Progetto Italia Federalea cura di Francesco Paolo Forti |
Abruzzo (Avv. Marcello Russo) |
l'autore scrivendo a questo indirizzo di posta elettronica |
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Lo statuto della Regione Abruzzo nel contesto del sistema federale previsto nella normativa costituzionale
La proposta della "Commissione dei 24".
Secondo notizie di Stampa fra le prime "bozze" di Statuto elaborate, che verrà sottoposta all'approvazione del Consiglio, è quella della Regione Abruzzo, completata il 4.8.2001.
Essa è stata elaborata da una Commissione speciale istituita il 27.6.2000, composta di 24 Consiglieri di cui 5 appartenenti al gruppo Democratici di Sinistra, 3 al gruppo Forza Italia, 1 al gruppo UDEUR, 1 al gruppo Socialisti Democratici Italiani, 1 al gruppo Misto, 1 al gruppo Patto per l'Abruzzo, 2 al gruppo CCD, 1 al gruppo Democrazia Europea, 1 al gruppo CDU, 2 al gruppo Alleanza Nazionale, 2 al gruppo P.P.I., 1 al gruppo I Democratici, 1 al gruppo Comunisti Italiani, 1 al gruppo Rifondazione Comunista e 1 al gruppo Partito Democratico Cristiano. Il dato è interessante per individuare lo stato della "via regionale al bipolarismo" e per riflettere sulla via statutaria al suo compimento. A questo proposito si può rilevare che la bozza di Statuto prevede (art. 17) che per costituire un gruppo occorrono almeno due Consiglieri e ne basta uno in determinati casi.
Ciò pone una serie di problemi in ordine al modello istituzionale
e funzionale che si vuole realizzare.
Per una prima riflessione sullo Statuto regionale che si propone occorre partire dal richiamo alle innovazioni introdotte al dettato costituzionale.
La legge costituzionale 22.11.1999 n. 1 ha dettato nuove disposizioni sull'elezione del Presidente della Giunta e sull'autonomia statutaria delle Regioni.
L'art. 2 ha modificato l'art. 122 della Costituzione, stabilendo, fra l'altro quanto segue:<< Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei Consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. .......omissis..... I Consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo Statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta.>>
L'art. 3 ha modificato l'art. 123 della Costituzione, stabilendo fondamentalmente quanto segue:<< Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento.>>
L'art. 4 ha fissato i casi di scioglimento del Consiglio e di rimozione del Presidente della Giunta da parte del Presidente della Repubblica nonché il caso di approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta da parte del Consiglio.
L'ultimo comma di tale articolo fissa il seguente principio: << L'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.>>
L'art.5 detta disposizioni transitorie fino all'entrata dei nuovi Statuti e delle leggi elettorali.
In base a queste disposizioni si è proceduto all'ultima consultazione elettorale.
Resta affidata all'autonomia delle singole Regioni (art.2) la scelta, per il futuro, del sistema elettorale, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica.
La legge costituzionale, approvata in seconda votazione dal Senato
a maggioranza assoluta ma inferiore a due terzi di ciascuna Camera ( G.U.
12.3.2001 n. 53), ha introdotto nuove modifiche al Titolo V della parte
seconda della Costituzione sostituendo o integrando gli artt. 114, 116,
117, 118, 119, 120, 123, 127, 132. Essa ha stabilito, fra l'altro, alcuni
principi che sembra opportuno richiamare, ricordando tuttavia che, essendo
sottoposta a referendum, la legge non è stata ancora promulgata
a norma dei commi 2 e 3 dell'art. 138 della Costituzione:
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli
di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per
abitante.
La legge costituzionale sul federalismo sarà sottoposta a referendum
confermativo nel prossimo mese di ottobre ma sembra prevedibile che ad
essa, approvata da una maggioranza di centro-sinistra e contestata come
riduttiva da parti rilevanti del centro-destra, possano seguire innovazioni
più radicali e non in senso regressivo.
Essa pone sullo stesso piano Stato, Regioni, Comuni e Province eliminando la tradizionale struttura "piramidale" e attribuendo alle autonomie locali un ruolo basilare.
Le funzioni amministrative sono attribuite in via principale ai Comuni e, solo se necessario per esigenze di esercizio unitario, ad altri Enti (es. Province), alle Regioni e infine allo Stato.
I principi basilari sono la sussidiarietà. la differenziazione, l'adeguatezza.
In altri termini fra Stato, Regioni ed Enti Locali non sussiste alcun rapporto di subordinazione, di delega, di controllo. Esistono funzioni differenziate attribuite in base alla proporzionale attitudine a svolgerle.
L'alleggerimento dello Stato, la valorizzazione degli Enti locali, l'ulteriore autonomia amministrativa realizzata con l'eliminazione dei CO.RE.CO. e dei Commissari di Governo costituiscono scelte cui non possono non seguire nuove e più produttive forme di controllo.
L'autonomia finanziaria pone notevoli problemi di autorganizzazione e di modelli operativi. Non è difficile presumere che le Regioni del Nord, più dotate finanziariamente, forti politicamente, saranno sempre meno disposte a contribuire al fondo perequativo. Le Regioni del Sud più forti politicamente (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia) avranno presumibilmente mezzi ed anche sostanziosi argomenti per pretendere una più favorevole ripartizione di tale fondo.
Le altre Regioni, a parte l'impegno coesivo nei confronti esterni, le alleanze tattiche e strategiche ipotizzabili ma di problematica realizzazione, dovranno fare leva sulla loro capacità di valorizzare le proprie risorse per attrarre mezzi e capitali specie su naturali flussi e convenienze di carattere privatistico di fonte nazionale ed estera.
Ne deriva la necessità di alleggerire la struttura, contenere al massimo i costi, realizzare un effettivo sistema di programmazione, progettazione, ideazione, promozione e verifiche continue sui risultati.
Sui principi del federalismo fondato sulla sussidiarietà occorre soffermarsi brevemente perché non si tratta, come per la differenziazione e adeguatezza, di parole "al vento"..
Notevoli approfondimenti sono stati svolti da autorevoli studiosi sul progetto di Italia Federale e sulla sue connotazioni (1).
Dal concetto di sussidiarietà si è detto e scritto parecchio rinvenendo precedenti significativi nell'enciclica "quadrigesimo anno" emanata nel 1931 dal Pontefice Pio XI, risalendo fino al Trattato di Maastricht e alla definizione di Delors secondo la quale "deecisions should be taken as near as possible to the point of application" (le decisioni vanno adottate il più vicino possibile al luogo di attuazione).
Ciò consente il controllo democratico di risultato preferito rispetto ai controlli giuridici e giudiziari verso i quali l'opinione pubblica, anche con il voto, esprime crescente sfiducia e insofferenza.
Elimina il ruolo verticistico e piramidale fra istituzioni sovraordinate e inferiori sostituendolo con un sistema a larga base nel quale le funzioni sono direttamente attribuite agli Enti di minori dimensioni e solo in caso di loro insufficienza a quelli di dimensioni maggiori.
Ci si è posti la domanda se sia giusto attuare un'organizzazione federalista in Italia alla luce delle distanze economiche, di efficienza istituzionale, occupazionali e sociali che caratterizzano la realtà del nostro Paese.
I sostenitori del federalismo osservano che lo stato centralizzato non ha risolto, in 140 anni di Unità Nazionale, questi problemi ed anzi il divario è aumentato.
Analoghi fenomeni sono stati rilevati in Francia come testimonia la crescita tumultuosa della regione di Parigi. Al contrario nell'ex Germania Ovest e nella Svizzera, ove vigono sistemi federali, la ricchezza ed il benessere sono più equamente distribuiti.
Senza soffermarsi sui problemi della causa e degli effetti dei sistemi politici, sta in fatto che in Italia centro-sinistra e centro-destra sembrano competere solo su un federalismo più o meno radicale sicchè la legge costituzionale votata nel recente passato Parlamento appare la base minimale dalla quale partire nel disegnare, cogli Statuti, i nuovi modelli regionali.
Occorre adeguare le norme statutarie al criterio ormai normativamente recepito (già con le norme "Bassanini" ed in specie col D. Lgs. 31.3.1998 n. 112) di "devolution" che dicesi abbia origine dal latino "devolutio", movimento dall'alto al basso.
Ciò significa, ad esempio, che non ha più senso parlare di deleghe regionali ai Comuni e alle Province giacchè i compiti amministrativi sono direttamente assegnati ad essi dalla Costituzione e dalle leggi statali e solo in via residuale alle Regioni limitatamente a quelli che gli Enti locali non sono in grado di svolgere specie in relazione ai loro limiti territoriali.
Non senza ragione, nell'art. 117 della Costituzione novellato dall'art.
3 della legge costituzionale pubblicata in G.U. n. 59/2001, non è
riportato il principio di cui al comma 2° dell'originario art. 118.
Questo (ora abrogato) così disponeva:<<La Regione esercita
normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Province, ai
Comuni o ad altri Enti Locali o valendosi dei loro Uffici>>.
Dopo queste necessarie premesse sistematiche, occorre riassumere ed analizzare, nelle parti essenziali, la proposta di Statuto predisposta per la Regione Abruzzo dalla Commissione dei 24.
Essa è composta di 95 articoli raggruppati in nove titoli:
1. disposizioni di principio; 2. il Consiglio Regionale; 3. l'Esecutivo Regionale; 4. l'Amministrazione regionale; 5. le Finanze regionali; 6. gli strumenti di raccordo (con lo Stato e gli Enti locali); 7. i referendum; 8. gli strumenti di garanzia (Commissione per le garanzie Statutarie e Ufficio del Difensore Civico); 9. le disposizioni finali e transitorie.
Il titolo primo ( disposizioni di principio) contiene, come forse è inevitabile, una serie di norme "manifesto", indubbiamente pleonastiche per non dire affette da evidente ovvietà (in mancanza di reali alternative): <<la Regione informa il proprio ordinamento ai principi di libertà e democrazia, di promozione della persona umana e di giustizia>>; <<la Regione cura e promuove la qualità della vita>>; <<la Regione assicura particolare protezione agli anziani e portatori di handicap, in modo da garantire loro un'esistenza libera e dignitosa. Fa in modo che sia assicurato a tutti il diritto all'abitazione.>> <<L'opposizione ha diritto a che sia rispettato il principio della possibilità di alternanza di governo>>.
Sarebbe auspicabile, nel quadro di una generale esigenza di semplificazione e di riaccreditamento dell'apparato normativo, che si eliminino tutte le norme prive di effetti reali e di scelte alternative.
Forse sarebbero invece utili segnali chiaramente innovatori da rispettare nella restante struttura dello Statuto circa lo snellimento degli organi, la deflazione e unificazione dei gruppi, l'esaltazione dei meriti, il contenimento degli Enti "autonomi", creati e finanziati dalla Regione, la riduzione al minimo della partecipazione regionale nell'economia privata e la partecipazione finanziaria dei privati nell'attività pubblica.
Evidentemente erronea è la norma di cui all'art. 2 comma 2°: la Regione Abruzzo è il livello più vicino ai cittadini di adempimento delle funzioni e dei compiti statali. Il livello più vicino, secondo il "nuovo" art.118 della Costituzione è il Comune.
Il secondo titolo concerne il Consiglio Regionale. Esso è composto di sessanta membri. L'ufficio di presidenza è composto da Presidente, due vice-presidenti, quattro segretari. Il Consiglio si riunisce di diritto il primo giorno non festivo dei mesi di febbraio ed ottobre (due volte l'anno) ed inoltre, su richiesta di almeno un quinto dei Consiglieri, del Presidente della Giunta e del Governo della Repubblica.
Il Presidente della Giunta ha diritto e, se richiesto, l'obbligo di assistere alle sedute (dunque non è equiparato ai Consiglieri né ha diritto di voto).
Il Consiglio Regionale ha autonomia organizzativa amministrativa e contabile, che esercita a norma dello Statuto e di appositi Regolamenti. È dunque tacitamente abrogata la Legge Regionale 9.5.2001 sull'autonomia e organizzazione del Consiglio Regionale se la materia è riservata ai regolamenti?
I gruppi Consiliari debbono essere composti di almeno 2 Consiglieri con le eccezioni degli eletti espressione di forze politiche e di quelli (monosoggettivi) già formati nel corso della legislatura.
Ogni gruppo ha diritto a strutture, personale e contributi.
Come non formulare la realistica e cruda ipotesi che i 60 Consiglieri possano formare 30 gruppi e oltre, non solo ricevendo strutture, personale e contributi ma con grave nocumento alla solidarietà, alla coesione e alla stabilità?
Poiché le Commissioni Consiliari dovranno avere (artt. 20 e 21) la composizione proporzionale alla consistenza dei gruppi, si rischia che esse abbiano una consistenza pari alla metà del Consiglio e anche maggiore.
L'art. 26 al comma 1° ribadisce il principio della irresponsabilità dei Consiglieri per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle funzioni. La norma ribadisce (inutilmente) quanto stabilito dall'art. 122 comma 4° della Costituzione.
Se qualche cosa "provocatoriamente" si voleva aggiungere, si poteva affrontare il tema degli atti amministrativi assegnati dalla stessa Regione al proprio Consiglio che la Corte Costituzionale, in sede di conflitto di attribuzioni e quindi con decisioni che ammettono nuovi esami, ha ritenuto esclusi dal beneficio della non punibilità (2). Occorre dire che non sembra si vogliano attribuire al Consiglio atti amministrativi che vadano oltre la propria organizzazione e il proprio funzionamento ma anche questi, secondo la giurisprudenza costituzionale, sarebbero sottratti alla garanzia di non responsabilità e soggetti all'intervento del Magistrato penale.
Invece sono stati aggiunti due commi affetti da evidente illegittimità:
art. 26/2:<< Senza autorizzazione del Consiglio regionale, nessun Consigliere può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.>>
art. 26/3:<< Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i consiglieri ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.>>
Trattasi di un'estensione dell'immunità prevista per i soli parlamentari nazionali dell'art. 68 comma 2° della costituzione come sostituito dall'art. 1 della legge costituzionale 29.10.1993 n. 3.
La materia è riservata alla Costituzione la quale l'ha regolata espressamente per i Consiglieri Regionali coll'art. 122 novellato con la L. cost. n. 1/1999.
Non sono consentite integrazioni con leggi ordinarie, ancor meno con la normativa regionale non potendo la Regione emanare norme in materie di responsabilità penale (3).
Occorre poi rilevare l'assoluta mancanza di una norma che definisca le competenze del Consiglio Regionale.
Il precedente Statuto le elencava all'art. 31 e, addirittura, all'art. 16, conteneva una riserva generale di competenza del Consiglio per ogni atto non attribuito dalla legge o dallo Statuto ad altro organo della Regione.
La bozza del nuovo Statuto omette di indicare le competenze del Consiglio, elenca le funzioni della Giunta (art. 42), assegna alla Giunta poteri regolamentari (art.44), elenca le funzioni del Presidente della Giunta e riserva a lui la competenza per gli atti non attribuiti ad altri organi (art. 39), attribuisce poteri monocratici agli assessori per le funzioni ad essi delegate (art. 41), indica le funzioni dei dirigenti (art. 52) e del Segretario Generale (art. 53) non quelle del Consiglio.
Si ricavano da alcune norme competenze del Consiglio solo per l'adozione del proprio Regolamento (art. 14), per Commissioni di studio, di inchiesta, di vigilanza (artt. 20 – 21 –22), per gli atti programmatici e di indirizzo generale (art. 36), oltre che per la legislazione.
Nulla toglie che a ciò siano limitate le competenze del Consiglio ma in tal caso non si spiega la sua pletorica costituzione (60 membri), la sua strutturazione in Commissioni con competenze generali e speciali, l'articolazione in gruppi strutturati e dotati di mezzi finanziari.
Ciò tanto più se la tendenza generale alla "delegificazione" indicata chiaramente nella normativa "Bassanini" suggerisce, in modo dai più condiviso, l'esigenza di limitare il numero di leggi.
Occorre ricordare che la Regione Abruzzo si è segnalata per un singolare primato di prolificità legislativa approvando, ad esempio, nel 1997, 184 leggi a fronte delle 63 di Lombardia e Piemonte, delle 52 del Lazio, delle 48 dell'Emilia, delle 39 della Sicilia.
A questo proposito occorre osservare che lo Statuto costituisce occasione utile e necessaria per discernere la materia di riserva legislativa, da quella regolamentare non solo di esecuzione e di organizzazione (cui fa riferimento la bozza di Statuto) ma anche di integrazione e "libera". La dottrina e anche la giurisprudenza si sono ampiamente occupate dell'argomento (4).
La distinzione è importante anche per il controllo giurisdizionale degli atti e per le competenze (Consiliari, di Giunta, del Presidente).
Notevoli poteri sono attribuiti al Presidente, fino alla riserva di competenza suddetta (per tutto ciò che non compete espressamente ad altri Organi o Uffici) ma principalmente per la nomina e revoca degli assessori, per l'attribuzione e revoca ad essi di deleghe, per la nomina del Segretario Generale il quale effettua il controllo di gestione e valuta i dirigenti (artt. 69 e 70).
Si ripropone qui la complessa e non sopita questione creata con la normativa "Bassanini" per i segretari Comunali e Provinciali.
I "politici" non hanno poteri di "gestione" assegnati ai dirigenti che però vengono sottoposti a valutazione discrezionale complessiva del Segretario che dipende dal Presidente.
A questi notevoli poteri del Presidente, della Giunta, degli Uffici di Giunta, nessuno sembra avere opposto un ruolo effettivo e penetrante del Consiglio in materia di programmazione e pianificazione reale, in un sistema di programmazione "dinamico", sottoposto a costante monitoraggio di attuazione e risultati, in modo da impegnare il Consiglio in una qualificante attività di ideazione e controlli. L'ipotesi che un Consiglio, specie pletorico e frammentato in minuscoli gruppi, privo di compiti e poteri "coinvolgenti", crei più problemi che vantaggi all'Esecutivo e alla sua stabilità non è certo da sottovalutare.
Invece fra le proposte alternative di minoranza si rinviene quella di una sfiducia definita costruttiva (art. 46).
In sostanza il Consiglio potrebbe sfiduciare il Presidente eletto dal popolo e sostituirlo con uno scelto dal Consiglio stesso.
Ne deriverebbe che non si tornerebbe al giudizio degli elettori ma una manovra aggregatrice di gruppi, gruppuscoli o singoli Consiglieri, porrebbe in essere un classico "ribaltone" tutto interno al Palazzo regionale.
Così gli interessi localistici, lobbistici, particolari potrebbero svolgere ruoli estremamente pericolosi di disaggregazione e riaggregazione intorno ad un esecutivo più promettente per le aspettative pronta "cassa" di consiglieri attenti ai problemi "pratici" e ai risultati più immediati.
Lo spirito di conservazione del consiglio espresso da alcuni componenti ha indotto a formulare un'altra alternativa secondo la quale, in caso di dimissioni o morte del Presidente questo sarebbe sostituito dal Vice-Presidente in carica (anche se nominato dal Presidente). Si tratterebbe, in questo caso, di scegliere persone di alta ed indistruttibile fedeltà.
In definitiva proposte principali e alternative non sembrano confrontarsi circa l'esercizio, più o meno equilibrato, delle funzioni degli Organi ma circa la possibilità di trapianto dei vertici con "clonazione" in corso di legislatura.
Le "originali" proposte, a prescindere dalle considerazioni di carattere
politico, sono in stridente contrasto coll'art. 4 della legge costituzionale
22.11.1999 n.1 secondo il quale alla rimozione e all'impedimento permanente
del Presidente della Giunta consegue lo scioglimento del Consiglio.
Alle considerazioni svolte su alcuni problemi che sembrano di rilevanza fondamentale, è opportuno aggiungerne altre, più particolari, ma anche esse di notevole rilevanza:
- Federalismo tra sussidiarietà e devolution, Marco Boccaccio, ibid. Maggio 2001;
- Stato Politico, Stato Amministrativo, Federalismo, Giovanni Cominelli, ibid Luglio 2001;
- Federalismo: una vera speranza o una possibile realtà? Augusto Giustini su La Civiltà Tecnologica sett. 1999.
2 - Corte Cost. 20.3.1985 n. 62; Corte Cost. 22.10.1999 n. 392
3 - Corte Cost. 18.1.1999 n. 18
4 - MIELE, G., La potestà regolamentare delle Regioni; in Riv. trim. dir. pubbl., 1958;
- BERTI G., Il regolamento come atto normativo regionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973;
- CATELANI A., I regolamenti amministrativi delle regioni, in Foro Amm., 1983;
- MALO M., L'esercizio dei poteri regolamentari negli ordinamenti regionali: riflessioni sulla più recente giurisprudenza costituzionale, in Le Reg., 1991;
- GEROLA L., Considerazioni sul rapporto tra leggi e regolamenti regionali, in Le Reg., 1983;
- PUBUSA A., Considerazioni sulla potestà regolamentare
regionale, in Le Reg. 1989