggio. Crediamo che il fruitore, in questo modo, possa raggiungere una migliore comprensione del periodo analizzato. La continuità, poi, fra i periodi storici, permette di osservare come nello stesso periodo o successivamente lo stesso autore abbia avuto delle evoluzioni o delle involuzioni nel proprio pensiero.
5. I periodi della bibliografia
Fissati i due grandi periodi del Federalismo europeo: A) periodo dell’utopia (1776-1938) e B) periodo della lotta politica (1939-1998), era necessario definire dei sottoperiodi omogenei per tutte le divisioni concettuali. Questo è stato fatto applicando il metodo decimale e approfondendo ogni sottoinsieme temporale.
Il primo periodo poi, è stato diviso in altri sottoperiodi. Con La nascita degli Stati Uniti d’America (1776-1788), in cui sono presenti gli studi di europei che seguirono l'evoluzione della Rivoluzione americana si espone il consolidarsi dell'esperienza federalista. La sua importanza può essere solo misurata, incrociando fra di loro le varie sezioni. Gli altri due periodi: la Rivoluzione francese (1789-1913) e il declino degli Stati europei (1914-1938) documentano l'ascesa del nazionalismo e il suo crollo, alla conclusione della seconda guerra mondiale.
Il secondo periodo, che va dal 1939 sino al 1998, è stato ripartito secondo le tappe più significative percorse dal processo di unificazione dell'Europa. La Resistenza (1939-1945), periodo di formazione di tutti i Movimenti federalisti.
Il Piano Marshall (1948) e il Mercato Comune (1958) sono i capisaldi degli altri sottoperiodi. In essi si coagulano le speranze del periodo della Comunità europea di difesa (CED), come la grande attesa dovuta alla CEE sino alla prima elezione diretta del Parlamento Europeo. Questo ultimo periodo è stato suddiviso sia per le pubblicazioni federaliste, sia per quelle del funzionalismo in periodi storicamente definiti. Il primo è definito dall'unione doganale che determina l'opposizione federalista alle illusioni, dimostratesi successivamente tali, del Mercato Comune. Il secondo periodo prende in esame la crisi della Comunità, sino alla prima elezione diretta del Parlamento Europeo. Il terzo approfondisce gli aspetti del ruolo costituente del Parlamento Europeo, il quale si erge a voce e a proponente di soluzioni per la crisi della Comunità e che ancora oggi si adopera per il raggiungimento della unione politica (109).
Questo documento del Parlamento Europeo, a nostro modo di vedere, corona i primi cinque anni di legislatura, ed è il primo visibile coagulo di tutte le aspirazioni di questo movimento politico, sin dalle sue origini. Con il Parlamento Europeo, nel ruolo di "federatore" dell'Europa, ci troviamo, quindi, ad una cesura storica in cui tutto il patrimonio culturale federalista tende a diventare esperienza storica di tutta l'umanità.
L’apertura alla Federazione mondiale, rintracciabile nelle ultime dichiarazioni ufficiali del Movimento Federalista (UEF), come gli ordini del giorno del Parlamento Europeo chiudono una fase di avvicinamento all'obiettivo della Federazione Europea e, ne aprono uno nuovo, quello di una fase costruttiva di detta federazione in organica connessione con i cruciali problemi del mondo.
PARTE TERZA
I PROBLEMI E I RISULTATI
1. Il reperimento delle informazioni bibliografiche
Le informazioni bibliografiche, comunemente si ricavano da cataloghi di grandi biblioteche. Anche noi utilizzammo i cataloghi delle Biblioteche nazionali di Francia, Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti e Russia come abbiamo ricordato nell'introduzione. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un moltiplicarsi dei cataloghi in rete, a cui abbiamo già attinto e a cui continuiamo ad attingere, proprio perché i nostri amici americani sono stati i primi a fornirci queste opportunità in anni in cui l'unico strumento possibile di comunicazione era il tabulato. Nel periodo 1995-1998 anche nell'Unione europea gli opac si sono diffusi con una maggiore capillarità anche con l'utilizzo degli standards internazionali che tendono a normalizzare le maschere e i metodi di interrogazione per l'utente (110).
Agli autori può essere chiesto perché non abbiano scelto di usare la descrizione ISBD in quanto viene comunemente qualificata come lo standard internazionale della catalogazione. La ragione è semplice. Al momento di uniformare le descrizioni, l'uso di ISBD non era generalizzato in Italia (1982) e per di più, non esistevano strumenti informatici che ne permettessero il trattamento a livello di bibliografia (111). Inoltre non disponendo, in molti casi, materialmente del libro la descrizione ISBD non poteva essere redatta correttamente in tutti i suoi particolari analitici. Fu quindi inevitabile utilizzare solo le regole RICA per essere sicuri di raggiungere un livello soddisfacente di catalogazione.
All'inizio molte biblioteche, nostre corrispondenti, ci inviarono le fotocopie delle loro schede catalografiche. Fu inevitabile, in queste circostanze, imbattersi nelle difformità che si stratificano in tutti i cataloghi di biblioteca. Nonostante tutto, queste lievi difformità producono, all'utente del catalogo di ciascuna biblioteca delle difficoltà lievi e tollerabili, mentre esse diventano intollerabili per una operazione di fusione delle catalogazioni di diversa provenienza come abbiamo illustrato già nell'introduzione. Per queste ragioni fummo obbligati a fare una opera di conversione nel sistema scelto di tutti i dati ricavati da quei cataloghi.
Un altro problema era sollevato dall'esistenza di circa cinquantadue bibliografie speciali, che nonostante le difformità del modello da noi scelto per la selezione della letteratura, ampliamente illustrato nella parte prima di questa relazione, avevano una notevole importanza, perché nate in ambiente federalista (112). La diversità dei criteri catalografici e delle note tipografiche unite a quelle di edizione necessitarono di un meticoloso lavoro di conversione che ci impegnò per anni.
Maneggiando queste ultime opere ci trovammo di fronte ad opere notevoli, nate dallo sforzo individuale di alcuni studiosi ma privi di mezzi. Si pensi che le bibliografie, ispirate dal Mouskhely, si interruppero per mancanza di fondi. La loro edizione, povera tipograficamente, evidenzia il solo uso della macchina per scrivere e della macchina litografica. Allo stesso modo, si presentano quelle del Liborion e del Beaufays, con la sola differenza di essere state stampate con una offset non professionale. Ci sia permesso di ricordare che la bibliografia, dell'avvocato francese Maurice Faucher in quattro volumi, fu stampata con l'offset, partendo dal dattiloscritto, in una tiratura limitata di copie. Il quarto volume, dedicato al Federalismo, uscì dopo due anni dai primi tre a causa delle difficoltà finanziarie incontrate dall'autore che pagò personalmente tutta l'opera.
Se da una parte, abbiamo condotto una selezione di questa letteratura, dall'altra ci rendiamo conto che non era possibile distinguere i vari aspetti del modello del Federalismo perché in suoi tre aspetti era quasi sempre presenti in ciascuna delle opere esaminate. Fu così che le prime operazioni furono di normalizzazione su scheda internazionale dei dati raccolti e poi la sua periodizzazione secondo lo schema concettuale. In questo modo la bibliografia prese la forma di una bibliografia su schede catalografiche tuttora depositata presso la Biblioteca interdipartimentale "Gioele Solari" dell'Università degli studi di Torino.
A questo punto, gli autori si posero il problema della sua pubblicazione, che, inevitabilmente, passava attraverso l'uso di un calcolatore, se si volevano abbattere i costi di composizione e di stampa. I paragrafi che seguono, sono, quindi, la spiegazione dei risultati raggiunti su questo problema. Bisogna però chiarire che, a tutto il Comitato scientifico della ricerca C.N.R., premeva allora come oggi di conservare la bibliografia e staccarla dal destino temporale della edizione cartacea, che avrebbe condotto con sè una obsolescenza tale da obbligare i nostri continuatori a riprendere il lavoro da capo anche in caso di breve aggiornamento. Per evitare questa difficoltà, tutti gli autori pensarono, senza esitazioni, all'uso del calcolatore e dell'utilizzo di un data-base su cui trasportare la bibliografia., anche se questo significava affrontare dei problemi bibliografici ed informatici allora insoluti.
2. Il calcolatore e la fotocomposizione
La prima difficoltà da superare si presentava nell'esistenza di diversi calcolatori in corrispondenza ai vari Enti interessati al processo informatico, in assenza, quasi totale, di soluzioni su PC, allora appena agli albori. A Torino, presso il CSI-Piemonte (113), ente consortile su cui poggiava e poggia anche oggi, l'Università degli studi di Torino, si giunse a concordare l'uso di un Digital vax-11/780, con un contributo di ricerca CSI in ore di calcolo gratuito.
Presso l'Istituto per la Documentazione Giuridica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.) di Firenze (IDG) (114) utilizzammo il loro IBM 370. La ditta di fotocomposizione in Varese, a cui dovevano giungere gli elaborati finali, possedeva un Data General per la guida della macchina Laser Print di fotocomposizione.
La prima decisione riguardò la standardizzazione di alcuni elementi descrittivi della bibliografia e la loro rappresentazione in calcolatore. Prima di tutto si risolse il problema, da molti considerato insolubile, dei caratteri speciali. La tabella di questi caratteri, allegata ad documento C.S.I. (Feb. 1985) (115), indicò come dovesse essere usato un carattere riservato, aggiuntivo alla lettera alfabetica, in modo che un apposito programma predisposto dal C.N.R. di Roma permettesse di leggere il carattere speciale scritto nel set del calcolatore come carattere speciale di quel set, e tale veniva ad essere identificato dalla macchina per la fotocomposizione permettendo la stampa del carattere speciale. Il C.S.I. e l'I.D.G. definirono gli standards dei files dei dati, in modo lineare per i vari campi del singolo record, in modo da contrassegnarli da separatori specifici. Il record singolo venne sempre scritto sulla stessa linea all'interno del file di dati. Dal Vax-11/780 il file scritto con caratteri ASCII fu passato sull'IBM compatibile del C.S.I. traducendo tutti i caratteri nei corrispondenti del set EBCDIC. In un primo tempo il file venne scaricato su nastro a 9 piste, no label, ed inviato all'I.D.G., poi, in un periodo di tempo successivo, mandato come file transfert attraverso la rete internazionale scientifica EARN. L’I.D.G., successivamente alla lavorazione, effettuata con il suo software (116) forniva un output esadecimale già pronto per l'inserimento nella fotocompositrice, utilizzabile sul Data General di una ditta di Varese. Da questo procedimento, dopo aver percorso il normale processo industriale di stampa offset e della rilegatura delle copie realizzate, il contratto di edizione con la casa editrice Franco Angeli di Milano produsse i due volumi della copia a stampa della bibliografia (117) che fu il primo prodotto visibile di tutto il nostro lavoro.
Altri ulteriori risultati furono raggiunti con questo processo:
1) l'uso del calcolatore ci ha permesso di mantenere in linea la bibliografia per tutti questi anni modificando e correggendo i dati;
2) il lavoro del calcolatore ha reso possibile la stampa della bibliografia, almeno per la parte più rilevante, anche in un periodo di alta inflazione, contenendone i costi.
3) questi stessi dati sono stati utilizzati dall'IDG per addivenire alla produzione della banca-dati della Bibliografia che poi, come abbiamo ricordato, abbiamo chiamato EURO.
3. I risultati
Terminato il lavoro di realizzazione della Banca dati EURO, questa è stata posta al servizio della comunità scientifica dal 1991 al 1993 sotto il sistema di gestione delle banche dati dell'IDG di Firenze, VTAM/VM-CMS (IBM).
Dal 1993 l'I.D.G. ha trasformato il suo hardware introducendo una macchina Risc6000 IBM e il sistema operativo Unix. Le banche-dati tra cui EURO sono state convertite sotto di DBMS di ISIS, in modo da presentarsi all'utente con lo stesso modulo operativo e lo stesso sistema di interrogazione in modo standard secondo l'ISO Z39.
EURO è oggi organicamente inserita tra le altre banche-dati attive e interrogabili presso il Centro di Calcolo dell'I.D.G.. E' possibile interrogare il modo selezionato o cumulativo (118) tutte o parte delle banche-dati in modo che le catalogazioni presenti in EURO possano essere collegate a quelle delle altre banche-dati, il suo aggiornamento si ferma al 31.12.1998. Esiste una homepage che l'utente appena passa dalla homepage delle banche dati trova EURO. In essa è possibile leggere i due saggi introduttivi, l'elenco dei periodici relativi al Federalismo e tutte le istruzioni per la consultazione della banca-dati. Sono possibili due modalità di consultazione: quella diretta e quella guidata. Questa ultima permette di accedere ad una maschera nella quale è possibile scegliere fra i vari campi in cui la banca-dati effettua le ricerche attraverso i metodi dell'algebra booleana. E' possibile, anche, ricercare su tutto il testo immesso una parola o parti troncate della stessa. Le informazioni trovate vengono visualizzate e cliccando su ciascuna di esse si giunge alla visualizzazione della singola scheda. Per il resto il funzionamento è simile a quello della altre banche-dati impostate secondo il protocollo ISO Z39 che ne permette l'utilizzo mediante il browser e con output htm o html.
4. Riflessioni conclusive
Questa bibliografia ha voluto porsi come un ponte fra il passato e il futuro, basandosi sul fatto che la banca-dati EURO è stata nel 1993 rigenerata con WAIS/ISIS. Nel 1989 due Stati membri, l'Italia e il Belgio, fecero quella rielezione del Parlamento Europeo, collegata alla promessa del conferimento del mandato costituente e questo nonostante fosse diventato un impegno formale del Consiglio europeo di Roma svoltosi nel Dicembre 1990, poca strada ha percorso. Però l'attuazione della moneta unica, l'EURO, il primo gennaio 1999, è stata egualmente un primo passaggio di sovranità dagli Stati all'Europa che, dalla firma del Trattato di Roma, avevano intrapreso il cammino comune con questo obbiettivo. La letteratura raccolta dalla nostra banca-dati, specialmente quella più recente, testimonia questo interesse costituzionale rispetto alla Unione europea (119). Oggi le sfide contenute nel trattato di Maastricht e nonostante le indecisioni contenute in quello di Amsterdam, si ripropongono con la loro drammaticità, evidenziate da una parte dalla crisi economica dell'est europeo e dall'altra dalla guerra nei balcani che non è stata spenta. Chiaramente vengono alla luce quattro problemi: la difesa europea e la politica estera, l'economia, il problema del governo europeo con il suo rapporto di fiducia con il Parlamento europeo, il problema della cittadinanza e della giustizia europea. Tutti questi temi richiedono un processo costituente il quale per diventare visibile necessita di un compromesso tra la linea delle forze democratiche-popolari e quelle governative che hanno portato l'Europa sino alla soglia della moneta unica. A questo scopo, essendo prevista per la primavera del 1999, la quarta consultazione elettorale per il rinnovo dei rappresentanti del Parlamento europeo, a cui seguirà il rinnovamento delle principali cariche europee, molti studiosi, lo stesso Movimento Federalista e anche Capi di Stato europei sono intenzionati a dare un mandato costituente al Parlamento europeo. Questa sola soluzione sembra essere la più idonea alla realizzazione della Federazione europea che dalla fine della seconda guerra mondiale è stata sempre auspicata ma non ancora realizzata.
SUGLI AUTORI
Il Dott. Riccardo MARENA è nato a Torino il 13 Dicembre 1944. E' dirigente vicario dell'Università degli studi di Torino. Ha diretto la Biblioteca dell'Istituto di Scienze Politiche "Gioele Solari" della Facoltà omonima dell'Università degli studi di Torino, poi la Biblioteca interdipartimentale "Gioele Solari". Attualmente è Direttore della Ripartizione Polo per il coordinamento delle Biblioteche universitarie della stessa Università.
Il Dott. Alberto BUTTERI è nato a Torino il 19 Settembre 1935 è dirigente vicario dell'Università degli studi di Torino, ha diretto la Biblioteca annessa all'Istituto giuridico dell'Università degli studi di Torino ed è, attualmente, Direttore della Biblioteca "Francesco Ruffini" del Dipartimento di Scienze giuridiche della stessa Università.
Il Dott. Vito CONSOLE è nato a Venezia il 26 Aprile 1934. Direttore di Biblioteca del Ministero per i beni culturali e ambientali ha ricoperto l'incarico di reggente della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino da Dicembre 1994 al Gennaio 1996. Attualmente lavora presso la stessa Biblioteca come responsabile del personale.
NOTE
(1) EURO consultabile a http://www.idg.fi.cnr.it/ita/informazione/banche/locali/eurohelp.htm/
(2) Esempi classici di questa distinzione e della loro presupposta inconciliabilità sono: MALCLES, Louise-Noelle, Les sources du travail bibliographique, Geneve, Paris, Droz-Minard, 1950-58, 4v.; BESTERMAN, Theodore, The beginnings of sistematic bibliography, London, Oxford University Press, 1935.
(3) Sono utili per comprendere quel periodo ponieristico delle banche dati e della telematica: BESTERMAN, Theodore, A world bibliographies and catalogues, calendars, abstracts, digests, idexes and like. Lausanne, Societas Bibliographica 1965-66, 4 ed. Per le banche dati, LAZZARI, Tommaso, Telematica e basi-dati nei servizi bibliotecari: introduzione all’uso dei servizi di informazione in linea. Roma, NIS, 1982, 175 p.
(4) Su Johann TRITHEIM Frate Benedettino di Spanheim (Magonza) è fondamentale l’opera di BRANN, Noel L., The Abbot Tritemius (1462-1516), The Renaissance of Monastic Humanism, Leiden, E. J. Brill, 1981; sui problemi generali cfr. BALSAMO, Luigi, La bibliografia: storia di una tradizione, Firenze, Sansoni editore, 1992; sul quattro-cinquecento cfr i capp. III e IV.
(5) Su CONRAD, Gesner, Cfr: WELLISCH, Hans, H., Conrad, Gessner, A Bio-Biography, Zug, IDC, 1984, oppure SERRAI, Alfredo, Conrad Gesner, Roma, BULZONI, 1990.
(6) Cfr: MARENA, Riccardo - BUTTERI, Alberto - CONSOLE, Vito, Bibliografia del Federalismo Europeo, Milano, ANGELI, 1987, v.1, p. 57-59.
(7) Cfr: Si definiscono quali fantasmi bibliografici, le descrizioni che anche ad una prima indagine risultano in tutto o nella loro maggior parte inventate dai compilatori.
(8) Cfr. Knizhnaia Letopis'. Dopolnitel'nyi vypusk. Knigi i broshiury/ Gosudarstvennyi Komiter SSSR, Moskva Kniga, 1907-1991. Dal 1907 al 1917 l’edizione fu dell’Impero Russo. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre riprese le pubblicazioni e mantenne la sua continuità sino al 1991. Con il 21 Dicembre 1991, a seguito del Convegno di Alma Ata che liquitò l’URSS dando vita alla CSI (Comunità di Stati Indipendenti), la Knizhnaia Letopis' riprese le pubblicazioni senza regolarità legando a questa una difficoltà di distribuzione specialmente verso i paesi dell’occidente europeo, perdendo la precedente funzione di annuario di tutte le pubblicazioni a stampa dell’URSS.
(9) Attualmente le regole di catalogazione sono le seguenti: American Library Association, Anglo-American cataloguing rules by Michel GORMAN and Paul WINKLER, London, ALA, 1980 per l’area di lingua inglese; Regles générales proposes pour la redation des catalogues en vie de leur unification, Paris, Champion, 1929 e RICHER, C., Etudes comparatives des codes des catalogages de 1967 er de 1949, Montreal, Association Canadienne des Bibliothècaires de langue française, 1968 per l’area di lingua francese; HALLER, Klaus - POPST, Hans, Katalogisierung nach den rak-WB eine Einefurung in die Reglen für die alphabetisce Katalogisierung in Wisswenschaftlichen Bibliotheken-WB, München, Saur, 1982, 278 pp.; (MBCA) Ministero per i beni culturali e ambientali, (ICCU) Istituto italiano per il catalogo unico, Regole italiane di catalogazione per autori, Roma ICCU, 1979 per l’Italia. Si ricorda ancora a questo proposito che non sono esplorate le regole di catalogazione per le altre lingue non indoeuropee che richiedono anche una buona conoscenza di quelle lingue.
(10) Cfr. International Conference on cataloguing principles. Paris, 1961: statements on principles. Edited by Eva VERONA, London, IFLA, Committee on cataloguing, 1971.
(11) Sui problemi della catalogazione in generale, con la quale ci siamo inevitabilmente scontrati cfr. CHAPLIN , A. H., An universal cataloging code in Toward a better cataloging code: papers presented before the twenty-first Annual Conference of the Graduate Library School of the University of Chicago, June 13-15, 1956, edited by French Strout, Chicago, The University of Chicago Graduate Library School, 1957, pp. 87-97; DINI, Rossella, Il parente povero della catalogazione: la descrizione bibliografica dal Rapporto Henkle all’incontro di Copegaghen, Milano Editrice Bibliografica, 1985. Per un esame comparato della varie stratificazioni catalografiche italiane cfr. L’esame comparato delle regole di catalogazione del 1956 e del 1978. 2a edizione , Napoli, AIB, 1982 e Guida alla catalogazione nel SBN, Roma ICCU, ultimo aggiornamento, 1989, 2 voll.. Più recente Michael GORMAN, il futuro della catalogazione in "Bollettino Aib", Roma, 1998, vol. 38, n. 2, pp.138-149.
(12) L’analogia è di Jessy Hauk SHERA cfr. EGAN, Margaret - SHERA, Jessy Hauk, Foundations of a Theory of Bibliography, in "Library Quarterly", 22, 1952, pp.125-137.
(13) Giurista romano del 161 d. Cr., vissuto tra il regno di Antonio Pio e quello di Marco Aurelio. Il suo manuale fu sostituito da quello giustinaneo redatto dai giuristi TRIBONIANO, TEOFILO e DOROTEO reso obbligatorio con la "Costituzione imperatoria" di GIUSTINIANO del 533 d. Cr. Questo atto giuridico concludeva un lungo lavoro della Commissione voluta da GIUSTINIANO e guidata da TRIBONIANO che redasse il "Digesto" nel quale furono fusi sia gli insegnamenti di Gaio sia le linee fondamentali delle sue Istitutiones.
(14) BOURDEAU, Georges, Traité de science politique, Paris, Librarie génerale de droit e des jurispudence, 1a edizione 1949, 2a edizione 1966, 3a edizione 1984-1987, v. 5
(15) Federal system of the world: a handbook of Federal, Confederal and Authonomy Arrangements a cura di ELAZAR, Daniel Joudah, New York, Stockton, 1994, 364 p.
(16) STEWART, William H., Concepts of Federalism, Lanham, University Press, 1984, 239 p.
(17) BASSANI, Lugi Marco - STEWART, William H. - VITALE, Alessandro, I concetti del Federalismo, Milano, Giuffrè, 1995, 562 p.
(18) Cfr, la voce Confederalismo di BASSANI citato alla nota n.17 pag. 123 e segg.
(19) MONNET, Jean, Memoires, Paris, Faiard, 1976. Su questa impostazione giuridica internazionalista è considerato un classico SERENI Angelo Piero, l’organizzazione internazionale, Milano Giuffrè, 1959.
(20) Su questo problema si confrontino de seguenti voci del BASSANI cit. nota n. 17: Federalismo cosmopolita p. 148, istituzionale p. 251, hamiltoniano p. 233, multinazionale p. 297, di Proudhon p. 362, sopranazionale p. 408; e pure federalismo e nazionalismo p. 303.
(21) Per campo bibliografico si intende il tema definito secondo regole storiche e metodologiche che ne permettono di delinearne la individualità. Su questo si legga la parte seconda che segue.
(22) Tradotto significa visione o concezione del mondo. A questo riguardo cfr. MANNHEIM, Karl, Essays in the Sociology of Knowledge, London, Routledge and Kegan,1952 traduzione italiana: idem, Sociologia della conoscenza, Bari, Dedalo, 1974
(23) Oltre a libro citato nella nota 22 si cfr. IZZO Alberto, La Sociologia della conoscenza, Bologna, Il Mulino, 1966 189 p,; SPARTI, Davide, Epistemologia e scienze sociali, Roma, NIS, 1995, 203 pp.; FULLER, Steve, Social Epistemology, Bloomington, Indiana University Press, 1988, 316 p.
(24) Cfr. ROSSI, Pietro, Lo storicismo tedesco, Torino, Utet, 1977, 978 p.
(25) Paris, F. Alcan, 1912, 186 p. anche la traduzione italiana: le regole del metodo sociologico, Milano, Edizioni di Comunità, 1979; dello stesso autore è significativo il tentativo di definire il socialismo in DURKHEIM Emile, le Socialisme: la doctrine, sa définition, ses dèbuts, la doctrine saint-simonienne, Paris, F. Alcan, 1928, 352 p.; traduzione italiana: idem, Il socialismo, Milano, Angeli, 1982.
(26) Cfr. LUKACS, Gyorgy, Die Zerstörung der Vernuft, Berlin, Aufbau Verlag, 1959 cap. IV su Max Weber e Karl Mannheim. Anche in traduzione Italiana: la distruzione della ragione, Torino, Einaudi, 1959
(27) Basel, 1494. Sulla figura e l’opera di innovatore delle scienze le libro e della bibliografia cfr. BRANN Noel citato alla nota n. 4
(28) Lion, 1522. Cfr. ZILETTI Giovan Battista, Index librorum ominium…in utroque iure tam pontificio quam cesareo, ad hac diem editorum …Venezia, Giordano Ziletti, 1555 unito al RUTILUS Bernardinus - FICARDUS, Johannes, Iureconsultorum vitae veterum…recentiorum. Ad haec Indices locuplessimi omnium scriptorum…, Basilea, Amerbach, 1538.
(29) sive Catalogus omnuium scriptorum locupletissimus, in tribus linguis, Latina, Graeca et Hebraica: extantium et non extantium, veterum et recentiorum in hunc usque diem, doctorum et indoctorum, publicatorum et in Bibliothecis latentium…, Zurigo, 1545; su questo autore cfr. BESTERMAN, Theodore, Les débuts de la bibliografie méthodique, Paris, 1950; BALSAMO Luigi, Il canone bibliografico di Konrad Gesner e il concetto di Biblioteca pubblica nel cinquecento in Studi di biblioteconomia e storia del libro in onore di Francesco Barberi, Roma, AIB, 1976, pp. 77-95; WELLISCH, Hans H. e SERRAI, Alfredo, opere citate alla nota n. 5.
(30) Biblioteca selecta qua agitur de ratione studiorum in historia, in disciplinis, in salute omnium procuranda, Roma, Typografia Apostolica, 1593.
(31) Bibliographia juridica et politica novissima perpetuum continuanda…1680
(32) Cfr. MANNHEIM Karl, Ideologie und Utopie, Bonn, 1929 1a edizione; idem, Ideology and utopia: an introduction to the sociology of knowledge. With preface of Luis Wirt, New York, Harcourt Brace, 1952, 3a edizione; traduzione italiana idem, Ideologia e utopia, Bologna, Il mulino, 1990; idem, Comservativism: a contribution to the Sociology of knowledge, London, New York, Routledge and Kegan Paul, 1986 traduzione italiana: idem, Conservatorismo: nascita e sviluppo del pensiero conservatore, Bari, Roma, Laterza, 1989.
(33) Cfr sulla "falsa coscienza" e i problemi dell’ideologia: Knowledge and politics: the sociolgy of knowledge dispute Edited by Volker Meja and Nico Stehr, London, Routledge, 1990, 327 p.
(34) Cfr. WEBER, Max, Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino, Einaudi, 1974.
(35) Cfr. su questa impostazione generale della disciplina cfr. SHERA, Jessy Hauk, Sociological foundations of librarianship, New York, Asia Publication House, 1970; idem, Philosophy of Librarianship in World encyclopedia of Library and Information Services. 3a edizione, Chicago, American Library Association, 1993, pp. 460-464; KARSTEDT, Peter, Studien zur soziologie der Bibliotek, Wiesbaden, Harrossowitz, 1965 traduzione italiana idem, Studi di sociologia della biblioteca, Firenze, Giunta regionale toscana, 1980, x, 159 p.
(36) Contro l’impostazione coerente di questa metodologia, secondo l’insegnamento di WEBER, confronta per la scuola marxista LUKACS citato alla nota n. 26 cap. IV; per l’idealismo ANTONI, Carlo, Dallo storicismo alla Sociologia, Firenze, Sansoni, 1951. Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale per la riscoperta del suo pensiero cfr. PARSONS, Talcott, The structure of Social Action: a study in social theory with special refecence to a group of recent writers, Glencoe, The Free Press, 1949 traduzione italiana, La struttura dell’azione sociale, Bologna, il Mulino, 1987, 826 pp.; anche MOMMSEN, Wolfgang J., The political and social Theory of Max Weber: collected essays, Oxford, Polity Press, 1989, 226 pp.
(37) Cfr. SOROKIN, Pitirim A., Sociocultural causality, space, time and sociocultural causality. New York, Russell and Russell, 1964; GURVITCH, Georges, Les cadres sociaux de la connaissance, Paris, PUF, 1966; per Max Weber bisogna prima di tutto citare il suo Politik als Beruf, Berlin, Duncker und Umblot, 1993, 66 p., traduzione italiana: idem, la politica come vocazione, Milano, Anabasi, 1994; e sulla sua metodologia si ricordano: ALEXANDER Jeffrey C., The classical attempt at theoretical synthesis: Max Weber, Berkley, Los Angeles, University of California Press, 1983; Approaches to social theory edited by James COLENAM and Stefan NOWAK, New York, Russel Sage Foudation, 1986; BEETHAM, David, La teoria politica di Max Weber, Bologna, Il Mulino, 1989, 377 pp.; COLEMAN, James S., Foundations of social theory, Cambridge, London, The Belknap press of Harvard University Press, 1990, 993 pp.; BERGER, Peter L. - LUCKMANN, Thomas, La realtà come costruzione sociale, Bologna, Il Mulino, 1992, 258 pp.; BIANCO, Franco, La basi teoriche dell'opera di Max Weber, Roma, Bari, Laterza, 1997, 197 pp.
(38) Cfr. per il diritto ricordiamo l’opera fondamentale di VON BERTALAFFY, Ludwig, Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppo, applicazioni. Milano, Istituto Internazionale Librario, 1971; per il diritto penale sulla depenalizzazione segnaliamo il volume SINISCALCO, Marco, Depenalizzazione e garanzia, Bologna, Il mulino, 1983.
(39) Per il metodo costituzionale e lo studio del Diritto pubblico ricordiamo: KELSEN, Hans, Teoria generale del diritto e dello Stato, Milano, Etas Libri, 1984; idem, Das Problem der Souveränität und der Theorie des Volkerrechts, Tübingen, 1928; idem, Der soziologische und der juristische Staatsbegriff, Tübingen, 1928.
(40) Da, BOBBIO Norberto, Il Federalismo nel dibattito politico e culturale della Resistenza europea in: L’idea dell’unificazione europea dalla prima alla seconda guerra mondiale, Torino, Fondazione "Luigi Einaudi", 1975, pag. 236.
(41) Cfr: Il Federalista, di Alexander HAMILTON, John JAY, James MADISON, a cura di G. NEGRI e M. D’ADDIO, Bologna, Il Mulino, 1980.
(42) Cfr. PROUDHON, Pierre J., Du principe fédératif et de la nécessité de réconstituer le parti de la révolution, Paris, Dentu, 1863.
(43) Cfr. MARC, Alexandre, L’Europe dans le monde, Paris, Payot, 1965; idem, Dialectique du déchâinement, Paris, Colombe, 1961; ARON, Robert - MARC, Alexandre, Principles du Fèdèralisme, Paris, Le Portulan, 1948.
(44) Cfr: OLIVETTI, Adriano, Federalismo integrale, in "L’Unità europea", Milano, 1945, n. 8; idem, L’ordine politico delle comunità, Ivrea, Nuove edizioni di Ivrea, 1945.
(45) Cfr. La sua fortuna fu più ampia del Federalismo istituzionale fondato da Altiero SPINELLI, forse perché giocò a suo vantaggio la partecipazione a questo movimento di molti docenti universitari. Esempio significativo di questa impostazione accademica ne sono l’impostazione di bibliografie di alcuni autori più avanti citati quali LIBORION A. e BEAUFAYS, J., oppure quella della stessa Library of Congress (Washington) che nel suo catalogo a soggetto unifica sotto la voce European unification tutto ciò che è stato scritto, in Europa e nel resto del mondo, sul Federalismo, Confederalismo, Funzionalismo, posseduto da questa biblioteca, non escludendo di unificare anche il decentramento amministrativo come quello regionale.
(46) Cfr: ALBERTINI, Mario - ROSSOLILLO, Francesco, La décadence du fédéralisme aux les Etats Unis in: "Le fédéraliste", Pavia, a. 4, 1962, p. 219.
(47) Cfr. FRIEDRICH, Carl J., Trends of Federalism in Theory and Practice. London, Pall Mall, 1968; idem, Constitutional Government and Democracy. Boston Ginn and Co., 1950, cap. XI; idem, International Federalism in Theory and Practice in Systems of integrating the International Community, Princeton, Princeton University Press, 1964.
(48) Cfr. opera citata alla nota n. 46
(49) Cfr.: FRIEDRICH, Carl J., opera citata alla nota n. 47
(50) Cfr. MERTON, Robert K., Anomia in Teoria e struttura sociale, Bologna, Il Mulino, 1983.
(51) Cfr. Il Federalista, citato alla nota n. 41 saggio n. 6
(52) Tuscaloosa, University of Alabama Press, 1987, 335 p., traduzione italiana: ELAZAR Daniel J., Idee e forme del Federalismo, Milano, Edizioni di Comunità, 1995, 272 p.
(53) Ci pare importante citare a questo proposito BASSANI Luigi Marco già citato alla nota n. 17; introduzione: il Federalismo metafore e concetti, pag. 27-36 nel quale si esamina la posizione antifederalista della dottrina giuridica tedesca anteriore alla formulazione del Federalismo di Federal Union (1937-1943) in Gran Bretagna. Questo concetto ben definito della ipnosi della sovranità trova un preciso caso storico delle vicende belliche contemporanee della ex Jugoslavia, dal 2-7-1990 Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Kosovo ed infine Serbia si costituirono come Stati sovrani. Seguirono azioni militari e una vera e propria guerra fra vari di questi Stati che nel 1999 sfociò in nuove azioni militari contro il Kosovo. Il risultato fu la divisione della preesistente federazione, la cui vita politica era collegata al monopolio del potere detenuto dal Partito comunista di Jugoslavia, in vari Stati sovrani che si contesero con le armi una precarietà economica priva di credibili prospettive. L’Unione Europea e gli USA dopo aver garantito la pace in Bosnia non sono ancora riusciti ad ottenere una pacificazione della regione che è parte dell’Europa. Alla seconda via si possono ascrivere tutti i tentativi di costruzione delle Stato federale guidati dai Federalisti europei prima verso la CEE e oggi verso l’Unione europea. Essi sono prova di questi comportamenti coerenti diretti alla costituzione della Federazione. Si veda su questo secondo punto: SPINELLI, Altiero, Come ho tentato di diventare saggio, Bologna, Il Mulino, 1988 nel quale sono ricordati i sei cicli dell’azione politica a cui ha partecipato assieme ai Federalisti e precisamente: 1) 1943-45 sulla rinascita democratica a seguito della distruzione del vecchio ordine europeo; 2) 1947-54 Sull’ipotesi, sostenuna dagli USA, di costituire una Federazione europea fra gli Stati dell’Europa occidentale per arginare il disegno egemonico sull’Est europeo dell’URSS; 1954-1960 il Congresso del Popolo europeo diretto a mobilitare l’europeismo diffuso sull’obiettivo della Costituente europea; 1970-76 Il progetto di trasformare la Commissione delle Comunità europee in guida politica per raggiungere l’unione politica; 1976-1986 sul ruolo costituente del Parlamento europeo. (cfr. pag. 347-348).
(54) Ventotene è una isola tirrenica italiana, sede di confino per gli oppositori antifascisti. Fu in questa isola che Altiero SPINELLI, Eugenio COLORNI e Ernesto ROSSI redassero il manifesto così denominato cfr: SPINELLI, Altiero (A.S.) - ROSSI, Ernesto (E.R.), Per una Europa libera e unita. Progetto di un manifesto.(1941) in idem Problemi della Federazione europea, Roma, Movimento per la Federazione Europea, 1944, nuova edizione SPINELLI, Altiero, Il Manifesto di Ventotene, Bologna, Il Mulino, 1991, 149 p. Per la storia di questa scoperta e del progetto politico conseguente cfr. SPINELLI Altiero, op. cit. a nota n.53 cap. X Ventotene 1939-1943.
(55) Cfr: SPINELLI, Altiero (A.S.) - ROSSI, Ernesto (E.R.), citato a nota n. 54, pp. 9-30.
(56) Cfr. SPINELLI, Altiero, cit. nota n. 53 pp. 307-343
(57) Cfr: SPINELLI, Altiero, cita alla nota n. 53 parte 1: Io, Ulisse: pp. 307-311 La scoperta del Federalismo.
(58) L’ultima battaglia federalista di Altiero SPINELLI si concluse qui. Nonostante tutto egli invitò il Parlamento europeo a riprendere il "mare aperto", metafora con cui amava indicare la necessità di non accettare la sconfitta e ripartire per un nuovo tentativo diretto a costruire la Costituzione federale dell’Europa. Si confrontino SPINELLI, Altiero, Posizione del Parlamento europeo sull’Atto unico europeo (16 Gennaio 1986), pp. 368-373 e idem, Discorso di Altiero Spinelli alla Commissione affari istituzionali (4 Febbraio 1986), p. 377-381 in idem, Discorsi al Parlamento europeo: 1976-1986 a cura di Pier Virgilio Dastoli, Bologna il Mulino, 1986; egualmente cfr. SPINELLI, Altiero, Diario europeo: 1976-1986, a cura di Edmondo Paolini, Bologna, Il Mulino, 1992, p.1313-1318.
(59) Cfr. ALBERTINI, Mario, Il modo di produzione post-industriale e la fine della condizione operaia, in "Il Federalista", Pavia, 1957, a. 18, pp. 254-261.
(60) Cfr. ALBERTINI, Mario, Lo Stato nazionale, Bologna, Il Mulino, 1998 si tratta dell’ultimo lascito di questo autore scomparso nel 1997; idem, Le due correnti dei federalisti si misureranno nell’azione in "Il Mercurio", Milano, 1956, a. 3, n. 17, mar., p. 8; idem, La politica e altri saggi, Milano, Giuffrè, 1963; PISTONE, Sergio, La Ragion di Stato, Pavia, Il Federalista, 1972.
(61) Cfr. ROBBINS, Lionel, Le cause economiche della guerra, Roma, Einaudi, 1944, nuova edizione italiana: Il federalismo e l’ordine economico internazionale, Bologna, Il Mulino, 1985, 210 p
(62) KERR, Philip Henry (Lord Lohian), Pacifism is not enough, not Patriotism either. Oxford, Clarendon Press, 1935; nuova traduzione italiana: Il pacifismo non basta, Bologna, Il Mulino, 1986, 122 p.
(63) Cfr. ALBERTINI, Mario, Il Federalismo: antologia e definizione, Milano, Giuffrè, 1963; nuova edizione Bologna, Il Mulino, 1979; MANNHEIM, Karl, Ideologia e utopia, cit. alla nota n.32 Bologna, Il Mulino, 1968; SOROKIN, Pitirim A., Social and Cultural Dynamics, New York, Glencoe, 1937, vol. 3; STARK, Werner, La sociologia della conoscenza, Milano, Etas Libri, 1967.
(64) Cfr. ALBERTINI, Mario, Il Federalismo, cit. alla nota n. 63.
(65) Cfr. TRUBECKOJ, Nikolaj, L’Europa e l’umanità: la prima critica all’eurocentrismo, Torino, Einaudi, 1982, 112 p. anche cfr. ONIANS, Richard Droxton, The origins of European thought, Cambridge, Cambridge University Press, 1988, 583 p., idem, Le origini del pensiero europeo, Milano, Adelphi,1998, p. 648.
(66) Assai difficile è dare dei riferimenti a causa della lingua pali in cui è scritto tutto il Canone Buddista. Comunque il riferimento all’imperatore e alle sue virtù si possono leggere nella Sutta Pitaka, Majjhima Nikaga, 129. Per la lingua italiana cfr. Canone Buddista a cura di Eugenio Frola, Torino, Utet, 1967 2 voll., cap. XIX l’uomo giusto; Seconda parte pp. 911-932 in cui ci sono le traduzione del brano citato in lingua originale.
(67) Cfr. come lucida sintesi del suo pensiero: GANDHI, Mohandas K., Antichi come le montagne, Milano, Edizioni di Comunità, 1963 oppure in lingua inglese: All men are brothers: life and thoughts of Mahatma Gandhi as told in his ownsword, Lousanne, Unesco, 1963, i numeri dei paragrafi sono uguali. si confrontino 5, un amore contro la distruzione; 7, la strada verso l’aimsa; 8, Le basi della convivenza contro la violenza; 30, la forza dell’amore come strumento per avvicinare i nemici; 60, Su Buddha e Gesù maestri; 76 perdono; religione della violenza=sofferenza consapevole; dal male viene il bene disegno di Dio; cap. 5 La pace perpetua; Europa.
(68) Cfr. HAMMARSKJOLDD, Dag, Makings (1964), Boston, G. K. Hall, 1976, 249 pp.
(69) Cfr. KING, Martin Luter, The authobiography of Martin Luther King, Jr., Mew York, Warner Books, 1998
(70) È inevitabile sconfinare sul terreno della ispirazione religiosa quando la morale è ad essa ispirata. Si ricorda per il Buddismo quanto già ricordato alla nota n. 66. Per il pensiero ebraico ci pare significativo ricordare: YEHOSHUA, Abram B., Diario di una pace fredda: Israele dalla strage di Hebron alla vittoria di Netanyahu, Torino, Einaudi, 1997; Per il pensiero cristiano si veda: JOANNES PAULUS II (Wojtyla, Karol), Varcare la soglia della speranza, Milano, Mondadori, 1994; ACROCCA Felice, Francesco: un folle per amore, Alba, S. Paolo, 1998; e in comune fra ebrei e cristiani cfr. diverse pagine illuminate di STEIN Edith, Incontro con Dio: antologia di scritti spirituali, Alba, S. Paolo, 1998, 133 p.
(71) Cfr. su questo punto rimane fondamentale il saggio introduttivo di Gaspare AMBROSINI alla prima traduzione italiana di Il Federalista, Pisa, Nistri Lischi, 1955 e quello in appendice di Guglielmo NEGRI.
(72) Cfr. WHEARE, Kennet, Del Governo federale, Bologna, Il Mulino, 1997, p. 394; per FRIEDRICH, Carl Cfr. Trends of Federalism, cit. nota n. 47.
(73) Cfr: ALBERTINI, Mario, Le ragioni del Federalismo europeo, in "Il Federalista", Pavia, 1981, a. 23, pp. 119-128; idem, Quale Europa, in "Federalismo militante", suppl., 1973, pp. 43-75; idem, La federazione in idem, La Politica e altri saggi, citata alla nota n. 60 pp. 31-62.
(74) Cfr. LEVI, Lucio, Recenti sviluppi della teoria federalistica in "Il Federalista", Pavia, 1987, a. 19, n. 2, pp. 105-144.
(75) Cfr: LIPGENS, Walter, A History of european Integration: 1945-1947, Oxford, Oxford University Press, 1982; anche LEVI, Lucio, Il Federalismo, in Storia delle idee politiche e sociali a cura di Luigi FIRPO, Torino, UTET, 1979, v. 6, pp. 459-526; idem, Recenti sviluppi della teoria federalistica, citazione alla nota n. 74, p. 141.
(76) Citiamo alcuni esempi di questi suoi studi rimandando a tutta la sua opera catalogata nella nostra bibliografia: ALBERTINI, Mario, Cos’è il Federalismo, in "Il Politico", Pavia, 1956, n.3, pp. 580-597; In francese: idem, Qu’ est-ce que le Fédéralisme. In "Le Fédéraliste", Pavia, a. 4, 1962, p. 3. Pure il suo volume: idem, Federalismo, citato alla nota n. 63; oppure idem, Qu’ est-ce que le Fédéralisme, Paris, P.U.F., 1963; inoltre idem, Vers une theorie positive du fédéralisme, in "Le Fédéraliste", Pavia, a. 5, 1963, p. 251.
(77) Cfr. su questa definizione entrata nel lessico politico dopo la firma dei Trattati di Roma Cfr. CHITI BATELLI Andrea, La fine di un feticcio il sopranazionale, in "Il Federalista", Pavia, a. 1, n. 2, 1959, pp. 61-75.
(78) Cfr. LIBORION, A., Federalism and intergovernmental relations in Australia, Canada, The United States and other countries: a bibliography. Kingston, Ont., Institute of Intergovernmental Relations, Dunning Hall Queen’s University, 1967. Pure la bibliografia di: BEAUFAYS, J., Le Fédéralisme, le regionalisme, Liège, Université de Liège, 1976.
(79) Sulla civiltà Sumera Cfr. KRAMER, S. N., Cradle of Civilisation. New York, 1969, pure dello stesso autore: History of begin Sumers, New York, 1959, e Sumerian Mithology, Philadelphia, 1944, e The Sumerian, Chicago, 1963, ora anche in traduzione italiana: I Sumeri, Roma, New Compton, 1998.
(80) "Egli farà giustizia fra le genti deciderà fra tanti popoli, sì che forgeranno le loro spade in zappe e le loro lance in falci; non più gente contro gente alzerà la spada né mai più s’addesteranno alla guerra" (AT Isaia, 2, 4-5, 740 Av. Cr.)
(81) Fondamentali sono gli studi del KRAMER alla nota n. 79.
(82) Per l’India la principale sintesi storica è contenuta in: The Imperial Gazzetter of India, New Delhi, Today and Tomorrow, 1901, 25 voll.; Cfr. pure MARSHALL, J., Mohenjo-Daro and Indus civilization, London, 1931, 3 voll.
(83) Cfr. GURNEY, O., The Ittites, Baltimore, 1961.
(84) Cfr. The Federalist. New York, Mc Dougall, 1787-1788, anche ediz. Italiana citata alla nota n. 41.
(85) Cfr. i saggi di KANT, I. in Scritti politici e di filosofia del diritto. A cura di Gioele SOLARI, Torino, Utet, 1956. Gli originali sono i seguenti: idem, Keleinere Scriften zur Geschichtephilosophie, Ethik und Politik, Leipzig, Meiner, 1913; idem, Werke, Hers. E. CASSIRER, Berlin, 1912-1921, 10 voll. in particolare citiamo Ideen zum einer allgemeinen Geschichte in Weltbürgerlicher Absicht (1784); Der Streit der Fakultäten (1789), p. 2; Zum ewigen Frieden (1793); Metaphysische Frieden (1793).
(86) Di questa vicenda storica citiamo alcuni scritti del periodo: HAMILTON, A., The Continentalist in The Papers, New York, Columbia University Press, v. 4, 1962; idem, Letter to James Douane (3 sept. 1780) in The papers, cit. v. 2, pp. 400-418. Oltre agli scambi epistolari con MADISON e WASHINGTON Cfr. il The Federalist n. 14-20 citato al n. . Per l’interpretazione di questo periodo Cfr. BEKER, C., The Declaration of Independence, Harcourt, 1922; BURWETT, E. C. The Continental Congress, London, Macmillan, 1941; CALHOON, R. M., The Lojalist in Revolutionary America: 1760-1781., New York, Harcourt, 1973; GREENE, J. P., The Reinterpretation of America Revolution: 1763-1769, New York, 1968; JENSEN, M., The Articles of Confederation, Madison, University of Wisconsin Press, 1940; MAIN, J. T., The Sovereing States: 1775-1783, New Viewpoints, 1973; WOOD, G., The Creation of American Republic: 1776-1787, Capel Hill, University of North Carolina Press, 1969; cfr: pure BEARD, Ch., An economic interpretation of the Constitution of the United States, New York, Macmillan, 1913 e COLE Arthur, Industrial and commercial correspondence of Alexander Hamilton, Chicago, A. W. Shaw and Co., 1928.
(87) Cfr. The Federalist, n. 22 e 23 citato alla nota n. 41.
(88) Per questa involuzione degli Stati Uniti Cfr. ALBERTINI M.- ROSSOLILLO F., La décadence du Fédéralisme aux Etats-Unis citato alla nota n. 46, in "Le Fédéraliste", Pavia, a. 4, 1962, p. 219; pure KEMP H.- TOINET M. F., La fin du Fédéralisme aux Etats-Unis? in "Revue française de science politique", Paris, 1980, a. 30 n. 4, pp. 735-845. Sul nuovo federalismo di R. REAGAN Cfr. American federalism a new partnership for the Republic, Ed. by R. B. HAWKINS, San Francisco, 1982.
(89) Publius: the journal of Federalism, Philadelpia,Temple University, Centre for Study of Federalism, 1971-…
(90) Cfr. in lingua italiana l’opera del GNOLI Rodolfo, La civiltà indiana, Torino, Utet, 1973. In lingua inglese: PANNIKAR K. M., The Cambridge History of India, New Delhi, 1955-1958, 5 voll. (riedizione della precedente edizione del 1923-27 con aggiornamenti).
(91) Su queste vicende è importante la versione romanzata di uno dei figli di mussulmani indiani: cfr. RUSHDIE, Salman, Midnight's children, New York, A. A. Knopf, 1995; in traduzione italiana idem, I figli della mezzanotte, Milano, Garzanti, 1995
(92) Come stimolo di riflessione su queste vicende recenti citiamo GANDHI, K., The story of my experiment with Truth: an authobiography. Bacon Hill, 1957. Si tratta della celebre autobiografia in cui molte pagine sono dedicate alla pacificazione e alla tolleranza religiosa. Pure Cfr. TORRI, M. G., India moderna in Storia dell’Asia, Firenze, La Nuova Italia, 1980, pp. 370-386. Sulle vicende per il Golden Temple di Amritsar Cfr. inserto speciale in "India Today", New Delhi, a. 15, 1984 (august), pp. 24-39.
(93) Cfr. CONDORCET J. A., Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’ésprit humain, Gènes, 1798, pp. 312-313 e 342-343. Sulla influenza degli Stati Uniti sui Francesi Cfr. PAINE, Th., The rights of man (1791) in Writings of Thomas Paine, edited by M. D. CONWAY, New York, B. Franklin, 1960.
(94) Cfr. CONSTANT B., De l’esprit de conquête (1814). In Oevres, Paris, 1957, p. 94.
(95) PAINE Th., The right of man cit. v. 1, p. 387 (parte 1)
(96) Cfr. MARX K. - ENGELS Fr., Il Manifesto del Partito Comunista (1848), Torino, EINAUDI, 1970, pp. 154-155 e sulla mancata analisi delle forme istituzionali che doveva far parte del Capitale Cfr. ROSDOLSKY, R., Zur entste Hungsgeschichte des Marxschen Kapital, Frankfurt, Europäische Verlagsanstalt, 1967, 2a edz., cap. 1 e 2.
(97) Cfr. LENIN, V. I., Opere complete, Roma, Editori Riuniti, 1966, v. 26, pp. 457-459.
(98) Cfr. TROTSKIJ, L., Jazik Pandori Europe, in "Kievskaja Mils", Kiev, 1909.
(99) I brani citati sono estratti dalla edizione francese che riproduce gli scritti di Trotskij in edizione russa: La guerre et la révolution, Paris, Edition Tete de Feuille, 1974, p. 311 e 318-323. L’originale fu un articolo le cui parti non ancora sistemate organicamente dal titolo; Voina i internationala in "Golos", Paris, nov. 1914, n. 59 e n. 63, 25 nov. La traduzione in tedesco di alcune parti, con l’aggiunta delle parti sulla autodeterminazione dei popoli fu materiale per l’edizione tedesca: Der Krieg und der Internationale, Zürich, 1914. Trotskij che si trovava a Parigi fu espulso dal Governo francese come disfattista mentre il Governo imperiale tedesco lo condannava ad alcuni mesi di prigione per la stessa accusa. Fu così che egli dovette riparare con la famiglia in Svizzera. Su Trotskij rimangono validi i tre volumi di DEUTSCHER, J., The Prophet armed: Trotskij 1879-1921, London, 1954 (trad. italiana Il profeta armato, Milano, 1956); idem, The prophet unarmed: Trotskij 1921-1922, London, 1959 (trad. it. Il profeta disarmato, Milano, 1959); idem, The Prophet olocaust: 1929-1940, London, 1963 (trad. it. Il Profeta esiliato, Milano, 1963). Sulle vicende di cui si parla Cfr. v. 1 in particolare cap. 12, 13 e 14. Sul prevalere della ragion di Stato Cfr. v. 2, cap. 1. Inoltre per Lenin Cfr. LENIN V. I., Opere, cit. v. 26, pp. 402-405. In questo volume è possibile vedere le varie prese di posizione che testimoniano questo suo orientamento genuinamente federalista. Su questo punto pure DEUTSCHER I. nei tre volumi dedicati alla biografia di Trotskij. Nelle opere di LENIN sono pure importanti i voll. 27 e 28. Per l’edizione originale in russo Cfr. i numeri dei volumi sono uguali: LENIN, V. I., Socinenia, Moskva, 1941, 4a edz.
(100) Cfr. EINAUDI L., The nature of World Peace, in "The Annals of American Academy of Political and Social Science", Philadelphia, v. 210, July, 1940, pp. 66-67.
(101) Cfr. il commento di LIPGENS, W., Europa-Föderationplane der Widerstanasbewegungen (1940-45), Munchen, Oldenburg, 1968 e i suoi voll. A History of European Integration: citato alla nota n. 75, pure Documents on the History of European Integration, Berlin, W. De Gruyter, 1985, v. 1.
(102) Cfr. Il Manifesto per una Europa libera e unita (1941), in SPINELLI A. - ROSSI E., Problemi della Federazione europea cit. alla nota n. 54, cpv. 2o, parte 2. Sull’obiettivo della federazione mondiale oltre alle ultime dichiarazioni politiche della Union des Fédéralistes européens (UEF) per le radici storiche che partono dalla Resistenza Cfr. GRANET M. - HERBERT M., Histoire d’un mouvement de résistence de julliet 1940 a julliet 1943, Paris, 1957. Anche i volumi di LIPGENS citati alla nota n. 75. Sul problema più ampio Cfr. JOAD, C., The Philosophy of Federal Union, London, 1942 e JACKS L. P., The idea of a World Community, London, 1950. Per gli italiani cfr, CALAMANDREI, P., Introduzione al Disegno preliminare di costituzione mondiale, Milano, Mondadori, 1949, pp. 15-38.
(103) A testimonianza del lungo cammino percorso dal Movimento Federalista in questo periodo di tempo citiamo: SPINELLI A., L’integrazione europea, Bologna, 1957; SPINELLI A. - ROSSI, E., Problemi della federazione europea, cit. nota n. 54; ROSSI E., L’Europe demain, Neuchâtel, 1945; SPINELLI A., Dagli Stati sovrani agli Stati Uniti d’Europa, Firenze, 1950; Di ROSSI E. rimangono emblematici gli articoli sulla CECA e sul problema europeo: Europa in gelatina (1952), pp. 105-115 e L’unione a pezzettini (1952) pp. 111-119 in Aria fritta, Bari, 1956. Del periodo del MEC importante SPINELLI A., L’Europa non cade dal cielo, Bologna, 1960; idem Tedeschi al bivio, Roma, 1960. In ultimo citiamo: ALBERTINI M., Le radici storiche e culturali del Federalismo europeo in Storia del Federalismo europeo, Torino, 1973, oggi ripresentato in nuova edizione come file HTML in questa stessa base-dati EURO, il cui indirizzo web si trova alla nota n. 1
(104) Sui problemi dello spazio politico lasciato libero dall’ex URSS cfr. KOSSIKOV, Igor - KOSSIKOVA, Lidia, La regionalizzazione dello spazio post-sovietico: aspetti politici ed economici, in "Il Federlista", Pavia, a. 40, 1998, p. 173-183. Sul problema della non federazione Russa e delle sue contraddizioni cfr. BELIAVEV,Sergei, I Problemi del federalismo nell’ex Unione Sovietica, in "Il Federlista", Pavia, a. 40, 1998, p. 54-71.
(105) Questo discorso è tuttora in svolgimento. Manca un’analisi sistematica su quella che potrebbe essere una economia di una società federale. Alcuni sprazzi di matrice federalista o di isolati studiosi che hanno incontrato questa tematica per strada si possono trovare in: ROBBINS, L., Ecomonic Planning and International Order, London, Macmillan, 1937; EINAUDI L., L’economia della Federazione Europea in La Guerra e l’Unità europea, Milano, Comunità, 1955 pp. 69-151; ALBERTINI M., L’economia dell’atomo, dell’automazione e la situazione dell’Europa in "Il Politico", Pavia, a. 22, 1980, n. 3, pp. 689-705; idem, il modo di produzione postindustriale e la fine della condizione operaia in "Il Federalista", Pavia, a. 18, 1976, pp. 254-261; MONTANI, G., Consideration sur les institutions monétaires de la Fédération européenne, in "Le Fédéraliste", Pavia, a. 16, 1974, pp. 133; MONTANI G.- VELO D., L’unione economico-monetaria e la formazione dei programmi europei dei partiti in "Il Federalista", Pavia, a. 19, 1977, p. 56; MONTANI G., L’Europa e il mondo tra libero scambio e il protezionismo in "Il Federalista", Pavia, a. 20, 1978, p. 79; MONTANI G., Rivoluzione scientifica e società post-industriale in "Il Federalista" Pavia, a. 21, 1979, p. 4. Sui problemi di ampio respiro cfr. Movimento Europeo: Consiglio italiano, Lavoro e occupazione nella prospettiva dell’unione economico-monetaria europea, Milano, 1980. Da parte marxista dei pochi studi citiamo: STRUMILIM, S. P., Gosudarsvo i truda, Moskva, 1905; idem, Problemi ekonomiki truda, Moskva, 1925; idem, Na putjah postroenija kommunisma, Moskva, 1959; RICHTA R, Civiltà al bivio, Milano, 1972; SIK O., Plan and market under socialism, London, 1967. Nella traduzione italiana idem, Piano e mercato nel socialismo, Roma, 1969, così scrive a pag. 15: "Infatti per metterle in pratica è necessaria non soltanto una relativa libertà delle aziende, ma anche una corrispondente politica economica centrale, quale appunto viene ampliamente descritta in questo libro, attraverso cui nel più breve tempo possibile vengano promossi un vero mercato dei consumi, una pressione concorrenziale interna ed esterna, una bilancia commerciale in pareggio, un rapido mutamento strutturale della tecnologia". L’apporto alla parabola politica di Mikhail GORBACIEV è leggibile in AGANBEGJAN, Abel G., Il futuro della economia sovietica, Milano, Rizzoli,1989, 280 pp., anche GORBACIEV, Mikhail, Un Piano Marshall per l’URSS? in La casa comune europea, Milano, Mondadori, 1989, p. 172-178.
(106) Cfr. BORGESE G., Foundation of World Republic, Chicago, 1953. Tutti gli atti del Comitato per la Federazione Mondiale sono pubblicati su "Common Cause", Chicago, 1949-1955. Su questo problema il MFE, XI Congresso MFE (Bologna, 5-8 nov. 1982), Risoluzione politica in "Il Federalista", Pavia, a. 24, 1982, pp. 216-221.
(107) Pure ALBERTINI M., Unire l’Europa per unire il mondo. Rapporto al 1o Congresso dell’UEF (Strasburgo 14-16 mar. 1980) in "L’Unità Europea", Milano, n. 74, apr. 1980, 10 pp. suppl.; da parte comunista si veda la sintesi BERLINGUER E., L’Europa, la pace, lo sviluppo: intervista a Critica marxista, in "Critica marxista", Roma, Gen.-Apr. 1984, nn. 1-2, p. 19.
(108) Cfr. KUJATH, K., Bibliographie zur europäische integration, Bonn, Europa Union, 1977. Pure Commissione delle Comunità europee, Bibliographisches Helf, Bruxelles, 1966-... e Etudes universitaires sur l’integration europénne, Bruxelles, 1969-…
(109) La strategia del Federalismo in Europa, sino all’attuale momento storico dopo la prima elezione del Parlamento europeo (1979) e le sue rielezioni (1984, 1989, 1994, 1999) è documentata dai seguenti scritti: SPINELLI A., Il segreto di Giovanna d’Arco (1955) pp. 220-222, e Le ragioni ideali del Congresso del Popolo europeo (1956) pp. 248-267; La beffa del Mercato Comune (1957), pp. 282-287; Con la testa sopra l’onda (1959), pp. 327-352, tutti ripubblicati in L’Europa non cade dal cielo cit. alla nota n. 103. Inoltre: Cfr. LEVI L, -PISTONE S., Trent’anni di vita del Movimento Federalista Europeo, Milano, 1973. Sugli avvenimenti recenti citiamo: ALBERTINI, M., La Comunità europea, evoluzione federale o evoluzione diplomatica? in "Il Federalista", Pavia, a. 21, 1979, p. 163; idem, Il minimo politico istituzionale in "Il Federalista", Pavia, a. 21, 1979, p. 95; idem, Distensione multipolarismo e futuro dell’umanità, in "Il Federalista", Pavia, a. 23, 1981, p. 3; idem, È iniziata l’azione per creare la Federazione europea, in "Il Federalista", Pavia, a. 23, 1981, p. 67; SPINELLI A., Verso l’Unione europea, in "Il Federalista", Pavia, a. 25, 1983, n. 4, pp. 115-130; PISTONE, S., La strategia della lotta per la federazione europea, in "Il Federalista", Pavia, a. 25, 1983, n. 4, pp. 148-159. anche come ultimo lascito politico di: ALBERTINI Mario, L’Europa dopo Maastricht: gli aspetti politici in L’Europa dopo Maastricht: problemi e prospettive, Milano, Giuffrè, 1994, p. 83-90.
(110) Cfr. ANSI/NISO Z39.50-1992. Versione U.S.A. curata dal National Information Standards Organization nel 1998 cfr. "http://lcweb.loc.gov/z3950"
(111) Sull’uso del ISBD Cfr. ISBD(M): International Standard Bibliographic Description edizione italiana, Roma, ICCU, 1983 pure per l’Italia Cfr.: Guida alla catalogazione nel SBN, Roma ICCU, ultimo aggiornamento, 1989, 2 voll.; per il Piemonte CSI, Guida all’uso di ERASMO, Torino, CSI, 1988 e per le bibliografie pp. 159-162.
(112) Citiamo solo alcune di esse come esempio e rimandiamo alle fonti contenute nel vol. 1 della nostra MARENA, Riccardo - BUTTERI, Alberto - CONSOLE, Vito, Bibliografia del Federalismo europeo, Milano, Angeli, 1987, vol. 1: BACHELDER, Glen L. - SHAW, Paul C., Federalism a selected bibliography. East Lansing, Institute for Community Development and Services, 1964 prima e seconda edizione; Jean BEAUFAYS, citaz. nota n. 78; KUJATH, Karl, citaz. nota n. 108; LIBORION Jean cit. alla nota n. 76. Ricordiamo che a questa bibliografia di monografie sono collegate delle edizioni annuali di spogli di periodici: per la Gran Bretagna (1945-1952), Paris, 1951, 150 pp.; per la Svizzera (1945-1952) Zurich, 1953, 133 pp.; per la Francia (1945-1950), Paris, 1950, 162 pp. Tutte queste edizioni sono state ispirate e seguite da Michel Mouskhely. Cfr. pure FAUCHER, Maurice, Bibliographie européenne, pref. di Pierre Vinot, Paris, presso l’autore, 1964, 4 voll.; pure la bibliografia in BASSANI, Luigi M. - STEWART, William - VITALE, Alessandro, citato alla nota n. 17 a p. 451-562.
(113) Cfr: SCRIVANTI, Paolo, Uso di Datatrieve per la bibliografia del Federalismo europeo (16/6/85), Torino, CSI, 1985, 24 pp.
(114) Cfr. dati di riferimento alla nota n. 1
(115) Cfr: CONSORZIO per i SISTEMI INFORMATIVI del Piemonte (CSI-Piemonte), Considerazioni per la raccolta e il trattamento automatico dei dati, Torino, CSI, feb. 1985 (nell’appendice 1).
(116) L’elaborazione a calcolatore si componeva di due software specialistici. Il primo sistema prodotto a Torino con l’uso di Datatrieve su Vax-11/780 la cui architettura è stata progettata dall’Ing. Giuseppe SEGRE del CSI e dal Dott. Riccardo MARENA. La sua produzione fu opera del Dott. Paolo SCRIVANTI e della signora Eleonora PANTO’. Il secondo risulta da un adattamento del software specialistico già in uso all’IDG per scopi analoghi ed è stato progettato, realizzato dall’Ing. Pierluigi SPINOSA con la consulenza del Dott. Silvio STOPPOLONI e successivamente del Dott. Mario RAGONA.
(117) Cfr. MARENA, Riccardo - BUTTERI, Alberto - CONSOLE, Vito, cit. alla nota n. 6, vol. 1, pp. 410; 1989, vol. 2, pp. 206. Seg.
(118) È possibile interrogare contemporaneamente ad EURO le seguenti banche-dati: DOGI (dottrina giuridica), BIGA (Bibliografia giuridica dell’ambiente), DAUE (Direttive ambientali EU), ITLaw (information technology and law), STOP (stampa d’opinione), BIBLIOTECA (dell’IDG), all’indirizzo: http://www.idg.fi.cnr.it/cgi-bib/YNISdir/YNISreadconf?/BDconf/YNISconf.system/
(119) Su questo tema attuale cfr.:GROSS, Andreas, L’Europa come sfida per la democrazia p.47-55; HABERLE, Peter, Federalismo, regionalismo e piccoli stati in Europa, pp.67-88; GROSS, Andreas, La democrazia diretta in Europa non più una illusione, pp.107-113 tutti in: Il Federalismo e la democrazia europea a cura di Gustavo ZAGREBESKY, Roma, NIS, 1994.