Progetto Italia Federalea cura di Francesco Paolo Forti |
Abruzzo (Avv. Marcello Russo) |
l'autore scrivendo a questo indirizzo di posta elettronica |
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LO STATUTO DELLA REGIONE ABRUZZONella seduta del 24.9.2003, il Consiglio Regionale d’Abruzzo ha approvato in prima lettura la proposta di Statuto Regionale composta di 87 articoli.
L’APPROVAZIONE IN PRIMA LETTURA DELLA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE SPECIALE
Senza falsa retorica ma anche senza snobistico disinteresse occorre dire che nel sistema che è già delineato dalle riforme costituzionali del 1999 e del 2001, che si va precisando con la nuova Carta Europea e con la riforma costituzionale proposta dal Governo del 16 settembre scorso, la Regione costituisce una istituzione che condiziona oggi e ancor più condizionerà nel prossimo futuro, come centrale energetica essenziale, le nostre esistenze per l’economia, il lavoro, i servizi, la salute, la qualità della vita.
Lo Statuto costituisce lo schema essenziale di funzionamento di questa centrale. Condizionerà l’esistenza di chi se ne cura e di chi crede di curare i fatti propri a prescindere dalla realtà generale nel quale essi si svolgono.
Chiunque sia interessato ad evitare corti circuiti, black out, dispersioni di energia nella centrale “Regione” farà bene a prestare attenzione alla validità dello schema.
Il buon imprenditore pensa ad adottarne uno che consenta di impiegare al meglio uomini e mezzi , l’imprenditore miope pensa ad adottarne uno che gli consenta di consumare le risorse per sé, familiari e amici riducendo gli organi societari e di controllo a mere apparenze, tacitate nelle aspettative personali.
Questa è, detta in termini realistici, la questione fondamentale statutaria che dovrebbe impegnare, nel bimestre in corso, le menti pensanti della popolazione abruzzese.
Senonchè l’opinione pubblica sembra avere dedicato scarsa attenzione a questo atto normativo fondamentale. Per vero, grazie alle “intempestive” esternazioni del Sindaco de L’Aquila Tempesta, si sono manifestati i primi sintomi di una disputa campanilistica fra L’Aquila e Pescara.
A questo proposito credo sia utile osservare che l’incauta soppressione del principio dell’art. 45 dello Statuto del 1971, tuttora vigente, che ha previsto una equilibrata ripartizione degli Uffici dei più importanti assessorati tra Pescara e l’Aquila, non solo rischia di far passare sotto silenzio altre importanti questioni (al punto che i maligni potrebbero pensare ad un abile diversivo) ma rischia di tradursi in un tragico boomerang per L’Aquila.
Occorre considerare a questo proposito che lo Statuto è sottoposto a doppia approvazione del Consiglio Regionale con intercorrenza di un termine non minore di due mesi fra le due deliberazioni, può essere impugnato dal Governo della Repubblica dinanzi alla Corte Costituzionale. Esso è soggetto a referendum popolare qualora ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti del Consiglio Regionale.
Ne consegue che uno scontro di campanili fra L’Aquila e Pescara, se si risolvesse in Consiglio Regionale in favore di L’Aquila, finirebbe fatalmente al giudizio popolare con tutte le probabilità di un totale rovesciamento della situazione in favore dell’area sulla quale gravita la maggior parte della popolazione abruzzese.
Il voto popolare potrebbe addirittura decidere per Pescara capoluogo.
Ciò posto è lecito sperare che la cittadinanza abruzzese, gli Organi di informazione, le Università, i settori attivi della società e della cultura, non si disinteressino di tutto il resto lasciando i “politici” a decidere da soli per poi lamentarsi che lo abbiano fatto con lo sguardo rivolto all’interno dei cosiddetti palazzi del potere.
Sarebbe assai grave se si impegnasse il bimestre di riflessione per un improvvido “derby” Pescara – L’Aquila.
In occasione delle consultazioni effettuate dalla speciale Commissione per la formazione dello Statuto e in varie note pubblicate sul sito Internet “Progetto Italia Federale” mi sono sforzato di evidenziare vari problemi che in parte sono stati positivamente risolti in sede di prima approvazione del testo statutario modificando le proposte della Commissione (riducendo da 60 a 53 il numero dei Consiglieri, eliminando l’inconcepibile “immunità parlamentare” per i consiglieri regionali e simili). Posso ora limitarmi ad indicare, per ovvie ragioni di spazio, alcune importanti questioni ancora meritevoli di approfondimento.
Occorre considerare innanzitutto che lo Statuto, secondo la riforma costituzionale del 2001, è molto più rilevante di quanto non lo sia stato lo Statuto del 1971 i cui effetti (in positivo e in negativo) meriterebbero comunque un’attenta riflessione anche per meglio concepire quello nuovo.
Le “prime Regioni” erano vincolate da più rigide norme costituzionali, dalle norme di dettaglio della c.d. legge “Scelba” (10.2.1953 n. 62), dalla legge finanziaria per le Regioni (16.5.1970 n. 281), dalle norme statali per le elezioni regionali (17.2.19968 n. 108), da una serie di leggi statali considerate come normative quadro o cornice in realtà molto dettagliate. Le Regioni si alimentavano principalmente di mezzi finanziari derivati dallo Stato ed avevano competenze limitate. Un Commissario del Governo e una Commissione Statale di controllo vigilavano su ogni Regione.
La nuova realtà è totalmente rovesciata in termini di competenze, funzioni ed autonomia.
Lo Statuto è dunque un atto di una Regione che non deve camminare con le grucce ed entro il girello fornito dallo Stato ma in modo del tutto autonomo con grandi potestà, grandi responsabilità ed essenzialmente con risorse finanziarie proprie.
In questa ottica va considerata la rilevanza delle norme “declamatorie” che, se vincolanti, potrebbero essere poi invocate da chiunque ne avesse interesse impugnando leggi, provvedimenti o inadempimenti, se platoniche andrebbero rimosse da un testo impegnativo e funzionale così come previsto dall’art. 123 della Costituzione.
Mi riferisco ad esempio alle norme che garantiscono la pari opportunità fra uomini e donne in ogni campo assicurando l’effettiva parità di accesso alle cariche pubbliche elettive, garantendo la presenza equilibrata delle donne e degli uomini nel lavoro, nello svolgimento di attività di cura e a quelle che garantiscono gli anziani e ai disabili un’esistenza libera e dignitosa perseguendo l’obiettivo di assicurare a tutti il diritto all’abitazione.
Sappiamo che analoghe norme, come l’art. 36 della Costituzione, sono state ritenute tutt’altro che meramente programmatiche dalla giurisprudenza ma vere e proprie fonti di obbligazione. All’anziano o disabile che reclamasse dalla Regione una dignitosa abitazione o alla dottoressa che reclamasse una non equilibrata presenza delle donne nelle attribuzioni mediche occorrerebbe apporre il carattere meramente declamatoria delle norme statutarie ciò che contrasta coll’art. 123 della Costituzione.
Vanno poi considerate alcune norme evidentemente contrastanti col principio della “devolution” sancito dall’art. 118 della Costituzione e dalla legge “La Loggia” 5.6.2003 n. 121. Mi riferisco all’art. 2 comma 3 dello Statuto ove si afferma che la Regione è il livello più vicino ai cittadini delle funzioni e dei compiti statali e agli artt. 68 e 69 che prevedevano le deleghe di funzioni amministrative agli Enti Locali quando la Costituzione stabilisce che sono i Comuni il livello più vicino ai cittadini e assegna alle Regioni solo le funzioni amministrative che gli Enti locali non possono esercitare (non si può delegare a tali Enti le funzioni che sono attribuite alle Regioni proprio perchè essi non possono esercitarli essendo eccedenti i loro limiti territoriali).
Il numero di Consiglieri (53) sembra esorbitante. Potrebbe essere umanamente comprensibile l’unanime scelta “dilatatoria” (è risaputo ed accettato che i Legislatori siano, generalmente e unanimamente, benevoli verso se stessi) sempre che si prefigurasse un consistente impegno dei consiglieri stessi. Invece all’art. 15 si stabilisce che il Consiglio si riunisce due volte all’anno ovvero su richiesta di un quinto dei Consiglieri, del Presidente della Giunta e del Governo della Repubblica. Sarebbe più opportuno eliminare le sessioni e stabilire criteri di funzionamento continuo del Consiglio secondo calendari fissati dall’Ufficio di Presidenza.
La norma testimonia di un Consiglio concepito come organo di tutto riposo anzicchè come il motore sempre acceso della macchina regionale. Un motore di supporto a 53 cavalli (che, come i cavalli reali, consumano anche se sottoutilizzati) non si giustifica, nè si giustificano commissioni, gruppi ed altre dispendiose strutture.
Lo Statuto consente di formare gruppi di tre consiglieri, coll’eccezione di eletti espressione di liste che abbiano concorso alle elezioni in tutto il territorio regionale. Ciò è quanto dire la possibilità di formare 16 gruppi ed oltre ( con capi – gruppo, personale, locali, attrezzature) ma ciò vorrebbe dire ancora poco se non si agevolassero così le tendenze disgregatrici del vigente “bipolarismo multinucleare e trasmigratorio multidirezionale”. Basta considerare che la Commissione per lo Statuto, per consentire la partecipazione a tutti i gruppi e sottogruppi del Consiglio composto ora di 41 consiglieri, è stata formata da 24 componenti e – se non erro - i gruppi attuali sono 15 in ragione di tre consiglieri scarsi per gruppo. Occorre riflettere se non si possa trovare il coraggio di disincentivare le disgregazioni e di favorire la semplificazione dei raggruppamenti.
Naturalmente il problema dei problemi è l’equilibrio fra gli Organi: un Presidenzialismo forte con un forte Consiglio risponde ad esperienze positive collaudate in vari sistemi governativi. Costituzioni e Statuti debbono prendere a garantire la migliore utilizzazione e valorizzazione di tutti gli organi e loro componenti.
La Regione è fondamentalmente Istituzione con compiti legislativi, programmatici, di organizzazione, di indirizzo e controllo nel sistema delle autonomie locali. Essa deve, altresì, svolgere importanti funzioni di raccordo e di collaborazione a livello nazionale, comunitario ed internazionale.
Il pentagramma della nuova musica regionale è la programmazione, la quale, per non essere la storica beffa del libro dei sogni, presuppone controlli di gestione, oltre che contabili anche in ordine all’efficacia dei programmi con conseguenti responsabilità politiche. Essa deve impegnare il Consiglio, assieme alla legislazione non quale organo di elaborazione e ratifica delle proposte di Giunta.
Lo Statuto prevede la costituzione di nuove agenzie, Enti e Aziende e la partecipazione a società (intervento pubblico nell’economia) e tace dell’intervento privato nell’attività pubbliche (project financing e simili strumenti di finanza innovativa per lo sviluppo locale) che costituiscono criteri aggiornati rispetto alla vecchia politica finanziaria interventista e assistenziale.
L’art. 46 prevede un sistema di delegificazione deciso dalla Giunta con la possibilità di spogliare il Consiglio delle funzioni legislative in vasti settori e l’art. 47 prevede testi unici predisposti dalla Giunta per i quali al Consiglio è riservato il solo “voto finale”.
Tace lo Statuto del ruolo delle Province.
Tace dei rapporti cogli Organi giudiziari e con la Magistratura contabile nelle materie di comune interesse (edilizia giudiziaria e carceraria, assistenza ai minori, distribuzione delle sedi giudiziarie, lavoro penitenziario e post – penitenziario, partecipazione dei rappresentanti delle Regioni nei Consigli giudiziari e nelle Sezioni di Controllo della Corte dei Conti).
L’art. 11 dello Statuto disciplina la partecipazione politica secondo criteri limitati che già il vecchio regolamento di partecipazione, adottato sulle fine degli anni 70 dalla Regione, aveva, almeno sulla carta, superato.
Oggi la comunicazione istituzionale (della quale la legge statale 7.6.2000 n. 165 indica i criteri) offre mezzi e criteri per superare il profondo distacco fra cittadini e istituzioni.
Ho elencato alcuni problemi, forse i più importanti, discutendo dei quali e facendo discutere la società civile potremmo aiutarci a costruire nella Regione il motore nuovo della nostra Regione cogliendo l’occasione della seconda lettura del nuovo Statuto.
24.10.2003
avv. Marcello Russo